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L’appendice serve a qualcosa (sì, proprio così)

Antonia de Gioia | Blogger

Ultimo aggiornamento – 23 Gennaio, 2017

appendice: a cosa serve

Il termine appendice è spesso associato a un’esperienza negativa della vita della persona, ovvero alla sua infezione, nota come appendicite, che la maggior parte delle volte si conclude con la rimozione chirurgica dell’organo.

Escluso questo evento poco piacevole, si sente poco parlare di appendice e delle sue potenziali funzionalità per l’organismo.

Cosa è l’appendice?

L’appendice è una striscia sottile simile a un lombrico (da qui il termine appendice vermiforme), ha una lunghezza media dai 5 ai 10 cm (generalmente è più lunga nei bambini) e una larghezza di circa 7 mm.

Essa è il prolungamento del cieco, ovvero la parte iniziale dell’intestino crasso, e si colloca nella parte bassa dell’addome, sotto l’ombelico, verso destra.

Molti mammiferi sono dotati di appendice ad esempio l’uomo, il coniglio, il koala, invece tanti altri, come il cane e il gatto, ne sono sprovvisti.

A cosa serve l’appendice?

Per molto tempo, l’appendice è stata considerata come un “organo rudimentale”, un ricordo del passato evolutivo dell’uomo, privo di alcuna fondamentale funzionalità per l’organismo.

Lo stesso Charles Darwin definì l’appendice come organo utile per l’uomo esclusivamente per la digestione di foglie e cortecce. Una volta eliminati tali elementi dalla dieta dell’uomo medio fu confermata l’inutilità dell’organo.

Recentemente, un gruppo di ricercatori della Midwestern University Arizona College of Osteopathic Medicin ha formulato un’ipotesi contraria rispetto al comune e ormai consolidato pensiero della medicina convenzionale riguardo l’inutilità di tale organo.

Il team, guidato dal professore di anatomia Heather Smith, ha ricostruito il processo evolutivo dell’appendice di 533 mammiferi diversi tra loro (tra cui castori, conigli, ecc.), analizzando la composizione e il comportamento del cieco.

Dalla ricerca, è emerso che le specie con l’appendice presentano nel cieco concentrazioni più alte di tessuto linfoide, rispetto ai soggetti che sono sprovvisti di tale organo.

Questo tipo di tessuto, ricco di cellule, si accumula nell’appendice poco dopo la nascita del mammifero e gioca un ruolo prezioso per il sistema immunitario. A confermarlo è l’elevata concentrazione nell’organo di batteri intestinali di tipo buono, una vera e propria riserva per tutto l’organismo.

In condizioni di deficit dell’apparato intestinale, l’appendice si attiva rilasciando all’organismo batteri di tipo buono necessari per ripristinare le ormai deboli difese immunitarie.

Questo serbatoio di batteri di tipo buono consente di eliminare, in parte o del tutto, l’utilizzo di cure antibatteriche in caso di disfunzione intestinale. Nell’appendice c’è un ripopolamento continuo di tali batteri, evitando quindi per l’organismo di rimanerne senza.

La ricerca non è completa su certi aspetti ma da questi primi risultati vanifica il pensiero comune di inutilità dell’appendice.

Come si vive senza appendice?

L’assenza dell’organo comporta un abbassamento delle difese immunitarie del soggetto con una maggiore propensione ad ammalarsi (ad esempio frequenti coliti e irritazione dell’intestino crasso) e un allungamento dei tempi di guarigione.

Si tratta comunque di sintomi non compromettenti per lo stato di salute generale dell’individuo e facilmente gestibili con terapie antibiotiche. L’infiammazione dell’appendice, nota come appendicite, è un fenomeno frequente e va opportunamente monitorato.

Pertanto, in caso di dolore persistente nella zona inferiore dell’addome, accompagnato da stitichezza, diarrea, nausea e gonfiore addominale, è consigliabile consultare il medico, per evitare di compromettere lo stato generale di salute dell’individuo.

Basti pensare che mediamente ogni anno muoiono circa 300/400 americani a causa di infiammazione di appendice, acutizzata spesso in peritonite.

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Antonia de Gioia | Blogger
Scritto da Antonia de Gioia | Blogger

Sono una laureata in Marketing e mi occupo della gestione di attività promozionali e di comunicazione, con un’attenzione particolare al mondo digitale e social. Nel tempo libero, lontana dal lavoro quotidiano, mi dedico alla scrittura.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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