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L’attenzione congiunta e la socialità nel bambino con Autismo

Roberta Nazaro

Ultimo aggiornamento – 29 Marzo, 2021

La socialità nell'Autismo

Studi sui comportamenti in bambini affetti da ASD e nei parenti più prossimi

I disturbi dello spettro autistico comprendono una moltitudine di sintomi che non permettono una definitiva standardizzazione delle conseguenze nei comportamenti.

Pertanto, numerosi sono gli studi effettuati in questo campo così vasto e complesso. Nello specifico, l’approccio che è stato adottato da un team di ricerca ha considerato la risposta dell’attenzione condivisa con gli adulti a opera di bambini affetti da ASD. I risultati hanno dimostrato che è possibile stimolare tale tipo di attenzione, specialmente nei soggetti più grandi.

Inoltre, anche i familiari dei pazienti affetti da ASD sono oggetto di ricerche, perché, secondo un altro studio, sono molto inclini a presentare lievi deficit di apprendimento e attenzione.

I disturbi dello spettro autistico?

I disturbi dello spettro autistico, sintetizzato anche con la sigla ASD, compre una grande varietà di patologie o sindromi caratterizzate dalla compromissione dell’interazione sociale e della comunicazione (verbale e non), che causa ristrettezza di interessi e comportamenti ripetitivi.

Cos’è l’attenzione condivisa?

Oltre alle capacità sociali e legate al linguaggio, un importante marcatore diagnostico di disturbi dello sviluppo, specialmente nei bambini più piccoli, è la mancanza di attenzione condivisa. Dall’età di 8 mesi, la maggior parte dei bambini tende a seguire lo sguardo del genitore, quando questo guarda altrove. Questa risposta si definisce come attenzione condivisa.

Dall’età di 10-12 mesi, se il genitore punta un oggetto, la maggior parte dei bambini si gira per guardare quell’oggetto, per poi riportare l’attenzione sul genitore. Tuttavia, i bambini affetti da disturbo dello spettro autistico spesso mancano di questa capacità, ignorando cosa stia attirando l’attenzione del genitore.

La mancanza di attenzione condivisa è sintomo di disturbo dello spettro autistico?

I comportamenti di attenzione condivisa sono caratterizzati dalla condivisione dell’attenzione tra bambino, oggetto e persona ed emergono tra i 6 e il 14 mesi. Tuttavia, un disturbo di tale attenzione non implica necessariamente l’autismo, ma piuttosto una manifestazione di uno sviluppo precoce anomalo nel cervello.

Quali ricerche sono state fatte in materia?

Il binomio attenzione condivisa e ASD è molto importante per comprende lo sviluppo e le possibili capacità del bambino. Ecco perché è stato portata avanti la ricerca che mirava a valutare la capacità di attenzione condivisa in soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico, in differenti contesti e con svariati interlocutori.

Lo studio

La ricerca è stata condotta su 20 soggetti, di età compresa tra i 4 e i 20 anni, affetti da autismo o sindrome di Asperger, senza disturbi associati e che avessero seguito una terapia del linguaggio per almeno sei mesi. Il team di ricerca multidisciplinare ha sottoposto i soggetti a diversi test per valutare il comportamento di attenzione condivisa, con un adulto.

Quali sono stati i risultati ottenuti?

Le diverse situazioni, cui sono stati sottoposti i soggetti, hanno modificato il modo in cui il bambino condivideva l’attenzione. L’intervento dell’adulto è risultato essere efficace nell’innescare un incremento degli episodi di comportamenti di attenzione condivisa. Tuttavia, non è stata notata alcuna differenza tra gli interlocutori nelle prove semistrutturate, probabilmente perché l’interlocutore sincronizzava il suo comportamento con quello del bambino.

Le conclusioni ottenute dal team

La valutazione dei comportamenti di attenzione condivisa, in contesti di gioco, è considerata efficace e l’interferenza di un adulto conosciuto si riflette nell’incremento degli episodi di tali comportamenti in prove semistrutturate e imitative.

Quali altri studi sono stati fatti in materia?

Negli anni, sono stati diversi gli studi eseguiti sui bambini affetti da disturbi dello spettro autistico. Per esempio, l’Università di Vanderbilt, nel 2006, ha portato avanti una ricerca sullo sviluppo primario socio-comunicativo nei fratelli più piccoli dei bambini affetti da ASD, rispetto ai fratelli di bambini con uno sviluppo tipico.

La ASD è ereditaria?

Le ricerche hanno dimostrato che i fratelli di bambini con ASD presentano delle minori capacità, rispetto alla media, in:

  • risoluzione di problemi non verbali
  • direzione dell’attenzione
  • comprensione di parole
  • comprensione di frasi
  • utilizzo dei gesti
  • interazioni socio-comunicative con i genitori

Gli studi su famiglia e gemelli suggeriscono che l’autismo ha basi fortemente genetiche. Infatti, tali rischi genetici comportano non solo la presenza di ASD, ma anche di varianti più lievi, spesso considerate come “fenotipo autistico allargato“. Questo disturbo include dei tratti che non sono necessariamente associati a disabilità, ma sono concettualmente simili all’essenza dell’autismo.

Diversi studi hanno dimostrato percentuali elevate di difficoltà nei parenti di bambini affetti da autismo. Nonostante queste caratteristiche fenotipiche possano essere considerate sotto i valori soglia, potrebbero comunque avere un effetto sullo sviluppo primario e sull’apprendimento nel soggetto.

Per saperne di più ascolta il podcast sull'autismo.

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Roberta Nazaro
Scritto da Roberta Nazaro

Sono insegnante di inglese e traduttrice, con laurea triennale in Scienza e Tecnica della Mediazione Linguistica e specialistica in Dinamiche Interculturali della Mediazione Linguistica presso l'Università del Salento. L'interesse per l'ambito medico mi ha portata al conseguimento del Master in Traduzione Specialistica in Medicina e Farmacologia conseguito presso il CTI di Milano.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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