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Dall’intervento a cuore aperto alla cardiochirurgia mininvasiva: i progressi della scienza

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

cardiochirurgia: gli interventi mininvasivi al cuore

Un intervento a cuore aperto prevede che venga aperta la gabbia toracica e si operi sui muscoli, sulle valvole o sulle arterie del cuore. L’intervento di cardiochirurgia eseguito più di frequente sugli adulti è il bypass aortocoronarico, ossia l’innesto di un’arteria o di una vena sana su un’arteria coronaria ostruita.

Con questo tipo di intervento, l’arteria innestata evita l’ostruzione, ripristinando il circolo che porta sangue ossigenato al cuore.

Quando è opportuno sottoporre il paziente a un intervento a cuore aperto?

Una grave malattia coronarica potrebbe richiedere un intervento a cuore aperto per essere risolta. La malattia coronarica è una condizione in cui si verifica il restringimento o la perdita di elasticità dei vasi sanguigni che irrorano il cuore.

A permettere questo indurimento sono soprattutto delle sostanze grasse presenti nel sangue (colesterolo e trigliceridi) che si attaccano alle pareti delle coronarie, formandovi delle placche che ne restringono il diametro interno, impedendo il transito del sangue.

Se il sangue non riesce a fluire adeguatamente verso il cuore, può verificarsi un infarto. In tal caso, un intervento chirurgico a cuore aperto potrebbe salvare la vita del paziente.

Altre indicazioni terapeutiche che necessitano della cardiochirurgia possono essere:

  • riparazione o sostituzione delle valvole cardiache, che consentono il passaggio del sangue nel cuore;
  • riparazione di danni o anomalie nel cuore;
  • inserimento di dispositivi medici che aiutano il cuore a battere correttamente;
  • sostituzione di un cuore danneggiato con un cuore da donatore (trapianto di cuore).

GVM

Quali sono i rischi di un intervento a cuore aperto?

Tra i maggiori rischi di un intervento a cuore aperto troviamo:

  • infezione della ferita al torace
  • attacco cardiaco o ictus
  • battito cardiaco irregolare
  • insufficienza renale o epatica
  • dolore toracico e febbre bassa
  • perdita di memoria o confusione mentale
  • formazione di coaguli
  • importante perdita di sangue
  • difficoltà respiratorie

Qual è il decorso post-operatorio dopo un intervento al cuore?

La procedura standard vuole che il paziente appena operato venga trasferito, almeno per la prima notte, nell’unità di terapia intensiva. Il resto del ricovero si svolge in un reparto di degenza normale e dura da tre a sette giorni.

Dopo l’intervento, il paziente va trattato con una fleboclisi per mantenerlo idratato, dei tubicini vanno inseriti nel torace, per il drenaggio dei liquidi presenti nell’area attorno al cuore. Un catetere nella vescica consente di raccogliere l’urina. Il paziente viene, solitamente, collegato a delle macchine per monitorare il cuore.

Il recupero dopo l’intervento è lento e potrebbe richiedere diversi mesi.

Un intervento al cuore prevede che, in seguito, il paziente abbia cura di se stesso adottando uno stile di vita sano che riduca il rischio di una ulteriore occlusione delle arterie o di affaticamento del cuore:

  • Eliminare il fumo di sigaretta.
  • Mangiare sano, mangiare molta frutta e verdura, molto pesce e poca carne (massimo due volte la settimana tra carne bianca e carne rossa), eliminare gli insaccati e non esagerare con i latticini. Integrare la dieta con una decina di mandorle e noci al giorno. Ridurre gli alimenti ricchi di sale, grassi e zuccheri.
  • Condurre uno stile di vita più attivo.
  • Tenere sotto controllo i livelli della pressione e del colesterolo.

I progressi della cardiochirurgia: gli interventi mininvasivi

I progressi della scienza sono inarrestabili anche in ambito cardiochirurgico. Prendono, infatti, sempre più piede gli interventi di tipo mininvasivo (minitoracotomia e ministernotomia), soprattutto per la riparazione della valvole aortiche.

Queste tecniche mininvasive consentono un recupero post-operatorio più veloce, non prevedendo l’apertura del torace, ma solo un’incisione cutanea di circa 5 cm, solitamente eseguita a livello del III° spazio intercostale destro negli uomini e sotto la mammella nelle donne. In questi casi, si parla del 30% di tempo di recupero in meno, rispetto agli interventi tradizionali.

Inoltre, secondo recenti studi, si è constatata una diminuzione dei rischi post intervento, come le infezioni. I risultati sono ottimi.

Vediamo insieme, dunque, quali sono i vantaggi:

  1. Rapida guarigione della ferita.
  2. Riduzione del dolore.
  3. Minori perdite ematiche e minore necessità di trasfusioni.
  4. Una cicatrice più piccola e quasi invisibile, con un netto vantaggio estetico per le donne.
  5. Minor rischio di disfunzioni coagulative.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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