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Hai l’epatite? Ecco i primi sintomi

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

epatite: i sintomi

Dr.ssa Chiara Tuccilli, biologa (con laurea in biotecnologie mediche) e Dottore di Ricerca in Endocrinologia.


Con il termine epatite s’intende una malattia infiammatoria del fegato che causa la morte delle cellule epatiche per necrosi, e può essere determinata da diverse cause.

Tra le cause di epatite vi sono diversi tipi di virus (epatiti virali), utilizzo di farmaci o altre sostanze tossiche come l’alcol (epatiti tossiche), fattori genetici o altre patologie. Inoltre, si possono distinguere epatiti acute ed epatiti croniche.

La dr.ssa Chiara Tuccilli, biologa, ci spiega quali sono i sintomi e come agire al meglio per la propria salute.

Quali sono i primi sintomi dell’epatite?

Nelle forme acute di epatite virale, indipendentemente dal virus, si distinguono varie fasi cliniche. La prima, il periodo di incubazione, è asintomatica. La seconda è il periodo prodromico, che ha una durata variabile da giorni a settimane (talvolta, manca completamente), caratterizzato da sintomi simil-influenzali con malessere generale, nausea, inappetenza, raramente vomito e diarrea, con frequente dolorabilità nella regione anatomica dove risiede il fegato (ipocondrio destro).

In questa fase, effettuando gli esami del sangue, si rilevano le alterazioni delle transaminasi e della bilirubina. Quando la malattia è conclamata, scompaiono i sintomi precedenti e si manifesta l’ittero, le feci diventano più chiare, le urine più scure e a livello biochimico le alterazioni sono più evidenti. Tuttavia, è possibile che la fase conclamata sia di modesta entità, rendendo difficile la diagnosi. In ultimo, l’epatite acuta si risolve nella maggior parte dei casi con la completa guarigione, anche se può persistere qualche sintomo residuo per qualche tempo.

Per le epatiti tossiche, solitamente la sintomatologia è assente. Nei casi in cui il danno è esteso, però, si presenta un quadro clinico simile a quello dell’epatite virale. Anche per l’epatite cronica si riscontrano casi asintomatici (i sintomi possono essere assenti per anni) e casi in cui i sintomi sono abbastanza aspecifici ma possono esservi ingrandimento del fegato e dolore.

Quali sono i rischi di una epatite mal curata?

Solitamente, le epatiti acute hanno una buona prognosi ma in qualche caso, soprattutto quando dovute a infezione prodotta dai virus dell’epatite B e C (HBV e HCV), possono cronicizzare. Non ci sono casi di cronicizzazione di epatite A o E, e il rischio maggiore di evoluzione cronica è associato all’epatite da HCV. Le forme croniche di epatite possono evolvere verso l’insufficienza epatica di alto grado e la cirrosi.

Questo è più frequente quando è presente il virus HCV, molto meno in altri tipi di epatite cronica. Sempre nel caso di epatite da HCV, possono insorgere anche manifestazioni extraepatiche. Inoltre, l’epatite, soprattutto se cronica attiva, è una condizione che predispone allo sviluppo del carcinoma epatico. Anche quest’ultimo, nella maggior parte dei casi, è un’evoluzione dell’epatite da HCV.

L’epatite può influire sul normale metabolismo?

Le epatiti influiscono sul metabolismo perché il fegato è l’organo principalmente coinvolto in esso, maggiore è il danno provocato dalla malattia maggiore è la ripercussione sul metabolismo. Il metabolismo degli acidi grassi e quello glucidico sono profondamente alterati, soprattutto dall’epatite C.

In corso di epatite si sviluppa poi insulino-resistenza, che causa accumulo di trigliceridi nel fegato insieme a quelli prodotti dall’azione del virus HCV. L’accumulo di lipidi nelle cellule del fegato affetto da epatite prende il nome di steatoepatite e peggiora la condizione metabolica. Inoltre, alcuni farmaci hanno metabolismo epatico e ne deriva che, con il malfunzionamento dell’organo, questo non sia in grado di processarli come dovrebbe.

Vi sono relazioni tra epatite e funzionalità tiroidea?

È stato osservato che nel corso dell’infezione di HCV si possono sviluppare patologie tiroidee, questo sia per effetto del virus sia per effetto della terapia standard con interferone alfa, ma non sono ancora chiari i meccanismi di base.

Gli studi condotti hanno evidenziato che vi è una maggiore associazione con la tiroidite di Hashimoto e il morbo di Graves, entrambe patologie autoimmuni che causano, rispettivamente, ipotiroidismo e ipertiroidismo.

I fattori di rischio sono il sesso femminile e l’età superiore ai 50 anni, la presenza di anticorpi anti-tiroidei, la familiarità per le patologie tiroidee autoimmuni. Per questa ragione, sia prima di iniziare la terapia con interferone sia durante, vengono richiesti esami di laboratorio e strumentali per valutare la funzionalità tiroidea.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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