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Un legume per la cura del morbo di Parkinson

Stefania Virginio

Ultimo aggiornamento – 04 Luglio, 2016

Morbo di Parkinson: la cura nella Mucuna Pruriens

Si chiama Mucuna Pruriens ed è diffuso nelle aree equatoriale, il legume che potrebbe portare sollievo ai pazienti affetti da Morbo di Parkinson. Usualmente, viene utilizzato come fertilizzante ma, secondo i ricercatori del Centro Parkinson dell’Ospedale Specialistico Ortopedico Traumatologico Gaetano Pini – Cto, potrebbe avere un’efficacia paragonabile a quella di un farmaco.

Con un’adeguata lavorazione, potrebbe venir somministrato ai pazienti trattati con metodi standard. Il legume contiene, infatti, la levodopa, già utilizzata per arginare questa patologia.

Cosa è la levodopa?

La levodopa è molto costosa e, quindi, nei Paesi in via di sviluppo, potrebbe risultare di difficile reperibilità. Ora che è stata scoperta la sua esistenza anche all’interno del legume, una dieta mirata potrebbe apportare dei sicuri benefici.

Per adesso, il rimedio è stato sperimentato in Bolivia, Ghana e Zambia, con ottimi risultati.

La levodopa (L-Dopa) è, infatti, utilizzata nella malattia di Parkinson in quanto precursore della dopamina. La dopamina non può essere utilizzata così com’è perché non attraversa la barriera ematoencefalica. Per aumentarne la disponibilità centrale, la levodopa è associata a inibitori della DOPA-decarbossilasi, carbidopa e benserazide. Queste molecole, inibendo la DOPA-decarbossilasi periferica, aumentano la quantità di levodopa che raggiunge le aree cerebrali bersaglio.

La parola agli esperti

Il dottor Gianni Pezzoli, direttore del team di ricerca, spiega in poche parole come viene trattata la Mucuna: “Il processo è molto semplice: basta saltare il legume in padella, macinarlo e sminuzzarlo, disciogliendolo infine nell’acqua”.

Gli effetti del legume hanno sorpreso positivamente i ricercatori, in quanto sono paragonabili a quelli del farmaco: la persona si sente meglio, soprattutto perché i tremori diminuiscono.

È dal 2012 che gli scienziati stanno studiando questa alternativa al farmaco, soprattutto per agevolare i Paesi poveri che non hanno le possibilità economiche o un sistema sanitario nazionale che passa le medicine per curare il Morbo.

I passi della scoperta sono stati i seguenti:

  1. Studio delle caratteristiche specifiche del legume Mucuna.
  2. Test degli effetti.

Il dottor Pezzoli ci tiene a precisare che nel loro centro hanno un accesso di pazienti che va dalle 1.500 alle 1.800 persone all’anno, per un totale di circa 27 mila utenti, che vengono monitorati sotto ogni aspetto, dalla dieta, alla fisioterapia, all’ambito psicologico.

Purtroppo, attualmente, non c’è ancora nessuna cura preventiva che impedisca l’insorgenza del Morbo di Parkinson, anche se gli studi si stanno concentrando sulla genetica e quindi il Centro ha istituito una banca dati per capire se i disturbi neurologici possano essere collegati al Dna dei pazienti.

I sintomi del Morbo di Parkinson

Dato che non ci sono delle cure che a priori possano impedire al Morbo di Parkinson di presentarsi in una persona, possiamo comunque porre una particolare attenzione ai primi sintomi e segnali che ci permettono di far suonare un campanello d’allarme nella nostra testa.

Spesso, sono dei sintomi che compaiono molti anni prima del vero sfociare della malattia e i dottori potrebbero prenderli sotto gamba, riferendoli magari ad altre patologie.

Vediamo i 10 segni che dovrebbero spingere una persona a fare un controllo neurologico mirato a capire se si sta sviluppando il Morbo di Parkinson:

  1. Cambiamento di personalità e dell’umore: il motivo non è chiaro, ma gli esperti di Parkinson riferiscono un cambiamento radicale della personalità; i pazienti cominciano a diventare ansiosi, depressi e cercano di isolarsi. Da alcuni studi è emerso che la depressione, prima non evidente, è il primo segno della malattia. Qualcuno si accorge anche di mutare la capacità di pensiero, non riuscendo a concentrarsi su qualcosa che una volta poteva sembrare elementare. Una delle abilità che si perde subito è quella di essere multitasking, ovvero, chi prima era in grado di svolgere 4 attività contemporaneamente, con i primi segnali di Parkinson riesce a malapena a portarne a termine una.
  2. Perdita dell’olfatto: purtroppo è uno dei sintomi che non vengono presi subito in considerazione, come anticipatori di Parkinson. Potrebbe accompagnarsi alla perdita del senso del gusto, visto che i due sensi si sovrappongono. Quando le cellule che producono dopamina cominciano a morire, l’olfatto si compromette irrimediabilmente. La dopamina, infatti, connette i segnali tra il cervello, i muscoli e i nervi sparsi in tutto il corpo.
  3. Una sudorazione esagerata: la capacità di autoregolarsi del corpo viene colpita dal morbo che lede il sistema nervoso autonomo. Senza un motivo apparente, le persone che potrebbero essere nelle prime fasi del Parkinson, iniziano a sudare in modo incontrollato. Si tratta di iperidrosi, che nelle donne potrebbe venir confuso con le vampate dovute alla menopausa. La pelle e il cuoio capelluto potrebbero presentarsi grassi e con la forfora. La difficoltà di deglutizione potrebbe anche portare a un’eccessiva produzione di saliva.
  4. Sonno disturbato: in questo caso, le persone agiscono nel sonno, scalciando, digrignando i denti, aggredendo chi dorme in loro compagnia. Secondo le statistiche, il 40% delle persone che manifesta questi disturbi potrebbe sviluppare il morbo anche dopo 10 anni. Anche le gambe che non stanno mai ferme e l’apnea notturna sarebbero dei segnali da prendere in considerazione.
  5. Braccia rigide: gli arti superiori non riescono a tendersi totalmente, in quanto i muscoli si irrigidiscono e non seguono i segnali che il cervello gli invia.
  6. Problemi intestinali e alle vie urinarie: il gas intestinale e la stitichezza poche volte vengono presi come segnali di allarme per la presenza del morbo di Parkinson, il quale influenza il sistema nervoso autonomo, regolatore dei muscoli che lavorano nell’intestino e nella vescica. Il processo digestivo di conseguenza si rallenta. La stitichezza provocata dal morbo, a differenza da quella normale, dà una sensazione di pienezza anche se non si è mangiato molto, e non passa molto rapidamente. La difficoltà a urinare è un’altra delle caratteristiche sintomatiche del morbo, di contro anche l’incontinenza potrebbe portare a pensare che ci sia qualcosa di neurologico da risolvere.
  7. La voce cambia tono: la voce diventa monotona e più flebile. Alle volte, le persone potrebbero anche avere difficoltà nel pronunciare le parole, in quanto i muscoli facciali si irrigidiscono, oppure la bocca non si apre correttamente.
  8. Espressione facciale assente: i muscoli facciali si irrigidiscono in quanto la dopamina non arriva ai nervi della zona interessata. Sembra che il volto non riesca a esprimere emozioni e sentimenti. Nei primi sintomi, si può vedere una lentezza nell’aggrottare le sopracciglia, nel sorridere o nell’ammiccare.
  9. Cambiamento nella scrittura: la bradicinesia è conosciuta come una perdita dei movimenti di routine e spontanei, tra questi la capacità di scrivere, perdendo la fluidità della scrittura e rimpicciolendo i caratteri. Anche abbottonarsi, lavarsi i denti, vestirsi, chiudere le cerniere sono delle attività che rallentano considerevolmente.
  10. Dolore al collo: è un dolore che persiste nel tempo e che non va via passati 2-3 giorni. Potrebbe manifestarsi come formicolio o intorpidimento più che come dolore vero e proprio, che porterebbe a tentare di allungare il collo per apportare un po’ di beneficio.
  11. Tremore e rigidità muscolare anche a riposo.

Cerchiamo, quindi, di porre attenzione ai segnali che ci offre il nostro corpo, per prendere in tempo una malattia che, se curata fin dall’inizio, potrebbe rivelarsi meno debilitante di quanto si possa pensare.

 

 

 

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Stefania Virginio
Scritto da Stefania Virginio

Sono Stefania e sono una friulana doc! Da quando mi hanno dato in mano la prima matita alle elementari non ho mai smesso di scrivere, e nemmeno di leggere tutto quello che mi passa sotto gli occhi.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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