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Morbo di Parkinson: più vicini alla cura?

Stefania Virginio

Ultimo aggiornamento – 11 Aprile, 2017

cervello e Parkinson: come riattivare i neuroni

Gli scienziati credono di aver trovato un modo per curare, e forse invertire, la malattia di Parkinson, creando le cellule di ricambio per riparare il cervello danneggiato dal morbo.

Parkinson: combatterlo con le cellule sane

I ricercatori affermano che le cellule del cervello umano possano venir forzate a sobbarcarsi il lavoro di quelle che vengono distrutte dal Parkinson.

I test nei topi con i sintomi del morbo di Parkinson hanno mostrato che la terapia è in grado di alleviare tale condizione. Comunque, molti altri studi sono necessari prima di iniziare test simili sulle persone.

Gli esperti dichiarano che la ricerca pubblicata su Nature Biotechnology è estremamente promettente, anche se ancora in una fase di sperimentazione iniziale.

Si deve ancora verificare se il trattamento sia sicuro e se le cellule convertite, che hanno iniziato la vita come astrociti, possano veramente funzionare allo stesso modo dei neuroni che producono dopamina.

Il morbo di Parkinson: come riconoscerlo

Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa del cervello, che progredisce lentamente nella maggior parte delle persone. I sintomi hanno bisogno di anni per svilupparsi e alcuni soggetti convivono per molto tempo con la malattia.

Il cervello di una persona smette lentamente la produzione di un neurotrasmettitore, chiamato dopamina. Con sempre meno dopamina, una persona vede progressivamente diminuire la capacità di regolare i propri movimenti, il corpo e le emozioni.

La malattia di Parkinson in sé non è fatale. Tuttavia, le complicanze della malattia sono gravi. Non c’è attualmente alcuna cura per il morbo di Parkinson. L’obiettivo del medico sarà quello di trattare i sintomi per mantenere la qualità di vita più alta possibile.

Normalmente, ci sono cellule cerebrali (neuroni) nel cervello umano che producono la dopamina. Questi neuroni si concentrano in una particolare area del cervello, chiamata substantia nigra. La dopamina è una sostanza chimica che trasmette messaggi tra la substantia nigra e altre parti del cervello, per controllare i movimenti del corpo umano. La dopamina aiuta gli esseri umani ad avere movimenti muscolari coordinati.

Quando circa il 60-80% delle cellule che producono dopamina è danneggiato e non ne produce abbastanza, i sintomi motori della malattia di Parkinson appaiono. Questo processo di deterioramento delle cellule cerebrali si chiama neurodegenerazione.

I primi segni del morbo di Parkinson si trovano nel sistema nervoso enterico, il midollo e, in particolare, nel bulbo olfattivo, che controlla l’olfatto. Il morbo di Parkinson progredisce solo alla substantia nigra e alla corteccia nel corso degli anni. Questa teoria è sempre più avvalorata da prove che i sintomi non motori, come ad esempio una perdita del senso dell’olfatto, iposmia, disturbi del sonno e la stitichezza possano precedere le caratteristiche del motore della malattia da diversi anni.

Per questo motivo, i ricercatori sono sempre più concentrati su questi sintomi “non motori”, sia per rilevare il morbo di Parkinson il più presto possibile che per cercare i modi per fermare la sua progressione.

Non si sa che cosa uccida le cellule, ma questa perdita provoca sintomi debilitanti, come tremore e difficoltà nel camminare e muoversi. Gli scienziati sono alla ricerca di modi alternativi per sostituire i neuroni dopaminergici danneggiati, iniettandone di nuovi nel cervello.

Utilizzato un approccio alternativo per curare il Parkinson

Il team internazionale di ricercatori che ha effettuato l’ultimo lavoro, tuttavia, ha utilizzato un approccio diverso che non richiede un trapianto di cellule. Hanno usato un cocktail di piccole molecole, riprogrammando le cellule già presenti nel cervello.

Quando hanno mescolato un campione di astrociti umani con il cocktail nel loro laboratorio, le cellule hanno prodotto una sostanza molto vicina a quella dei neuroni dopaminergici, anche se non era perfetta.

Successivamente, hanno somministrato lo stesso cocktail ai topi malati. Il trattamento è apparso positivo, le loro cellule cerebrali sono state riprogrammate e sono diminuiti i sintomi del Parkinson.

Sarà una valida terapia?

Il dottor Patrick Lewis, esperto di neuroscienze presso l’Università di Reading, ha detto che un lavoro come questo potrebbe potenzialmente offrire una terapia che cambia le dinamiche del morbo di Parkinson.

Ha anche aggiunto: “Il passaggio da questo studio fatto sui topi agli esseri umani sarà una grande sfida“.

Il professore David Dexter del Regno Unito ha dichiarato: “L’ulteriore sviluppo di questa tecnica è ora altamente necessaria“.

In caso di successo, si sarebbe trasformato questo approccio in una valida terapia che potrebbe migliorare la vita delle persone affette dal morbo di Parkinson e, in ultima analisi, mettere sul mercato una cura che milioni di persone stanno aspettando.

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Stefania Virginio
Scritto da Stefania Virginio

Sono Stefania e sono una friulana doc! Da quando mi hanno dato in mano la prima matita alle elementari non ho mai smesso di scrivere, e nemmeno di leggere tutto quello che mi passa sotto gli occhi.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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