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Pressione sanguigna: uno studio ci dà le linee guida salva-vita

Roberta Nazaro

Ultimo aggiornamento – 21 Settembre, 2015

Per molti anni, i medici hanno tentato di capire di quanto abbassare la pressione sanguigna nei pazienti che soffrono di pressione alta. Lo scopo principale, ovviamente, resta quello di farla abbassare, ma fino a che punto non è stato mai chiaro abbastanza, a causa di eventuali rischi ed effetti collaterali dei medicinali.

Inoltre, uno dei maggiori dubbi consisteva nel comprendere se in qualche modo i pazienti più anziani avessero bisogno della pressione alta, per trasportare il sangue nel cervello.

Cosa è stato scoperto?

Secondo uno studio recente, il rischio di infarti, insufficienza cardiaca e ictus per i pazienti a cui era stato assegnato il livello massimo di pressione a 120, ben più basso delle linee guida attuali tra 140-150 per gli over 60, si riduce di un terzo, mentre il rischio di decesso a quasi un quarto.

Come è stato condotto lo studio?

La ricerca, chiamata Sprint, ha assegnato in maniera casuale a più di 9.300 persone over 50, ad alto rischio di malattie cardiache o con malattie renali, due tipi di pressione sistolica massima:

  • meno di 120, decisamente inferiore alla media
  • meno di 140

I ricercatori si aspettavano di concludere lo studio nel 2017, ma, considerando i risultati ottenuti di grande importanza per la salute pubblica, la National Heart, Lung e Blood Institute ha annunciato che lo studio sarà già pubblicato nei prossimi mesi.

Secondo il dottor Gary H. Gibbons, direttore dell’Istituto, queste ricerche forniscono delle informazioni potenzialmente salva-vita. Il professore di medicina alla Harvard, Michael Gaziano, ha affermato: “Questo studio farà scalpore“.

Ci sono possibili effetti collaterali?

Lo studio si è avventurato in un territorio sconosciuto, che in molti considerano quasi spaventoso. Una pressione sistolica naturale a 120 può essere buona, ma abbassarla artificialmente con dei farmaci a questi livelli è completamente diverso. Per raggiungere un obiettivo così basso, sono necessari numerosi farmaci e gli effetti collaterali potrebbero annullare ogni tipo di beneficio ottenuto.

Inoltre, bisogna tenere in considerazione che la maggior parte delle persone anziane si cura per altre malattie croniche, che potrebbero interferire con i farmaci. Infine, una pressione sanguigna molto bassa potrebbe causare vertigini e svenimenti, proprio perché il 28% dei soggetti coinvolti nello studio avevano più di 75 anni.

Ci sono altre considerazioni?

Durante lo sviluppo delle indagini scientifiche, i ricercatori si sono chiesti se una pressione sanguigna più bassa possa diminuire il rischio di malattie renali e demenza. Questa è stata un’ipotesi, ma c’è anche la probabilità che ci siano ripercussioni sia sul cervello, che sul fegato, proprio a causa della minore quantità di sangue trasmessa.

In sostanza, tali risultati devono ancora essere analizzati. Inoltre, il dottor Reboussin ha affermato che “nessuno è in pericolo di vita” e chi soffre di pressione alta non deve recarsi immediatamente dal medico per cambiare i propri farmaci, perché ci vorrà del tempo per studiare nel dettaglio ogni risultato.

 

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Roberta Nazaro
Scritto da Roberta Nazaro

Sono insegnante di inglese e traduttrice, con laurea triennale in Scienza e Tecnica della Mediazione Linguistica e specialistica in Dinamiche Interculturali della Mediazione Linguistica presso l'Università del Salento. L'interesse per l'ambito medico mi ha portata al conseguimento del Master in Traduzione Specialistica in Medicina e Farmacologia conseguito presso il CTI di Milano.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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