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La sindrome del colon irritabile può essere scatenata dall’ansia: vero o falso?

Martina Valizzone | Psicologa

Ultimo aggiornamento – 03 Maggio, 2018

Il legame tra ansia e sindrome del colon irritabile: le malattie psicosomatiche

Verissimo! Uno dei principali responsabili della sindrome del colon irritabile (o IBS, dall’inglese Irritable Bowel Syndrome) sembra proprio essere l’ansia. In Italia circa il 7% della popolazione soffre di questa patologia, che sembra colpire più frequentemente il sesso femminile rispetto a quello maschile.

Non è ancora del tutto chiaro come ansia e sindrome del colon irritabile siano correlati tra loro, ma diversi studi hanno messo in evidenza come queste patologie tendano a presentarsi nella maggioranza dei casi in contemporanea. 
Cerchiamo di capirne di più.

La relazione tra ansia e sindrome del colon irritabile

La sindrome del colon irritabile è un disturbo cronico e ricorrente che riguarda le funzioni dell’apparato gastrointestinale, che interessa il colon e l’intestino tenue. Questa sindrome, nota anche con il termine di colon spastico, si manifesta in assenza di danni organici ed è tale da provocare sintomi come:

  • Intenso dolore addominale
  • Gonfiore
  • Fastidi gastrointestinali
  • Diarrea alternata a periodi stitichezza
  • Presenza di muco nelle feci
  • Sensazione di incompleto svuotamento anche dopo la defecazione

Le cause alla base di questa patologia non sono ancora del tutto chiare anche se è emersa, dai risultati di numerose ricerche, la presenza di più di una correlazione diretta tra la colite spastica e i disturbi dell’umore.

L’ansia e, più in generale, i nostri stati emotivi sarebbero in grado di provocare gli spasmi del colon lamentati dai soggetti affetti dalla sindrome del colon irritabile. Ricordiamoci, infatti, che il colon è ricco di terminazioni nervose che lo mettono in stretto collegamento con il nostro cervello.

Studi condotti nell’ambito della neurofisiologia hanno accertato l’origine comune del sistema nervoso e di quello digerente: entrambi sarebbero controllati dallo stesso foglietto embrionale (il tronco cerebrale). Le terminazioni nervose presenti nel colon si occupano di controllarne le normali contrazioni che nei momenti di particolare ansia o stress sono tali da provocare intenso dolore addominale e gli altri sintomi tipici dell’IBS.

Inoltre, nei soggetti ansiosi il cervello è sicuramente più reattivo nei confronti delle proprie sensazioni corporee e quindi anche del dolore, a causa della costante “situazione di allarme” generata dall’ansia. Questa aumentata suscettibilità al dolore sembra essere correlata alla produzione di alcuni neurotrasmettitori: è stato infatti riscontrato come gli individui che soffrono di colon irritabile mostrino livelli piuttosto bassi di serotonina, il neurotrasmettitore del buon umore e del benessere, che ha alcuni dei suoi recettori proprio nel fegato.

Un altro possibile fattore che potrebbe spiegare la correlazione tra questi due tipi di disturbi è la tensione muscolare. Nei soggetti ansiosi, lo stress provoca una pressione maggiore su tutta la muscolatura, tale da causare il rallentamento o l’accelerazione dei movimenti del tratto intestinale, sintomi tipici della sindrome del colon irritabile.

Insomma, le correlazioni descritte evidenziano il ruolo dell’ansia e degli stati emotivi nell’insorgenza e nel mantenimento della sindrome del colon irritabile. Di conseguenza, il trattamento ottimale per la cura della sindrome del colon irritabile sembra essere quello che prevede una terapia di tipo farmacologico (utile ad alleviare i sintomi) alla quale affiancare un adeguato percorso psicologico, volto a potenziare le risorse personali utili ad affrontare e contrastare l’ansia e lo stress quotidiano.

L’ansia e le malattie psicosomatiche

È ormai comprovato il potere che ansia e stress hanno sul nostro corpo: ne influenzano la normale produzione ormonale, indeboliscono il nostro sistema immunitario oltre ad agire negativamente su tutte le nostre funzioni corporee. In particolare, sono responsabili di alcune malattie psicosomatiche, definiti in tal modo a causa della stretta correlazione tra la psiche (mente) ed il soma (corpo).

Ecco quali sono i principali disturbi causati da fattori emozionali o psicologici:

  • Patologie dell’apparato gastrointestinale (ulcera, sindrome del colon irritabile, reflusso gastroesofageo)
  • Disturbi e patologie della pelle (eczema, psoriasi, orticaria, herpes, dermatite psicosomatica)
  • Disturbi e patologie dell’apparato respiratorio (iperventilazione, asma bronchiale, apnee notturne)
  • Disturbi e patologie dell’apparato cardiocircolatorio (tachicardia, aritmie, cardiopatia ischemica, ipertensione essenziale)
  • Disturbi e patologie dell’apparato genito-urinario (disturbi urinari, stitichezza, eiaculazione precoce, dolori inguinali)
  • Disturbi e patologie dell’apparato muscolo-scheletrico (crampi muscolari, torcicollo, cefalea tensiva, artrite, fibromialgia)
  • Disturbi della fertilità (ipogonadismo, amenorrea, impotenza sessuale)

L’intensità dei sintomi psicosomatici e le loro manifestazioni severe spesso portano chi ne è affetto a dubitare che possa trattarsi di sintomi legati ad un disturbo d’ansia: per questo, la diagnosi è il più delle volte tardiva e tale da provocare una cronicizzazione del disturbo. È bene dunque prestare molta attenzione a quello che il nostro corpo ci comunica ed imparare a non sottovalutare il potere che la nostra mente ha di influenzare il nostro corpo.

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Martina Valizzone | Psicologa
Scritto da Martina Valizzone | Psicologa

Sono una psicologa dell'età evolutiva, con una specializzazione in psicoterapia sistemico relazionale. In ambito lavorativo, mi occupo principalmente di terapie individuali e familiari e, da qualche anno, di psicologia dell'educazione, lavorando alla progettazione e realizzazione di interventi psico-pedagogici in ambito scolastico ed extrascolastico.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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