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“Dobbiamo far nascere il tuo bambino”: quando il parto è prematuro

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Parto pretermine: la storia

Con la collaborazione di Vivere Onlus, organizzazione attiva nel settore socio-sanitario, non ha scopo di lucro e i due obiettivi primari sono incentivare la qualità della degenza dei neonati pretermine e favorire le condizioni per una ottimale crescita di questi bambini.


Dobbiamo far nascere il tuo bambino“: quando questa frase è pronunciata molto prima del termine della gravidanza, si provano molte emozioni, tante paure. Abbiamo rivolto alcune domande a Monica Ceccatelli, vicepresidente di Vivere Onlus, per condividere con noi un’esperienza forte, un momento di lotta e coraggio.

Cosa si prova in quel momento, quando si ha la consapevolezza che avverrà un parto prematuro?

Sono momenti nei quali la vita ti passa davanti. Secondi eterni, sembra che il mondo intorno giri al rallentatore con la voce sgraziata della pellicola che non va alla velocità naturale.

La mente si offusca, la salivazione si azzera e si capiscono solo le prime parole che arrivano come un pugno dritto nello stomaco, che toglie il fiato, che paralizza, che vieta alle parole di arrivare alla bocca. Quelle parole che vogliono solo sapere cosa succederà al bambino.

A quel bambino non ancora immaginato, che sentiamo muovere come un battito di ali di farfalla. Tutto si blocca. I pensieri sono mille e si rincorrono senza sosta. Cosa succede adesso, non so nulla, se solo le lacrime potessero uscire… Le domande sono mille ma sono riuscita a fare solo una: può vivere un bambino così piccolo?

La comunicazione è stata fatta al mio letto, con tanta gente nella stanza. Io mi sono vergognata di essere una madre imperfetta. Di non saper proteggere mio figlio. Non ero a mio agio e di domande non ne ho fatte più.

In aiuto il supporto psicologico: cosa consiglieresti a una neo-mamma che ha partorito molto prematuramente e che apparentemente non sente il bisogno di parlare con uno psicologo?

Non abbiamo una patologia. Chi partorisce prematuramente prova senso di colpa e di inadeguatezza. La madre in particolare ha bisogno di essere sostenuta in questo cammino così difficile. Il parto e la nascita di un figlio che non sono come si è immaginato, il senso di instabilità delle cure intensive, la precarietà dello stato di salute del bambino, necessitano di un sostegno.

La mamma spesso non chiede aiuto, ma proprio le mamme più silenziose, spesso, con quel silenzio vogliono dirci qualcosa. La figura dello psicologo in TIN (Terapia Intensiva Neonatale) deve essere dedicata e strutturata. Non può essere prestata a tempo da altre realtà. Deve avere una formazione adeguata e deve prendere in carico tutta la famiglia.

Troppo spesso, in Italia, sono le associazioni che si fanno carico economicamente di fornire al reparto uno psicologo dedicato. Lo psicologo, quindi, deve far parte del Team del reparto, partecipare al giro visite e prendere in carico tutte le famiglie della TIN. Poi ci sarà chi chiede o necessita, anche se non chiede, di un intervento personalizzato, ma lo psicologo dovrebbe seguire tutti.

In questi momenti si ha fortunatamente il sostegno dei propri cari. Ci sono, comunque, gesti o parole che è meglio evitare con una neo-mamma, in questa fase così tanto delicata?

Molti anni fa, credo di aver pubblicato sul sito il primo decalogo proprio su quest’argomento, e ricordo che una associazione di Buenos Aires chiese di poterlo tradurre e di pubblicarlo.

Dovrebbe essere rivisto e corretto, ma molte sono le cose ancora valide. Un po’ di tempo fa in rete abbiamo fatto un questionario ed è sorprendente quanto poco si conosca sulla prematurità. Alla mamma che ha partorito a 23 settimane, ad esempio, si può chiedere se si tira il latte, ma non se ha attaccato il bambino al seno, almeno per i primi tempi.

Non si deve chiedere continuamente il peso, i primi progressi saranno festeggiati insieme, sarà la famiglia a comunicarli. Non si deve chiedere se il bambino è tutto formato, se ha tutte le dita delle mani e dei piedi, altra domanda ricorrente. Si deve sempre rispettare il silenzio della famiglia.

Stare in TIN dopo aver partorito è un impegno psichico, ma anche fisico. Si partorisce prematuramente spesso a causa di una patologia, come la preclampsia o altre, patologie con nomi complicati tanto quanto è complicato il dopo parto.

Si tende a dimenticare che la donna/mamma deve fare i conti anche con la sua salute. I social sono un martellare continuo di richiesta di notizie e di informazioni sul bambino. Rispettate anche i tempi della famiglia, ripeto, quando ci saranno notizie belle saranno i primi a volerle comunicare. Loro sanno di avere persone vicine, ma date loro modo di potersi anche riposare.

Un libero messaggio di speranza e di coraggio…

Quello che avete letto sopra è un intreccio fra la mia storia personale e le storie che ho ascoltato, accompagnato e sostenuto in questi venti anni di volontariato. Quello che dico alle mamme e alle famiglie che incontro è che è difficile, ma che i bambini ci stupiscono sempre.

Ci sono 46 associazioni locali che sono riunite in Vivere Onlus (Coordinamento Nazionale delle associazioni per la neonatologia). Ognuna di loro, a livello locale ha attivato un percorso di sostegno. Se non c’è nel vostro ospedale, contattate Vivere, i nostri volontari vi seguiranno comunque, anche telefonicamente.

Insieme è più facile, condividere aiuta e fa diventare meno difficile la strada che state percorrendo.

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Scritto da Redazione

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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