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Quando si sta per morire: cosa succede al cervello durante l’arresto cardiaco?

Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice

Ultimo aggiornamento – 14 Marzo, 2017

infarto: come reagisce il cervello

La morte è uno degli eventi più misteriosi della vita, ma un nuovo studio ha rivelato cosa accade al nostro cervello ed al nostro cuore quando stiamo morendo. Questa ricerca ha mostrato che l’attività del cervello è implementata sempre più man mano che il cuore si deteriora. La ragione di questo fenomeno non è chiara, ma gli scienziati ipotizzano che si tratti dell’ultimo tentativo del corpo di sopravvivere durante l’arresto cardiaco.

Cosa si prova durante un infarto

Lo studio è stato pubblicato dalla rivista online PNAS Early Edition e ha rivelato che l’attività cerebrale aumenta quando il muscolo cardiaco va incontro alla morte.

Infatti, nei ratti si è stato osservato che, quando il cuore si deteriora, nel cervello sono rilasciate un numero di sostanze neurochimiche e che il collegamento tra cervello e cuore aumenta. Per osservare come i segnali del cervello siano sincronizzati col battito del cuore in arresto cardiaco, il team ha utilizzato una nuova tecnologia chiamata “electrocardiomatrix”.

L’autore senior dello studio, il dottor Jimo Borjing, in una dichiarazione rilasciata a ScienceDaily ha asserito: “Nonostante la perdita di coscienza e l’assenza di segnali vitali, il cervello presenta internamente un’attività intensa e organizzata, oltre che una maggiore comunicazione con il cuore, la quale si può spiegare come un tentativo di salvare il cuore”.

Ulteriori osservazioni sulla connessione tra cuore e cervello durante l’arresto cardiaco nei ratti ha rivelato come, in realtà, acceleri la morte. Nonostante ciò può ancora essere considerata come il tentativo del corpo di prolungare la sua vita.

Il team di ricerca crede che questa informazione possa essere utile per lo sviluppo di un farmaco in grado di bloccare questo collegamento elettrico finale tra cervello e cuore e che sia quindi in grado di aumentare la possibilità di sopravvivenza del paziente.

L’arresto cardiaco: di cosa si tratta?

Secondo la American Heart Foundation, l’arresto cardiaco è la perdita improvvisa della funzione cardiaca nei soggetti a cui non è stata diagnosticata la malattia cardiaca. Questo evento è quasi sempre inaspettato ed è responsabile di oltre 350.000 emergenze negli Stati Uniti ogni anno.

A differenza dell’attacco cardiaco, che si manifesta quando un blocco ferma il flusso sanguigno al cuore causando danni tissutali e la morte, l’arresto cardiaco si verifica quando sono presenti malfunzionamenti del sistema elettrico del cuore, provocando un ritmo cardiaco irregolare.

Nonostante l’arresto cardiaco sia improvviso e inaspettato, alcune persone presentano un maggiore rischio di altre.

Ad esempio, l’American Heart Foundation riporta che questo rischio è maggiore se:

  • si ha una storia di attacchi cardiaci;
  • si assumono farmaci per il cuore;
  • sono presenti anomalie dei vasi sanguigni.

Inoltre, anche l’utilizzo di droghe a scopo ricreativo può essere una causa comune nei soggetti senza alcun problema di salute. Tra queste droghe, si annoverano: la cocaina, le anfetamine e l’MDMA.

Solitamente, un soggetto colto da un arresto cardiaco sviene all’improvviso e senza alcun motivo apparente, non reagisce e non respira normalmente. Per identificarlo correttamente è opportuno:

  • evitare di perdere tempo cercando di capire se il cuore batte oppure no;
  • fare una domanda al paziente, parlando ad alta voce;
  • in caso non reagisse, scuoterlo delicatamente in modo da capire se ha perso conoscenza;
  • se ancora non reagisce, controllare la respirazione. È anormale nel caso in cui si assista ad assenza totale di respiro, respiro ansimante oppure intermittente.

Una volta identificato come tale, bisognerebbe:

  • chiamare l’ambulanza, ossia il numero 118. L’addetto al telefono, probabilmente, vi chiederà di praticare la rianimazione cardiopolmonare (RCP) con massaggio cardiaco continuo o massaggio cardiaco semplice, se ne siete in grado;
  • in caso non sappiate come procedere, verrete istruiti al telefono;

Il massaggio cardiaco dovrebbe iniziare immediatamente e continuare fino all’arrivo dell’ambulanza.

La rianimazione cardiopolmonare (RCP): in cosa consiste?

Consiste in un insieme di tecniche di primo soccorso fondamentali, utili in molte situazioni di emergenza, come l’infarto o l’annegamento, ossia situazioni in cui la respirazione o il battito cardiaco si interrompono.

Nel 2010, in seguito all’aggiornamento delle linee guida della American Heart Association, è consigliato a tutti (personale medico e semplici testimoni del malore) eseguire la rianimazione cardiopolmonare con il massaggio cardiaco.

Il massaggio cardiaco non è pericoloso, anche nel caso in cui il cuore del paziente stia ancora battendo. Inoltre, non bisogna preoccuparsi di eventuali pacemaker o bypass e della possibile rottura di una costola, in quanto l’alternativa è quasi sicuramente la morte del soggetto.

Attualmente, in caso di arresto cardiaco, un solo paziente su quattro è sottoposto alla rianimazione cardiopolmonare. A tal proposito, risulta opportuno ricordare che è sempre meglio intervenire piuttosto che esimersi per paura che le proprie conoscenze o capacità non siano adeguate.

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Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice
Scritto da Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice

Diplomata al Liceo Scientifico PNI in Matematica, ho iniziato i miei studi presso la facoltà di Biotecnologie dell’Università degli Studi di Milano, successivamente ho prediletto la facoltà di Science Communication & Bionics presso una Università Internazionale con sede in Germania. Attualmente sto assistendo in un progetto di ricerca finanziato dall’Unione Europea.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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