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Cisti ovarica: quando preoccuparsi

Redazione

Ultimo aggiornamento – 12 Aprile, 2022

Cisti ovarica e tumore dell'ovaio

Dr. Gianfranco Blaas, specialista in ginecologia. 


Tumore ovarico: è il sesto tumore più diffuso fra le donne, con 5.000 nuovi casi ogni anno. Abbiamo chiesto al dr. Gianfranco Blaas, specialista in ginecologia, quali sono i rischi legati alle cisti ovariche e quando preoccuparsi che queste possano evolvere in gravi forme tumorali.

Cisti ovariche: quando preoccuparsi?

Partiamo da alcuni presupposti che ci devono far riflettere sulla importanza dell’argomento:

Il tumore ovarico è una delle maggiori cause di morte in donne con tumori ginecologici. Il rischio di sviluppare un tumore ovarico aumenta con il passare degli anni e la maggior parte dei casi si riscontra in donne di età superiore ai 50 anni.

Qualsiasi neoformazione ovarica può nascondere un tumore ovarico e, all’esordio, la malattia può decorrere asintomatica e nel tempo possono presentarsi dei sintomi non specifici, quali addome disteso e dolente, problemi gastrointestinali e spossatezza.

Io ho sempre sostenuto con le mie pazienti un paradosso: “l’utero è un organo onesto, l’ovaio è disonesto”. Che significa? Che l’utero che ha una patologia grave dà sempre segnali della malattia (anche mediante metodi di prevenzione – vaccinazione anti HPV – e/o diagnosi precoce – pap test, mentre l’ovaio non conosce prevenzione, né diagnosi precoce: quando si hanno sintomi di malattia ovarica, spesso si è in una fase avanzata della stessa).

Naturalmente ciò non vuol dire che un una tumefazione ovarica è sintomo di tumore maligno.

Importante è sapere che l’ovaio ha due funzioni fondamentali nell’organismo femminile:

  • La prima è la produzione di ovociti, contenuti, durante la loro fase di maturazione in  “scatolette” dette: Follicoli di Graaf.
  • La seconda funzione ovarica è quella di ormonogenesi: produce soprattutto estrogeni e progesterone, che sono gli ormoni che regolano mese per mese la attività riproduttiva, modificando la struttura uterina in funzione di una possibile gravidanza. Tutta questa attività generativa e ormonale è presieduta da una “centralina”, che abbiamo alla base del cranio: la ghiandola ipofisi, che genera un flusso di informazioni di andata e ritorno per il buon funzionamento di tutte le altre ghiandole del nostro corpo.

Tornando all’ovaio, allora possiamo dire che una tumefazione o cisti può essere di tipo congenito o derivare da un malfunzionamento della parte germinativa (che produce gli ovociti) o della parte “stromale”, cioè della parte strutturale dell’ovaio stesso (paragonabile alle fondamenta, alle zone di sostegno di una casa). Le forme congenite sono dette “disgerminomi o cisti dermoidi”.

La donna le porta dentro sin da prima della nascita: si dice che è come se avesse un gemello entro il suo ovaio. Infatti, in queste cisti dermoidi si trovano tutte le strutture base di un futuro corpo umano: ossa, peli, capelli, grasso e, a volte, organi parzialmente funzionanti, come la tiroide embrionaria. Sono cisti non soggette, se non in rarissimi casi, a degenerazione maligna.

L’unico pericolo è che crescano negli anni e possano portare a una torsione dell’ovaio sul proprio asse, determinando una necrosi locale per il blocco dell’afflusso di sangue, o possano rompersi, versando all’interno della cavità peritoneale il proprio contenuto, determinando una peritonite. Anche in questo caso, i sintomi tenderanno a comparire tardivamente o solo mediante una radiografia o ecografia fatte per altri motivi.

Se consideriamo la porzione ovarica che contiene e porta a maturazione gli ovociti, in effetti, ogni mese si ha una microcisti (cisti follicolare), che nel momento della ovulazione esploderà, liberando la cellula uovo, cui seguirà una piccola emorragia, che potrà restare chiusa in ambito ovarico (cisti luteinica) o, invece, in caso di rottura della parete in corrispondenza di un vaso sanguigno, dare un quadro di dolori riferibili a spandimento di sangue nell’intestino.

A volte, succede che la cisti follicolare giunga a essere di grandi dimensioni, essendo cresciuta un po’ ogni mese. Anche in questo caso, l’unico segnale che può allarmare è la comparsa di perdite ematiche uterine al di fuori del ciclo normale. Ciò è dovuto al contenuto della cisti follicolare (estrogeni), che inducono un ingrossamento anomalo della mucosa uterina.

In tutte queste evenienze, la diagnosi di tumefazione ovarica è comunque occasionale (in corso di altri esami) o tardiva (perché vi sono già sintomi evidenti). Comunque, non vi sono pericoli per la vita della paziente, e una volta concluso l’evento acuto si risolve il problema.

Vi sono poi casi in cui, per vari motivi anatomici e fisiologici, vi sono più follicoli in buona fase di maturazione, ma che non scoppiano e si pongono alla periferia ovarica a forma di “corona radiata”: si tratta di micropolicistosi ovarica, che dà, peraltro, segni abbastanza precoci e inequivocabili di alterazione ovarica.

Discorso a parte merita un’altra evenienza, che porta a formare cisti ovariche o para-ovariche: l’endometriosi. Si tratta di presenza di tessuto che normalmente riveste la cavità uterina, anche al di fuori dell’utero (per lo più a livello ovarico, ma anche a carico di altri organi). È un tessuto che tutti i mesi si ingrossa e poi desquama, dando la mestruazione. Ma quando non è nell’utero, non ha possibilità di uscire, per cui forma delle cisti. Il pericolo di queste cisti è che danno facilmente aderenze con gli organi vicini, causando, oltre sterilità, altri guai molto seri. Anche in questo caso la diagnosi è spesso tardiva e legata ai sintomi, soprattutto dolore.

Vi è quindi una vera prevenzione per il tumore ovarico?

No. L’unica arma che abbiamo è la diagnosi precoce, fatta mediante visita ginecologica, o ecografia e poi, eventualmente, con TAC e/o risonanza magnetica nucleare.

Quando il ginecologo diagnostica una tumefazione di consistenza teso elastica ai lati dell’utero, senz’altro chiede una ecografia. Il quadro ecografico può dimostrare una struttura solida della tumefazione: si impongono allora altri esami, tra cui anche una radiografia dell’addome per escludere le cisti dermoidi.

La tumefazione ha aspetto cistico, perché al suo interno è prevalente una sostanza “ecopriva”. Guardiamo le pareti esterne: se sono lisce ed integre è un buon segno. Guardiamo all’interno della parete: vi sono tralci o formazioni tipo radici o vediamo contenuto in parte liquido ed in parte solido. Allora sono tutti segni sospetti.

A cosa servono i marcatori tumorali?

Di solito, quando si trova alla visita o alla ecografia una cisti ovarica, si richiedono esami del sangue che possano essere indicatori di esistenza o di sospetto di neoplasia maligna. Il più classico degli indicatori è il Ca125. Non è però altamente specifico, in quanto si altera anche quando vi è infiammazione peritoneale di altra natura, o dopo un intervento sull’addome.

Il Ca125 si innalza, inoltre, nella endometriosi. Lo stesso discorso vale per il dosaggio del Ca 19.9. Ultimamente, si è ricorsi al dosaggio di un nuovo marcatore: L’HE4 (Human Epididymis Protein 4), una proteina 11kDa precursore della proteina secretoria epididimale E4, che viene espressa in modo eccessivo nel carcinoma ovarico. I tessuti ovarici normali presentano livelli minimi di espressione genica e produzione di HE4.

Tutti questi marcatori, in definitiva servono a monitorare l’esito delle cure in tumore maligno già identificato e trattato, più che a fare diagnosi.

Come si curano le cisti ovariche? 

Per le cisti “funzionali”, legate cioè alla funzione ovarica e, nella fattispecie, le cisti follicolari o luteali, di solito vi è una risoluzione spontanea senza bisogno di interventi. Alcuni medici mettono a “riposo” le ovaie per alcuni mesi, somministrando la “pillola” estro-progestinica, ma i risultati non sono sempre efficaci. Si interviene con la chirurgia solo in caso di cisti grosse, torte, o che si rompono dando un quadro di peritonite (per lo più il liquido cistico e il dolore scompaiono spontaneamente). A volte, in presenza di cisti quasi sicuramente funzionali, e del diametro di almeno 4 cm, si procede a loro agoaspirazione sotto guida ecografica

Le cisti endometriosiche richiedono sia cure mediche che chirurgiche e devono essere seguite nel tempo. Le cisti dermoidi si asportano se divengono di almeno 4 cm di diametro o se danno dolori.

L’ovaio micropolicistico richiede cure multi specialistiche, perché spesso si accompagna a resistenza alla insulina.

Le cisti ovariche in gravidanza: che fare?

Nei primi tre mesi di gravidanza, è costante trovare, a carico dell’ovaio che ha prodotto l’uovo poi fecondato, il corpo luteo gravidico, che serve a produrre il progesterone, che poi verrà prodotto dalla placenta. Le cisti funzionali, così come le cisti endometriosiche, tendono a regredire in gravidanza. Le cisti dermoidi saranno eventualmente asportate dopo la gravidanza.

Quindi, in gravidanza prevale l’atteggiamento conservativo, considerando anche che, data l’età la incidenza di possibile tumore maligno dell’ovaio è rarissima.

In conclusione il mio consiglio è di fare, oltre al pap test ed alla ecografia mammaria con eventuale mammografia, una ecografia pelvica (con sonda trans vaginale, che permette una visione più ravvicinata e accurata della zona), almeno una volta l’anno.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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