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Siamo certi che il colesterolo buono non faccia male?

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Colesterolo Buono: qual è la sua Funzione?

Negli anni, mentre moltissime evidenze scientifiche hanno consolidato la certezza che alti livelli di lipoproteine a bassa densità (LDL) – comunemente note come “colesterolo cattivo” – contribuiscono allo sviluppo dell’aterosclerosi e delle sue conseguenze cliniche, le lipoproteine ad alta densità (HDL) – il “colesterolo buono” – sono sempre state considerate protettive.

Le HDL svolgono la positiva funzione di “spazzini”, poiché rimuovono il colesterolo in eccesso dai tessuti periferici per portarlo al fegato, opponendosi così alla formazione della placca aterosclerotica. Bassi livelli di HDL sono, infatti, associati a un maggior rischio cardiovascolare ed è generalmente auspicabile elevarli. Tuttavia, alcune ricerche recenti suggeriscono che livelli di HDL oltre il limite della normalità potrebbero essere dannosi.

HDL, colesterolo buono – funzioni, storia ed evidenze recenti

La convinzione che il colesterolo HDL svolga un ruolo protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari è nata dalle osservazioni di moltissimi studi epidemiologici e sperimentali. Contrariamente ai soggetti sani, gli individui affetti da malattia cardiovascolare, infatti, mostrano frequentemente bassi livelli di HDL. In merito alle funzioni, oltre al trasporto del colesterolo dai tessuti periferici al fegato, alle HDL sono state attribuite anche altre proprietà: antinfiammatoria, antiossidante, antiangiogenica.

Al fine della riduzione del rischio cardiovascolare, quindi, è sempre apparso utile alzare i livelli di HDL, sebbene diversi lavori scientifici avessero comunque evidenziato che non esiste una relazione lineare tra colesterolo HDL e rischio cardiovascolare. Ad esempio, è stato dimostrato che non vi è un ulteriore miglioramento della prognosi delle malattie cardiovascolari, se i livelli di HDL sono maggiori di 60 mg/dl (1,5 mmol/l). Proprio il rapporto tra HDL e rischio cardiovascolare, ovvero la probabilità di sviluppare una patologia cardiovascolare, è la questione su cui si stanno concentrando molti gruppi di ricerca negli ultimi anni.

I lavori più recenti indirizzano a rivedere un poco le posizioni precedenti: forse aumentare notevolmente il “colesterolo buono” non è così necessario, anzi in alcuni casi il “colesterolo buono” potrebbe non essere così “buono”. Già da uno studio, condotto nel 2008 da un gruppo di ricercatori olandesi, è emerso che è possibile che le elevate concentrazioni di colesterolo HDL aumentino il rischio di malattia coronarica.

Successivamente, diverse analisi su migliaia di pazienti hanno messo in evidenza che l’effetto del colesterolo HDL è variabile. Nei pazienti con diabete mellito, patologie coronariche, insufficienza renale cronica, fattori di rischio e disordini cardiovascolari, il colesterolo HDL non ha effetto protettivo a livello vascolare, anzi può anche avere effetti negativi.

Probabilmente quest’effetto paradosso è dovuto al fatto che la funzione del colesterolo HDL è alterata in questi individui, cioè il colesterolo HDL molto elevato rappresenta un HDL “disfunzionale”. Non solo, secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Journal of the American College of Cardiology, svolto in Canada su più di 631 mila individui che non avevano mai sofferto di malattie cardiovascolari o altre patologie gravi, per i pazienti con livelli molto elevati di HDL (>70 mg/dl per gli uomini e >90 mg/dl per le donne) vi è un aumento del rischio di mortalità per malattie non cardiovascolari.

Questo risultato è stato ottenuto insieme a quello atteso, cioè il maggior rischio di morte per malattia cardiovascolare (ma anche per cancro, e questo è il primo studio a dimostrarlo) per i soggetti con bassi livelli di HDL. Lo studio, cioè, ha evidenziato che esiste una relazione complessa tra livelli di HDL, malattia e mortalità, perciò occorre rivedere l’idea che questo parametro sia un fattore specifico per determinare il rischio cardiovascolare.

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Colesterolo buono e cattivo, i punti fermi

Sebbene siano necessari ulteriori studi per chiarire meglio il rapporto tra i livelli di colesterolo buono e il rischio di patologie e mortalità (cardiovascolare o per altre cause), rimangono dei punti fermi nelle conoscenze finora acquisite.

Livelli elevati di LDL indicano un disturbo del metabolismo lipidico e un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, perciò è necessario riportare nei limiti della normalità questo parametro. Bassi livelli di HDL predispongono ad eventi cardiovascolari (infarto, ischemia, ictus), soprattutto per i soggetti affetti da patologia cardiovascolare, quindi innalzare la concentrazione di queste lipoproteine nel sangue rimane cosa buona e giusta, ma senza esagerare perché potrebbe o essere del tutto inutile o, addirittura, dannoso.

Aumentare i livelli di HDL è possibile aderendo a uno stile di vita sano: esercizio fisico regolare, dieta equilibrata e cessazione di pessime abitudini, come il fumo, sono tutti fattori associati effetti protettivi sull’apparato cardiocircolatorio. Alla luce delle nuove evidenze scientifiche che si stanno accumulando, appare abbastanza inutile ricorrere ai farmaci in grado di innalzare le HDL.

Un’analisi del colesterolo (da fare a casa!)

La scienza e il progresso sono dalla parte della salute, proponendo soluzioni utili a un controllo costante – anche da casa – dei livelli di colesterolo. Parliamo, dunque, di Test del Colesterolo che permettono di rilevare i livelli di colesterolo totale nel sangue, attraverso un metodo colorimetrico con determinazione semi-quantitativa.

Si prende in esame un minimo campione di sangue che reagisce con alcuni enzimi presenti nella striscia-test, che si colora di verde. L’intensità del colore e la gradazione tendono ad aumentare in base alla concentrazione di colesterolo. Il colore finale si confronta, infine, con la carta comparativa fornita che indica il valore misurato.

Essere consapevoli della propria salute non è mai stato così semplice! Perché, quindi, non provare subito?

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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