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Dolore pelvico cronico: come riconoscere la causa?

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Dolore pelvico: le Cause

A cura di  fondazioneonda


L’esperienza con il dolore è qualcosa di estremamente soggettivo: la componente neurologica (che ha il compito di ricevere e trasportare lo stimolo dalla periferia al cervello) è infatti influenzata da variabili affettive e psico-cognitive, da vissuti personali e da fattori socio-culturali.

Il dolore costituisce un importante sistema di difesa che ha la funzione di allertare e proteggere l’organismo. In alcuni casi può, però, verificarsi un’alterazione delle strutture nervose deputate alla sua conduzione ed elaborazione, che determina l’instaurarsi di un circolo vizioso di auto-mantenimento della sensazione dolorosa, indipendente dalla causa che l’ha generato; in poche parole, pur eliminando la causa, il dolore rimane. Il dolore perde così il suo significato iniziale, diventando a sua volta una vera e propria malattia che, come tale, deve essere correttamente inquadrata e curata.

Dolore pelvico cronico, diverse le cause possibili

Il dolore pelvico cronico è definito come un dolore ciclico o continuo, della durata di almeno 3-6 mesi, localizzato alla parte bassa dell’addome (pelvi), e di entità tale da limitare le attività quotidiane. Può dipendere da diverse patologie, spesso coesistenti; la pelvi accoglie infatti, oltre agli organi dell’apparato urinario e riproduttivo, anche del gastroenterico oltre che muscoli, legamenti, articolazioni e una fitta rete di innervazione.

Tra le cause più frequenti si annoverano l’endometriosi, la vulvodinia, la malattia infiammatoria pelvica, la sindrome del colon irritabile, la sindrome della vescica dolorosa/cistite interstiziale e la sindrome da dolore della muscolatura del pavimento pelvico.

Il dolore è il sintomo principale, ma può associarsi ad altre manifestazioni cliniche (come disturbi urinari, dolore alla penetrazione, alterazioni della funzione intestinale), a seconda degli organi colpiti dai processi infiammatori.

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Il dolore non è “nella testa”

La sintomatologia è spesso sottovalutata dai medici che la riconducono a fattori “psicologici”, mentre il dolore ha una causa biologica che è l’infiammazione, responsabile della liberazione di milioni di molecole che determinano una vera e propria tempesta infiammatoria che a sua volta comporta la sregolazione dei meccanismi centrali del dolore.

Questa alterazione può amplificare la percezione di stimoli non dolorosi fino a renderli dolorosi oppure accentuare la sensazione di stimoli poco dolorosi o ancora mantenere la percezione del dolore in assenza di stimolo. Ecco come il dolore diventa malattia.

Dolore e solitudine

Alla sofferenza fisica prodotta dal dolore si associa una sofferenza psicologica che impatta pesantemente sulla qualità della vita: le attività quotidiane, anche le più semplici, diventano un peso insostenibile, e l’incapacità di portare avanti i propri impegni familiari, domestici, lavorativi, sociali e ludici genera sensi di colpa, frustrazione, insoddisfazione e inadeguatezza, che spesso sono acuiti dalla incomprensione di chi sta intorno. Il dolore è talmente pervasivo da condizionare le attività quotidiane, inducendo a modificare i propri ritmi di vita.

Alcuni consigli pratici

  • Tenere un diario in cui registrare in modo sistematico la sintomatologia dolorosa, annotando di volta in volta le sue caratteristiche. Se compilato con costanza e precisione, il diario rappresenta un prezioso strumento per fornire al medico una rappresentazione completa e precisa della sintomatologia, guidandolo così nella diagnosi differenziale.
  • Rivolgersi a strutture specializzate, gestite da équipe multidisciplinari, composte da diverse figure professionali tra loro complementari, in grado di cogliere tutti gli aspetti che connotano questa patologia, di indagare tutte le possibili cause e di individuare le misure terapeutiche più indicate.

Nel caso in cui il dolore cronico sia sostenuto da una patologia di base, parte del programma terapeutico dovrà essere indirizzato al trattamento specifico della malattia (farmacologico o chirurgico). Per quanto riguarda le soluzioni terapeutiche per il controllo del dolore e delle modificazioni negative del sistema nervoso, il panorama delle possibilità è molto ampio, comprendendo farmaci, tecniche di “intervento” sulle strutture nervose, fisiochinesiterapia e, in virtù della componente emozionale del dolore e delle conseguenze psichiche, terapia psico-comportamentale e sostegno psicologico:

  • Seguire uno stile di vita dinamico e attivo. L’attività fisica contribuisce a ridurre l’infiammazione e il dolore, migliora il tono dell’umore e stimola il metabolismo, riducendo il rischio di sovrappeso (il tessuto adiposo è un grande produttore di molecole infiammatorie!). È opportuno, però, evitare però attività fisiche che incrementino il microtraumatismo in sede vulvare (spinnig e cyclette) ed esercizi che possano accentuare la contrattura della muscolatura pelvica (addominali).
  • Privilegiare un regime alimentare sano e bilanciato, ricco di verdura, cereali, legumi, pesce. Sebbene non vi siano specifici studi in merito, è noto che assumere alcolici, cibi speziati e alimenti molto acidi (come agrumi e pomodori) può accentuare i disturbi urinari, così come l’assunzione di elevate quantità di zuccheri e prodotti lievitati può favorire l’insorgenza di infezioni vulvo-vaginali da candida, elemento di frequente riscontro in pazienti con vulvodinia.
  • Prendersi cura del pavimento pelvico nella quotidianità, eseguendo regolarmente esercizi di contrazione e rilassamento della muscolatura pelvica. È importante imparare a eseguire questi esercizi in modo corretto, condividendo con il proprio specialista di riferimento modalità e tempi di esecuzione della ginnastica.
  • Evitare indumenti come jeans e pantaloni stretti.

La fondazione Onda ha di recente condotto un’indagine tra pazienti e specialisti, i cui risultati evidenziano che questa è una patologia molto frequente, anche se non viene affrontata correttamente. Oltre ad una scarsa conoscenza da parte delle donne, spesso manca una corretta presa in carico da parte del ginecologo. Per quanto sia una problematica diffusa (1 donna su 3 infatti dichiara di soffrirne), solo nel 10% dei casi trova un inquadramento diagnostico. Per questo motivo la fondazione Onda ha realizzato, in collaborazione con AlfaSigma, un diario mensile stampabile, oltre a una brochure dove approfondire numerosi aspetti legati a questo tipo di disturbo e a una App con dei consigli ed esercizi di ginnastica utili.

Guarire dal dolore è possibile!

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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