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Nelle nostre feci c’è la plastica, ma non sappiamo i rischi che si corrono

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

plastica nelle feci

Nelle nostre feci c’è la plastica. Proprio così. La conferma arriva da uno studio – il primo – effettuato su campioni di deiezioni umane raccolte da un gruppo di partecipanti provenienti da più parti del mondo, tra cui l’Italia.

Ma quanta plastica mangiamo? E, soprattutto, quali sono i rischi per la nostra salute?

Microplastica nelle feci: 20 particelle ogni 10 grammi

Una ricerca che ha coinvolto un gruppo di partecipanti provenienti da diversi paesi del mondo – Italia compresa – ha dimostrato che nelle nostre feci vi sono tracce di plastica. Tutto vero.

Al gruppo preso in esame, è stato chiesto infatti di seguire una dieta per un determinato periodo di tempo, raccogliendo di volta in volta piccoli campioni di feci. Dalle analisi effettuate è emersa la presenza di frammenti di 10 tipologie di plastiche grandi tra 50 e 500 micrometri.

Dunque, circa 20 particelle di microplastica su 10 grammi di feci. Le tipologie? Gli scienziati sembrano aver riscontrato in maggior misura la presenza di polipropilene (PP) – riscontrabile in una miriade di prodotti dalle sedie alle custodie per CD – e il polietilene tereftalato (PET), utilizzato principalmente per produrre contenitori per bevande e cibi.

Cosa sono le microplastiche e quali sono i rischi per la nostra salute

Plastica oppure no? Sì, ma di grandezza inferiore a 5mm. Sono queste le microplastiche, che provengono inaspettatamente da molti prodotti che fanno parte del nostro utilizzo quotidiano, tra cui contenitori alimentari e bottigliette varie. Secondo gli studi effettuati, sebbene piccoli, questi frammenti potrebbero danneggiare il nostro tratto gastrointestinale, influenzando per di più la tolleranza e la risposta immunitaria del nostro intestino, attraverso la cosiddetta bioaccumulazione o permettendo la trasmissione di composti chimici tossici e patogeni.

Gli esperti ci mettono in allerta. Grazie a questo studio, infatti, si ha avuto la conferma definitiva che le microplastiche sono parte integrante della catena alimentare e che riescono a raggiungere direttamente il nostro intestino, entrando anche nel flusso sanguigno, nel sistema linfatico e, forse, persino nel fegato. Dove sono, ancora non lo sappiamo. Di certo, però, è noto che si trovino nei pesci in mare così come nel sale.

Secondo gli autori, “oltre il 50% della popolazione mondiale potrebbe avere particelle di plastica nel proprio intestino“, anche se si sottolinea la necessità di studi su più ampia scala per confermare questa teoria.

Il team di ricerca ha sottolineato infine la necessità di continuare a ridurre l’uso di plastica, aumentare il riciclaggio e migliorare lo smaltimento.

Se in Italia, a partire dal Ministero dell’Ambiente diventato “plastic free“, si stanno adottando vari metodi per cercare di frenare l’inquinamento da plastica, in Gran Bretagna lo stesso processo sta rapidamente accelerando. Monouso e cannucce di plastica potrebbero essere infatti banditi a breve, entro un anno, così come i cotton fioc.

Non solo. Sono diverse le nazioni che hanno già detto addio ai sacchetti di plastica e anche gli Usa, grandi consumatori di plastica, sembrano muoversi in questa direzione.

Basteranno queste misure per limitare – o azzerare – la presenza della plastica nel nostro intestino?


FONTE

Lo studio è stato effettuato dai ricercatori dell’Agenzia dell’Ambiente austriaca su un gruppo di partecipanti provenienti da Europa, Giappone e Russia.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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