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Malattia di Crohn: i farmaci biosimilari sono efficaci?

Redazione

Ultimo aggiornamento – 11 Gennaio, 2021

MICI e farmaci biosimilari

Malattia di Crohn e farmaci biosimilari: è possibile trattare la patologia seguendo una terapia di questo tipo?

Per rispondere a questa domanda, in primis è importante chiarire cosa sono i biosimilari. Si tratta di farmaci sicuri, efficaci e di qualità, che – come sostenuto dall’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) – hanno un ruolo chiave per la sostenibilità del sistema sanitario, permettendo un accesso “omogeneo” alle cure.

Nonostante questo, meno della metà dei pazienti colpiti dal Crohn conoscono questa possibilità (solo il 46.3%) e – ancor peggio – il 73.9% non ha una chiara idea delle loro caratteristiche: “il 10.6% pensa siano uguali ai farmaci originatori, mentre per il 9.2% pensa che potrebbero avere una sicurezza minore e il 12% un’efficacia ridotta“.

Questo è quanto emerge da una indagine svolta dall’Associazione dei pazienti malattie infiammatorie Croniche Intestinali A.M.I.C.I Onlus e dall’Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease.

L’indagine 👇

Parliamo, dunque, di una conoscenza molto deficitaria e non solo: “poco meno di due pazienti su dieci (il 18.9%) in trattamento con farmaci biosimilari dichiarano di aver firmato un consenso informato“.

Coinvolti nella survey circa 1.800 pazienti italiani (il 72% sono seguiti in Centri ospedalieri, il 23.4 da Centri Universitari e solo il 4.7 da privati), con Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), malattia di Crohn e Colite ulcerosa. 

I più informati (il 41.1%) hanno affermato di avare una più alta attenzione verso questi farmaci, utili ad alleggerire il carico economico del SSN. Solo il 5.7% dei pazienti si è schierato con il “NO” all’impiego dei biosimilari, per:

  • il timore di avere più effetti collaterali (il 38.2%);
  • la preoccupazione di una minore efficacia della terapia (il 14.6%);
  • o per entrambe le possibilità (il 25.5%).

C’è da dire che per alcuni il rifiuto è stato legato a una precedente inefficacia (34.9%).

Quello sull’esistenza e l’uso dei farmaci biosimilari è argomento di attuale e fondamentale importanza – ha affermato il dr. Ambrogio Orlando, Responsabile Unità Operativa Semplice Dipartimentale MICI presso l’A.O. Ospedali Riuniti “Villa Sofia-Cervello” di Palermo – in particolare in un momento in cui , alla luce dell’arrivo di nuovi farmaci ad alto costo per la cura di queste malattie, diventa fondamentale e indispensabile liberare risorse per mantenere sostenibile la spesa sanitaria in Italia e nel mondo. Dai dati della Survey sono emerse informazioni estremamente utili e fondamentali che devono far riflettere sulle azioni future da intraprendere per migliorare la sensibilità e la conoscenza sull’esistenza e l’uso dei farmaci biosimilari. Un utilizzo ancora molto basso rispetto, per esempio, ad altri paesi del Nord Europa che hanno raggiunto tassi di utilizzo dell’80-90 %. Ritengo quindi – continua– sia indispensabile a intraprendere una campagna di sensibilizzazione mirata sull’argomento coordinata e condivisa dall’Associazione dei pazienti e la Società scientifica di rifermento per migliorare le conoscenze dei pazienti, in vista anche all’imminente arrivo sul mercato di altri farmaci biosimilari per la cura delle malattie infiammatorie croniche intestinali”.

Educazione e sensibilizzazione del paziente ✍

L’educazione e l’informazione sono, dunque, due elementi necessari per aprire la strada ai biosimilari.

In accordo con le associazioni dei pazienti stessi – sottolinea il Professor Alessandro Armuzzi, Segretario Generale di IG-IBD – la sicurezza di un farmaco biosimilare approvato dall’Ema va considerata equivalente a quella del farmaco originatore, pur rimanendo necessari studi osservazionali di larghissima taglia per monitorizzarla nel lungo termine. Laddove sia stata confermata la biosimilarità, ogni biosimilare può essere considerato intercambiabile con l’originatore. Di conseguenza, il passaggio (switch) dal farmaco originatore al biosimilare della stessa molecola è accettabile. Al contrario, lo switch da un biosimilare a un altro ed i multipli passaggi andrebbero evitati, in assenza di dimostrazioni dirette e specifiche di efficacia e sicurezza. La sostituzione automatica della prescrizione deve invece essere evitata. Dato che il medico è l’unico responsabile della prescrizione di un farmaco biotecnologico, questa responsabilità non può essere avocata ad altri stakeholder. Lo switch da un originatore a un biosimilare deve avvenire previo un adeguato processo di informazione e consenso da parte del paziente”.

A discuterne, proprio oggi AMICI ONLUS in una conferenza stampaBIOSIMILARI – Il punto di vista dei pazienti con Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino“, a Roma, presso la Camera dei Deputati.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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