Digital minimalism e decluttering digitale: riscoprire il tempo e lo spazio mentale

Mattia Zamboni | Seo Content Specialist

Ultimo aggiornamento – 16 Maggio, 2025

Un telefono spento su un tavolo

Viviamo in un’epoca in cui essere sempre connessi è normale: tra e-mail, notifiche, chat e social media, il nostro spazio digitale si è riempito fino a diventare, spesso, un vero e proprio caos.

Se da un lato la tecnologia promette efficienza e connessione, dall’altro rischia di erodere la nostra attenzione, la qualità delle relazioni e persino la nostra salute mentale.

È qui che entrano in gioco il digital minimalism e il decluttering digitale: non semplici tendenze, ma veri e propri strumenti per riprendere il controllo della propria vita.

Minimalismo digitale: c’è vita oltre lo schermo

Secondo uno studio del 2023 condotto dal Pew Research Center, il 95% degli adulti statunitensi possiede uno smartphone e quasi il 50% dichiara di sentirsi dipendente dal proprio dispositivo. In Italia, invece, il rapporto Digital 2024 di We Are Social mostra che gli utenti trascorrono in media quasi 6 ore al giorno online, di cui più di 2 ore sui social.

I numeri, dunque, parlano chiaro: siamo sovraesposti, iperstimolati e saturi. Ciononostante, raramente ci si interroga su cosa comporti questa iperconnessione. Il multitasking digitale, per esempio, riduce la nostra capacità di concentrazione.

Uno studio dell’Università di Stanford ha dimostrato che chi passa da un'app all’altra frequentemente ha maggiori difficoltà a filtrare le informazioni irrilevanti e a rimanere focalizzato.

Ma cos’è il digital minimalism? Questo concetto è stato formalizzato da Cal Newport, professore di informatica alla Georgetown University, nel suo libro Digital Minimalism: Choosing a Focused Life in a Noisy World (2019). Newport propone un approccio intenzionale all'uso della tecnologia: meno dispositivi, meno app, meno tempo online.


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Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di scegliere consapevolmente come e quando usarla, restituendole un ruolo funzionale e non totalizzante.

È una filosofia che pone al centro il benessere e la qualità della vita, ribaltando la logica dell’invasività algoritmica che domina molti dei servizi digitali attuali.

Decluttering digitale: non solo ordine, ma igiene mentale

Il decluttering digitale, ispirato in parte al concetto di decluttering fisico reso popolare da Marie Kondo, si traduce in una serie di azioni concrete: svuotare la casella email, disinstallare app inutili, archiviare file obsoleti, mettere ordine nelle cartelle cloud, limitare le notifiche push.

Ma, al di là dell’aspetto organizzativo, il decluttering ha un impatto diretto sulla nostra psiche: uno studio del 2011 pubblicato sul Journal of Neuroscience ha evidenziato che un ambiente (fisico o digitale) disordinato riduce la nostra capacità di concentrazione e aumenta il senso di stress. 

Eliminare il superfluo, quindi, non è solo questione di efficienza, ma di benessere mentale.

Come iniziare: strategie concrete

Diminuire il tempo online è un argomento molto delicato: per trattarlo al meglio abbiamo deciso di chiedere il parere del Dr. Alessio Carciofi, professore universitario di benessere digitale, autore ed esperto di digital detox conosciuto su Instragram come @alessiocarciofi – nonché curatore di una newsletter in cui si esplorano consigli e strategie innovative per potenziare il proprio rapporto con la tecnologia e il business

Fare spazio, anche nel digitale, è un atto mentale prima che materiale.
 
Non serve rivoluzionare tutto: bastano piccoli miglioramenti per cambiare traiettoria. 

Ecco cinque gesti quotidiani, semplici ma potenti, per iniziare un decluttering digitale che parli di cura, non di controllo:

  • silenziare il caos: ridurre o eliminare le notifiche a ciò che conta davvero è un primo passo fondamentale. Ogni “ping” non necessario ruba attenzione e frammenta il pensiero. Bastano pochi step per ritrovare silenzio e presenza;
  • app in prima linea? Solo quelle essenziali: fotocamera, note, mappe, timer: sono queste le app che aiutano nella vita quotidiana. Le altre andrebbero spostate in cartelle o in una schermata secondaria. Non per rinuncia, ma per interrompere i gesti automatici che portano a scrollare senza volerlo;
  • email? Non portarla dappertutto: l’idea dell’inbox zero può diventare una fonte d’ansia. È più utile rieducare il gesto compulsivo di controllare la posta ogni volta che c'è un momento libero. Nei weekend, ad esempio, non tenere l'app email nella schermata principale: anche un piccolo cambiamento può fare la differenza; 
  • browser snello, mente più chiara: troppe schede aperte equivalgono a troppe finestre mentali socchiuse. Meglio salvare nei preferiti ciò che conta davvero e chiudere il superfluo. Ridurre il disordine visivo aiuta anche a rallentare il pensiero e a recuperare lucidità;
  • sui social, spazio a ciò che nutrepulire il feed dai contenuti che agitano, distraggono o prosciugano attenzione è un atto di consapevolezza. Il doomscrolling – tendenza a scorrere all'infinito tra notizie e post negativi – non informa, ma logora.

Un gruppo di ragazzi seduti su un telo nel parco, con un cane

Nessun senso di colpa: basta chiedersi se ciò che si vede fa bene o disturba. Non bisogna vedere tutto, ma solo ciò che serve davvero.

E, se si iniziasse oggi da un gesto soltanto?   Non per efficienza, ma per leggerezza –   perché ogni volta che si alleggerisce lo schermo, si alleggerisce anche il respiro.

La ribellione digitale

In un’epoca in cui l’economia dell’attenzione è diventata una delle industrie più redditizie al mondo, scegliere di essere meno online è, in qualche modo, un atto di ribellione: ogni click, ogni scroll, ogni like è monetizzato, le piattaforme non hanno interesse a promuovere la nostra concentrazione o il nostro benessere, ma a prolungare il nostro tempo di permanenza.

Non basta disintossicarsi ogni tanto, serve ripensare radicalmente il nostro rapporto con la tecnologia. Questo significa anche educare le nuove generazioni a un uso più consapevole, anziché semplicemente limitare o proibire.

In molte aziende si sta già diffondendo una nuova sensibilità: e-mail solo in orari di lavoro, riunioni più brevi e meno frequenti, politiche di diritto alla disconnessione.

Ma la sfida vera è culturale: siamo pronti a rivedere il mito della produttività continua? A riscoprire il valore del silenzio, della lentezza, della noia persino?

Il digital minimalism non è una moda passeggera, ma una risposta a un malessere crescente: in un mondo in cui tutto spinge verso il “di più” – più contenuti, più notifiche, più engagement – scegliere il “meno” può essere rivoluzionario.

È un invito a riprenderci il tempo, l’attenzione, la lucidità, a ritrovare spazi di vuoto dove poter pensare, creare, respirare.

Perché alla fine, ciò che ci serve non è più tecnologia, ma un rapporto più umano con essa.

Il commento dell’esperto

Il Dr. Carciofi ci dà il suo parere sul momento storico in cui stiamo vivendo:

Viviamo in un tempo in cui la notifica ha preso il posto dell’intuizione.
 
Ogni suono, ogni vibrazione, ci interrompe: Siamo abituati a reagire subito, ma a sentire sempre meno.

In questa iperconnessione continua, perdiamo qualcosa di più profondo: la capacità di ascoltare davvero, di guardare le persone negli occhi, di fermarci, di rallentare. 

Basta poco: un attimo di attesa in fila, una pausa tra due riunioni, e subito la mano corre al telefono, spesso senza nemmeno volerlo.  È  lì che perdiamo attenzione. Non per colpa, ma per abitudine.

Spegnere lo schermo è accendere la presenza, è un gesto quasi controcorrente, che ci riporta al corpo.

Non si tratta solo di mettere via lo smartphone, ma di essere presenti con la mente, con il corpo, con lo sguardo.   Di recuperare la qualità delle relazioni, delle pause, dei pensieri.

Ma, per farlo, serve silenzio per sentire ciò che conta.   Serve fare spazio, togliere il superfluo, lasciare che emerga ciò che abbiamo messo in pausa da troppo tempo: un’idea, un’emozione, un’intuizione.   Anche la noia, se accolta, può diventare un varco. Un’opportunità per rallentare, pensare, ritrovare chiarezza.

Non si tratta di essere contro la tecnologia , ma di rimetterla al suo posto.
 
Siamo davvero sicuri che il nostro tempo, la nostra attenzione, meritino di essere spesi così? O possiamo scegliere qualcosa di diverso, che ci somigli di più?

È una scelta di equilibrio, di lucidità, di libertà. Il vero atto rivoluzionario, oggi, è l’attenzione. L’attenzione è cura. È amore.

Mattia Zamboni | Seo Content Specialist
Scritto da Mattia Zamboni | Seo Content Specialist

Ho conseguito la laurea in Scienze della Comunicazione con un particolare focus sullo storytelling. Con quasi un decennio di esperienza nel campo del giornalismo, oggi mi occupo della creazione di contenuti editoriali che abbracciano diverse tematiche, tra cui salute, benessere, sessualità, mondo pet, alimentazione, psicologia, cura della persona e genitorialità.

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