Il cancro all’endometrio (la mucosa che riveste le pareti interne dell’utero) colpisce ogni anno cinquemila donne in Italia. Si tratta, per fortuna, di un tumore poco aggressivo e “se diagnosticato agli stadi iniziali – spiega Mario Sideri, direttore dell’Unità di Ginecologia Preventiva dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano – ha una prognosi molto buona”.
Se da un lato i medici rassicurano le pazienti, è vero anche che nella maggior parte dei casi la cura è molto radicale: quasi sempre si sceglie la strada dell’isterectomia ovvero dell’asportazione di utero e ovaie. E questo significa condannare alla sterilità le pazienti.
Per questo i ricercatori stanno studiando nuove terapie che consentano alle donne di curare il tumore senza rinunciare a una futura gravidanza.
Secondo la ricerca condotta, insieme ad altri ricercatori, dal dottor Sideri e pubblicata sulla rivista Annals of Oncology la spirale, dispositivo intrauterino usato come anticoncezionale, consente di curare il tumore senza asportare l’utero.
La ricerca è durata tredici anni e si è conclusa lo scorso anno con risultati incoraggianti. Ai test hanno partecipato 39 donne dai 20 ai 40 anni con lesioni precancerose (iperplasia endometriale atipica) o con un tumore alle fasi iniziale e circoscritto all’endometrio.
Il trattamento prevede l’inserimento di una spirale con rilascio di un farmaco progestinico, il levonorgestrel, associato a un’iniezione mensile di un ormone che rilascia gonadotropina. L’effetto combinato dei due principi attivi è stato una regressione dello sviluppo del tumore perché da un lato il levonorgestrel inibisce la crescita dell’ endometrio, mentre la gonadotropina blocca la produzione di estrogeno, che favorisce lo sviluppo del tumore.
Dopo un anno, dato che la malattia non era progredita, la spirale è stata rimossa e le donne hanno potuto programmare una gravidanza. Portate a termine le gravidanze le donne sono state sottoposte a isterectomia per garantire la protezione assoluta dalle recidive.
Per quello che riguarda i risultati complessivi della sperimentazione, la maggior parte delle pazienti ha avuto una risposta immediata e totale al trattamento e solo in alcuni casi sono stati necessari nuovi interventi. Oggi tutte le donne stanno bene, non hanno segni di malattia e nove di loro hanno avuto un bambino con gravidanze naturali.
I risultati di questa ricerca sono al momento un punto di partenza importante, adesso lo studio dovrà coinvolgere un numero più ampio di pazienti.