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Scoperta l’origine del morbo di Alzheimer

Stefania Virginio

Ultimo aggiornamento – 09 Maggio, 2017

morbo di alzheimer: scoperta l'origine della malattia nella dopamina

È appena stata pubblicata su Nature Communications la notizia della scoperta dell’area da cui scaturisce il morbo di Alzheimer: è la zona che “regola l’umore”, ovvero l’area tegmentale ventrale, dove viene prodotta la dopamina, il neurotrasmettitore collegato anche ai disturbi dell’umore.

La dopamina: il neurotrasmettitore responsabile dell’Alzheimer

Fino ad ora, la medicina aveva sempre sostenuto che l’origine del morbo di Alzheimer fosse da ricercare nell’ippocampo, quella zona che si trova nel sistema nervoso e che regola la memoria, proprio perché, uno dei primi sintomi che fanno presagire l’arrivo della malattia, è la perdita della memoria.

Con questa nuova ricerca, sembra che sia la parte del cervello preposta alla produzione di dopamina la responsabile del morbo. È stato un gruppo di medici italiani della Fondazione IRCCS Santa Lucia del Cnr di Roma e dell’Università Campus Bio Medico a scoprire questo meccanismo, che sarà importantissimo per far sì che si possano analizzare anche tutti gli altri funzionamenti che portano allo sviluppo della malattia.

Il professore associato di Fisiologia Umana e Neurofisiologia all’Università Campus Bio Medico di Roma, Marcello D’Amelio, ha spiegato che, per arrivare a questo importante risultato, è stata fatta un’analisi molto precisa della morfologia del cervello. L’ippocampo, quando non riceve sufficiente dopamina, comincia a dare segni di malfunzionamento, provocando le prime perdite di memoria.

Quando i ricordi cominciano a svanire

Le persone che vengono colpite maggiormente dal morbo di Alzheimer hanno più di 60 anni; in Italia ce ne sono almeno mezzo milione. Gli ultimi 20 anni di ricerca si sono concentrati sull’individuazione delle cause principali scatenanti la malattia.

Credendo che la prima area colpita dovesse essere per forza di cose quella preposta ai ricordi, essendo i primi a scomparire, i ricercatori non avevano allargato la loro ricerca nelle altre aree del cervello. In particolare, la zona che non era stata ancora presa in considerazione era quella tegmentale ventrale, un’area che si trova nella parte più profonda del sistema nervoso centrale, difficile da raggiungere anche a livello neuro-radiologico.

Le cellule cerebrali che muoiono con l’avanzare della malattia sono quelle che producono la dopamina e l’insufficiente approvvigionamento di questa sostanza generava dei blackout che a loro volta provocavano la perdita della memoria.

L’effetto è stato descritto come quello del “domino”, ovvero, a morire in principio erano via via i neuroni che si trovavano nell’area tegmentale ventrale e non quelli presenti nell’ippocampo, il quale si trovava solo sprovvisto di dopamina.

Due terapie per combattere l’Alzheimer

I risultati di laboratorio derivano dalla somministrazione animale di due tipi diversi di terapie:

  • una che ha il compito di degradare la dopamina;
  • l’altra, la L-DOPA, che è un amminoacido precursore della dopamina e che è già utilizzata per il trattamento della malattia di Parkinson.

Dopo queste cure, la memoria è stata ripristinata completamente in brevissimo tempo, oltre ogni aspettativa. Anche la voglia di vivere e la vitalità sono ritornate quelle di una volta. Con questo studio, anche l’area che controlla la variazione dell’umore è stata coinvolta, e infatti è anche da lì che viene rilasciata la dopamina.

Contrariamente a quello che si è pensato fino ad ora, i cambiamenti di umore non sono una delle conseguenze dell’Alzheimer, bensì un sintomo vero e proprio della malattia. Quindi, è da considerare la depressione come precursore della malattia.

Il futuro apre una nuova speranza nella cura dell’Alzheimer

Quello che si vuole approfondire adesso è principalmente l’area tegmentale ventrale attraverso strumenti diagnostici neuro-radiologi efficaci, che siano in grado di studiare a fondo la degenerazione dell’area e il suo funzionamento.

Non solo l’Alzheimer, ma anche il morbo di Parkinson potrebbe vedersi coinvolto in questa nuova terapia, in quanto anche in questa patologia è la mancanza di dopamina a provocare la malattia.

I farmaci che verranno utilizzati avranno il compito di bloccare le prime fasi del morbo, quando la quantità di neuroni ancora in vita è relativamente alta.

Come riconoscere il morbo di Alzheimer

Se un familiare comincia a presentare uno o più di questi sintomi, è il caso di rivolgersi ad un neurologo per degli esami più approfonditi:

  1. La perdita di memoria che sconvolge la quotidianità: uno dei segni più comuni dell’Alzheimer è la perdita di memoria, soprattutto dimenticare le informazioni recentemente apprese. Altri includono dimenticare date o eventi importanti; chiedere le stesse informazioni più e più volte; un aumento della necessità di fare affidamento su altri per farsi aiutare nei ricordi.
  2. Difficoltà nella risoluzione dei problemi: alcune persone possono avvertire dei cambiamenti nella loro capacità di sviluppare e seguire un piano. Possono avere difficoltà a seguire una ricetta o a tenere traccia delle bollette mensili, a concentrarsi e perdeno molto più tempo per fare le cose rispetto a prima.
  3. Difficoltà nel completare i compiti quotidiani: le persone con il morbo di Alzheimer spesso trovano difficoltà a completare le attività quotidiane. A volte, possono avere problemi nella gestione del proprio lavoro o nel ricordare le regole del proprio gioco preferito.
  4. Confusione di tempo o luogo: le persone con il morbo di Alzheimer possono dimenticare le date, le stagioni e il passare del tempo. Possono avere difficoltà a capire qualcosa, se non sta accadendo immediatamente. A volte riescono a dimenticare dove sono o come ci sono arrivati.
  5. Difficoltà a comprendere immagini visive e relazioni spaziali: per alcune persone, avere problemi di vista è un segno del morbo di Alzheimer. Possono avere difficoltà a leggere, a giudicare la distanza e a determinare un colore.

La speranza è che la nuova ricerca riesca a scoprire l’origine principale di questa malattia, così da trovare finalmente una cura e una prevenzione ad essa.

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Stefania Virginio
Scritto da Stefania Virginio

Sono Stefania e sono una friulana doc! Da quando mi hanno dato in mano la prima matita alle elementari non ho mai smesso di scrivere, e nemmeno di leggere tutto quello che mi passa sotto gli occhi.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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