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Invecchiamento attivo: cos’è e come promuoverlo

Redazione

Ultimo aggiornamento – 21 Settembre, 2020

invecchiamenti attivo: i consigli per mantenersi "giovani"

Gli anziani sono una risorsa d’inestimabile valore, le loro esperienze possono servire da esempio per le nuove generazioni. È ciò che accomuna tutti i Paesi del mondo: in Giappone, per esempio, c’è un grande rispetto nei confronti degli anziani, considerati saggi dai quali si ha sempre da imparare, tanto che a metà settembre si celebra il “Keirō no Hi”, giornata nazionale dedicata a chi è più avanti con l’età.

Anche in Italia, nella maggior parte delle famiglie i nonni sono i membri più coccolati dai più piccoli, che giocano con loro facendoli tornare bambini. È quindi anche doloroso, per i familiari, vederli invecchiare, non poter più essere in forma come un tempo e dover rinunciare alle cose piacevoli ma faticose. Tuttavia c’è un modo per posticipare l’età delle rinunce: l’invecchiamento attivo.

Cosa s’intende con “invecchiamento attivo”?

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’invecchiamento attivo è “un processo di ottimizzazione delle opportunità relative alla salute, partecipazione e sicurezza, allo scopo di migliorare la qualità della vita delle persone anziane”.

In pratica, è una politica che ha come obiettivo il mantenimento della dinamicità nei soggetti anziani i quali sono invitati a svolgere delle attività, lavorare fino a quando possono, fare volontariato, esercizio fisico, prendersi cura di figli e nipoti.

La maggior parte dei Paesi europei presta molta attenzione al tema dell’invecchiamento attivo della popolazione, considerando gli anziani in grado di una ricca partecipazione socio-culturale. L’indice di valutazione di un Paese viene costruito utilizzando indicatori quali:

  • Tasso di occupazione
  • Svolgimento di attività di volontariato
  • Partecipazione politica
  • Svolgimento di esercizio fisico
  • Accesso ai servizi sanitari
  • Sicurezza economica

Ad essere valutato è anche l’ambiente e quanto esso sia propizio nel favorire l’invecchiamento attivo degli anziani, tramite indicatori come:

  • Aspettativa di vita
  • Benessere psicologico
  • Uso delle tecnologie
  • Grado di connettività

Secondo tale indice, nel 2013 l’Italia era al quindicesimo posto fra i 28 Stati europei; l’anno successivo si trovava più in alto di una posizione. Ai primi posti Svezia, Danimarca e Olanda, agli antipodi Ungheria, Polonia e Grecia.

Quali sono le politiche per l’invecchiamento attivo in Italia?

Le politiche per l’invecchiamento attivo in Italia sono quasi completamente inesistenti. Esistono solo:

  • La transizione graduale al pensionamento, che consiste nell’incoraggiare i lavoratori in fase di pre-pensionamento a diminuire gradualmente gli orari di lavoro;
  • Il prolungamento della vita lavorativa, che consiste nell’incoraggiare i pensionati a continuare a rimanere attivi, seppur in modo ridotto, nel mercato del lavoro.

Purtroppo entrambe queste alternative restano quasi del tutto inapplicate e dal punto di vista sociale gli anziani italiani non sono quasi per nulla coinvolti a meno che non sia per una loro iniziativa che partecipino a eventi organizzati con gruppi di ritrovo, centri diurni o circoli.

Qual è il modo migliore per promuovere l’invecchiamento attivo?

Nella nostra penisola, il 22% della popolazione è costituito dagli over 65 e in base agli ultimi dati Istat ci sono 157,7 anziani ogni 100 giovani. Dalle associazioni che si occupano di anziani (Ada, Anteas e Auser) è stata presentata la proposta di legge n. 3538 con le “Misure per favorire l’invecchiamento attivo della popolazione attraverso l’impiego delle persone anziane in attività di utilità sociale e le iniziative di formazione permanente”.

La proposta, rappresentata dal deputato Edoardo Patriarca, presidente del Centro nazionale per il volontariato, è stata depositata in Parlamento e propone una legge di 9 articoli che hanno come obiettivo quello di sostenere il coinvolgimento degli anziani in attività socio culturali, ad esempio quella dei “nonni vigili”.

Una politica che mira al benessere per la persona e per la comunità, ma anche un segno di rispetto per una parte consistente, e in crescita, della popolazione italiana. Una visione quasi rivoluzionaria che vede gli anziani non come un problema ma come una preziosa risorsa della società. In un Paese in cui c’è il più basso tasso di natalità e il più alto tasso di longevità, gli anziani non sono certo una ricchezza da trascurare.

L’utilità dell’invecchiamento attivo

È evidente che rimanere attivi dal punto di vista fisico e sociale migliori il processo di invecchiamento di ogni soggetto che, in questo modo, continua a sentirsi utile e a trovare uno scopo alle proprie giornate anche se non deve più lavorare.

La politica dell’invecchiamento attivo è stata ideata per fornire l’entusiasmo agli over 65, dando anche loro la possibilità di sfuggire alla solitudine, alla possibilità di insorgenza di malattie neurodegenerative il cui nemico principale è una viva attività intellettiva.

È credenza comune che l’invecchiamento sia associato alla perdita di molte funzioni, sia fisiche che mentali. Tuttavia è stato dimostrato che, parallelamente a fenomeni di perdita di cellule e di collegamenti neuronali, nel cervello di un anziano sono conservate capacità riparative e rigenerative, caratteristica nota come “plasticità neuronale”. L’allenamento mentale è, dunque, un elemento fondamentale per prevenire l’invecchiamento precoce e la demenza.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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