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L'ibuprofene in allattamento si può assumere?

Anna Nascimben | Editor

Ultimo aggiornamento – 29 Febbraio, 2024

Una donna beve dal bicchiere una medicina

È possibile assumere l'ibuprofene in allattamento? Si tratta di un principio attivo sicuro o è meglio evitarlo?

E se sì, quali sono le alternative più sicure? Ecco tutto quello che c'è da sapere sul binomio antinfiammatori e allattamento.

Si può prendere l'ibuprofene in allattamento?

Sì, si può assumere ibuprofene in allattamento se questo farmaco è funzionale al trattamento di un'infiammazione o di uno stato doloroso nella donna.

Sebbene domini ancora l'opinione che l'allattamento al seno sia incompatibile con l'assunzione di farmaci, è stato in realtà dimostrato che la maggior parte dei medicinali di uso comune (come sono, appunto, i FANS) possono essere utilizzati dalla donna che sta allattando al seno, sempre che ce ne sia la reale necessità.

L'ibuprofene è un farmaco che funzioni analgesiche (ovvero serve per lenire il dolore), antinfiammatorie e antipiretiche che appartiene alla categoria dei FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei).


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Si tratta di un medicinale estremamente comune che viene prescritto spesso e che si trova disponibile in commercio sotto forma di compresse da ingerire per via orale, fiale da iniettare per via endovenosa e come soluzione topica da applicare sulla cute infiammata.

Il legame tra ibuprofene e allattamento al seno è stato oggetto di studio in passato e ad oggi questo farmaco è ancora il rimedio d'elezione per tutte le donne che necessitano di un antinfiammatorio.

Esso, infatti, può essere assunto pur continuando ad allattare senza necessità di distanziare le poppate e con una posologia pari a 1200 mg al giorno frazionati in più dosi da ingerire all'occorrenza durante l'arco della giornata.

Per quanto riguarda un eventuale passaggio del farmaco al bambino attraverso il latte materno, si è riscontrato che la quantità di ibuprefene che può raggiungere il neonato è estremamente ridotta, tanto che l'ibuprofene viene prescritto anche per la cura della mastite.

Gli altri farmaci antinfiammatori in allattamento sono consentiti?

Esattamente come accade per l'ibuprofene, anche altri principi attivi presenti nei farmaci FANS sono consentiti durante il periodo di allattamento al seno, come ad esempio il paracetamolo, il flurbiprofene e il ketorolac, che si trovano all'interno di medicinali da banco molto comuni e diffuso.

Ovviamente si dovrà sempre fare attenzione a non superare  con le quantitàe la dose raccomandata  e a non assumerli per un periodo prolungato di tempo.

Allo stesso modo il Brufen in allattamento è considerato sicuro, così come il Nurofen, visto che entrambi questi farmaci contengono ibuprofene, mentre si consiglia di non utilizzare l'acido acetilsalicilico, ovvero il principio attivo che caratterizza l'Aspirina.

Sebbene l'Aspirina (che è il nome commerciale del farmaco a base di acido acetilsalicilico) sia ampiamente prescritta ai pazienti adulti, i ragazzi sotto i 16 dovrebbero evitarla a causa della possibilità di incorrere in una malattia chiamata Sindrome di Reye.

È altresì sconsigliato l'uso dell'Aulin in allattamento, ovvero del farmaco a base di nimesulide un tempo molto comune nel trattamento di stati infiammatori e dolorosi, in favore di alternative considerate più sicure e meno dannose come l'ibuprofene o il paracetamolo.

Farmaci antinfiammatori in allattamento: cosa sapere

L'utilizzo di farmaci durante l'allattamento al seno impone da sempre una certa prudenza, soprattutto da parte delle case farmaceutiche.

Sono tuttavia molto pochi i medicinali che, una volta assunti dalla donna, potrebbero avere delle conseguenze pericolose per il bambino, e tutti fra loro non sono di uso comune, visto che vengono prescritti solo in casi molto particolari o per il trattamento di alcune forme tumorali.

Per tutte le altre categorie il principio attivo è infatti mediato dalla presenza del sangue: ciò significa che più la dose di farmaco è presente nel sangue materno, più esso arriverà alla ghiandola mammaria e, di conseguenza, al latte che poi il neonato succhierà.

Fatta questa considerazione, appare chiaro come l'utilizzo di un antinfiammatorio in allattamento somministrato per mezzo dell'aerosol o come soluzione topica da applicare sulla pelle sia, ad esempio, completamente sicuro, mentre per quanto riguarda i medicinali da assumere per via orale, anch'essi vengono assorbiti dal sangue in modo molto esiguo e si può dire che quasi non ve n'è traccia nel latte materno.

Una donna prendere una medicina bevendo dal bicchiere

Rimane comunque valido il principio per cui un farmaco va assunto solo se è strettamente necessario e solo esso è realmente efficace per il disturbo che caratterizza la donna che allatta.

È importante tenere presente, inoltre, che l'assunzione di qualunque antidolorifico in allattamento va portata avanti solo per il tempo necessario all'eliminazione dei sintomi.

Per rendere ancora più sicuro il legame tra fans e allattamento, un consiglio utile rimane quello di assumere il farmaco dopo la poppata, in modo che la successiva poppata sia il quanto più possibile distante temporalmente dall'ingestione del medicinale.

Passaggio degli antinfiammatori durante l'allattamento: da cosa dipende

È vero che la maggior parte dei farmaci passa nel latte materno, ma è altrettanto vero che al quasi totalità di essi, se assunti nelle dosi standard e per un periodo non eccessivo di tempo, non hanno effetti sulla produzione del latte materno, né sulla sua qualità o sulla salute del neonato.

La concentrazione dei farmaci nel latte considerati compatibili con l’allattamento è molto bassa e in linea generale essa non supera l'1% di presenza nel principio attivo nel latte materno. 

Tale quantità è inoltre influenzata da diversi fattori, fra cui:

  • la dose assunta dalla donna;
  • l'emivita (ovvero la durata) del farmaco. Meglio optare per antidolorifici in allattamento che hanno un'emivita breve, in modo che vengano smaltiti dall'organismo nel giro di breve tempo;
  • la modalità di somministrazione;
  • la lipofilia del farmaco, cioè la sua capacità di legarsi ai grassi, se è alta favorisce il suo passaggio nel latte;
  • la biodisponibilità del farmaco;
  • l'età del bambino: i neonati nati prematuri, ad esempio, sono più a rischio a causa dell'immaturità del fegato e dei reni;
  • lo stato di salute del neonato;
  • la capacità del medicinale di legarsi alle proteine presenti nel sangue materno;
  • il rapporto che intercorre tra la quantità di medicinale presente nel sangue materno e quella all'interno del latte;
  • il fatto che il farmaco assunto dalla madre sia stato approvato per uso pediatrico, il che lo rende molto più sicuro anche se dovesse passare nel sangue del neonato.
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Anna Nascimben | Editor
Scritto da Anna Nascimben | Editor

Con una formazione in Storia dell'Arte e un successivo approfondimento nello studio del Digital Marketing, mi occupo da anni di creare contenuti web. In passato ho collaborato con diversi magazine online scrivendo soprattutto di sport, vita outdoor e alimentazione, tuttavia nel corso del tempo ho sviluppato sempre più attenzione nei confronti di temi come il benessere mentale e la crescita interiore.

a cura di Letizia Samantha Zeverino
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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