Covid-19: i 21 indicatori per stabilire il colore delle zone

Redazione

Ultimo aggiornamento – 25 Gennaio, 2021

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In Italia, le drastiche misure di contenimento adottate durante il primo lockdown sono state necessarie per ridurre la curva dei contagi e impedire la saturazione dei posti letto in terapia intensiva. 

Attualmente, essendo ancora nella cosiddetta “fase due” che prevede la convivenza con il virus, l’obiettivo è ridurre i contagi e, allo stesso tempo, limitare l’impatto che tali restrizioni hanno avuto sul fronte economico e sociale: non è infatti sostenibile un arresto completo del sistema socio-economico.

Il 30 aprile 2020, erano infatti stati introdotti 21 indicatori tramite un decreto ministeriale (consultabile qui) firmato dal ministro della Salute Roberto Speranza. Tali parametri erano stati individuati per monitorare il rischio sanitario

Da novembre 2020, sono stati utilizzati insieme al documento dell'ISS (Istituto Superiore di Sanità) in merito alla prevenzione del Covid-19, che definisce gli scenari di allerta e le misure da adottare per gestirli al meglio.

I 21 indicatori sono quindi stati utilizzati per stabilire a quale zona assegnare le varie regioni italiane (rossa, arancione e gialla), in base al rischio di contagio della regione stessa, con conseguente applicazione di misure più o meno restrittive, relative al colore di riferimento.

Quali sono i 21 indicatori

I 21 indicatori sono ripartiti in tre diverse categorie

  • La prima ha a che fare con la capacità di monitoraggio, ossia relativa alle strategie adottate in merito alla raccolta dati e al tracciamento dei contagi.
  • La seconda categoria è relativa al processo di accertamento diagnostico (banalmente: la capacità di testare i casi sospetti tramite tampone o sierologico) e gestione del contact-tracing, con conseguente isolamento e quarantena. 
  • La terza e ultima categoria raggruppa gli indicatori su trasmissione e tenuta dei servizi sanitari, cioè mostra quanto il numero di nuovi focolai “pesi” su ospedali e pronto soccorso. 

Vediamo più nel dettaglio cosa prevedono tutti e 21 questi parametri.

Indicatori sulla capacità di monitoraggio

  1. Numero di casi sintomatici raggruppati per mese a partire dalla data di inizio dei sintomi/totale di casi sintomatici riportati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.
  2. Numero di casi riportati raggruppati per mese, con data di inizio e storia del ricovero in ospedale (in reparto diverso dalla terapia intensiva)/ totale di casi ricoverati (in reparti diversi dalla terapia intensiva) e segnalati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.
  3. Numero di casi riportati per mese con storia di trasferimento o ricovero in terapia intensiva, con data di trasferimento o ricovero indicata/ totale di casi con storia di trasferimento o ricovero in terapia intensiva segnalati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.
  4. Numero di casi mensili per comune di domicilio o residenza/totale di casi notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.
  5. Numero di checklist somministrate a settimana a strutture residenziali sociosanitarie (opzionale).
  6. Numero di strutture socio-sanitarie che rispondono settimanalmente alla checklist con almeno una criticità riscontrata (opzionale). Se questo numero è maggiore del 30% del totale, scatta l’allerta.

Indicatori su capacità diagnostica e gestione dei contatti

  1. Percentuale di tamponi positivi, escluse le attività di screening e re-testing degli stessi soggetti, valutate su base mensile e per macro-setting (territoriale, in pronto soccorso o ospedale, altro).
  2. Tempo trascorso tra la data di inizio dei sintomi e la data di diagnosi. 
  3. Tempo trascorso tra la data di inizio dei sintomi e la data di isolamento (opzionale). Se tale lasso temporale supera la media dei tre giorni, scatta l’allarme.
  4. Numero, tipologia di figure professionali e tempo dedicato al contact-tracing in ciascun servizio territoriale.
  5. Numero, tipologia di figure professionali e tempo dedicato alle attività di prelievo/invio ai laboratori di riferimento e monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti rispettivamente in quarantena e isolamento, in ciascun servizio territoriale.
  6. Numero di casi di infezione confermati nella regione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati.

Indicatori su trasmissione e tenuta dei servizi sanitari 

  1. Numero di casi riportati alla Protezione civile negli ultimi 14 giorni.
  2. Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata ISS (si utilizzeranno due indicatori, basati su data inizio sintomi e data di ospedalizzazione). L’Rt indica la velocità di trasmissione del contagio. Al di sotto di 1, si parla di focolai (la situazione in cui tutta Italia si trovava nel periodo di luglio-agosto 2020). Tra Rt compreso tra 1 e 1,25, si parla trasmissibilità sostenuta; tra 1,25 a 1,50 è a rischio la tenuta del sistema sanitario. Infine, quando l’Rt supera l’1,5, la situazione della trasmissione del virus è incontrollata: si impone, quindi, un lockdown.
  3. Numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella Covid-net per settimana (opzionale).
  4. Numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata Covid-19 per giorno.
  5. Numero di nuovi focolai di trasmissione (2 o più casi epidemiologicamente collegati tra loro o un aumento inatteso nel numero di casi in un tempo e luogo definito).
  6. Numero di nuovi casi di infezione confermata da SARS-CoV-2 per Regione non associati a catene di trasmissione note.
  7. Numero di accessi al PS con classificazione ICD-9 compatibile con sintomatologia riconducibile a Covid-19 (opzionale).
  8. Tasso di occupazione dei posti letto totali di Terapia Intensiva per pazienti Covid -19. Per non allarmare, essa non deve superare il 30%.
  9. Tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti Covid -19. La cifra da non superare corrisponde al 40%.
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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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