Nebivololo Ari 5 mg compresse 28 compresse

Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 2021
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1. Indicazioni terapeutiche
Ipertensione Trattamento dell’ipertensione essenziale. Insufficienza cardiaca cronica (IC) Trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica stabile da lieve a moderata in aggiunta alle terapie standard in pazienti anziani (≥ 70 anni).
2. Posologia
Posologia a) Ipertensione Adulti La dose corrisponde a 1 compressa (5 mg) al giorno, da assumere preferibilmente sempre alla stessa ora. L’effetto antipertensivo diventa evidente dopo 1–2 settimane di trattamento. Occasionalmente l’effetto ottimale viene raggiunto solo dopo 4 settimane. Associazione con altri farmaci antipertensivi I beta bloccanti possono essere usati da soli o in associazione ad altri farmaci antipertensivi. Fino a oggi è stato osservato un effetto antipertensivo aggiuntivo solo quando Nebivololo Angenerico 5 mg è stato associato a idroclorotiazide 12,5–25 mg. Pazienti con insufficienza renale In pazienti con insufficienza renale la dose iniziale raccomandata è di 2,5 mg al giorno. Se necessario la dose quotidiana può essere aumentata a 5 mg. Pazienti con insufficienza epatica I dati in pazienti con insufficienza epatica o alterazione della funzionalità epatica sono limitati. Pertanto la somministrazione di Nebivololo Angenerico in questi pazienti è controindicata (vedere paragrafo 4.3). Anziani Nei pazienti di età superiore a 65 anni la dose iniziale raccomandata è di 2,5 mg al giorno. Se necessario, la dose giornaliera può essere aumentata a 5 mg. Tuttavia a causa dell’esperienza limitata in pazienti di età superiore a 75 anni, si deve prestare cautela e questi pazienti devono essere attentamente controllati. Bambini e adolescenti A causa della mancanza/insufficienza di dati relativi alla sicurezza e all’efficacia, Nebivololo non è raccomandato nei bambini e negli adolescenti di età inferiore ai 18 anni. b) Insufficienza cardiaca cronica (IC) Il trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica stabile può essere iniziato con un graduale aumento del dosaggio fino a raggiungere la dose di mantenimento individuale ottimale. I pazienti devono avere un’insufficienza cardiaca cronica stabile senza che nel corso delle ultime 6 settimane si sia manifestato uno scompenso acuto dell’insufficienza cardiaca. Si raccomanda che il medico abbia esperienza nel trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica. Per i pazienti sottoposti a una terapia a base di farmaci cardiovascolari, compresi diuretici e/o digossina e/o ACE–inibitori e/o antagonisti dell’angiotensina II, il dosaggio di questi medicinali deve essere stato stabilizzato nel corso delle 2 settimane precedenti l’inizio del trattamento con Nebivololo Angenerico. L’aumento iniziale del dosaggio deve essere effettuato per passi a intervalli di 1–2 settimane, in funzione della tollerabilità del paziente: 1,25 mg di nebivololo, da aumentarsi a 2,5 mg di nebivololo una volta al giorno, poi a 5 mg una volta al giorno e infine a 10 mg una volta al giorno. La dose massima raccomandata è 10 mg di nebivololo una volta al giorno. L’inizio della terapia e ogni aumento della dose devono essere effettuati sotto la supervisione di un medico esperto per un periodo di almeno due ore, per assicurare che lo stato clinico rimanga stabile (in particolare per quanto riguarda pressione arteriosa, frequenza cardiaca, disturbi della conduzione e segni di un peggioramento dell’insufficienza cardiaca). L’insorgere di effetti indesiderati può impedire che tutti i pazienti vengano trattati con la massima dose raccomandata. Se necessario, la dose raggiunta può essere anche diminuita passo dopo passo e ripristinata come appropriato. Durante la fase di titolazione, nel caso di manifesti intolleranza o peggioramento dell’insufficienza cardiaca, si raccomanda per prima cosa di ridurre la dose di nebivololo, o di interromperlo del tutto se necessario (in caso di ipotensione grave, peggioramento dell’insufficienza cardiaca con edema polmonare acuto, shock cardiogeno, bradicardia sintomatica o blocco AV). Il trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica stabile con nebivololo è in genere un trattamento a lungo termine. Il trattamento con nebivololo non deve essere sospeso improvvisamente, poiché ciò può provocare un peggioramento transitorio dell’insufficienza cardiaca. Se si rende necessario interrompere il trattamento, la dose deve essere gradualmente ridotta dimezzandola settimanalmente. Pazienti con insufficienza renale In caso di insufficienza renale da lieve a moderata non è necessario alcun aggiustamento della dose, poiché l’aumento della dose fino alla massima dose tollerata viene aggiustata a livello individuale. Non esiste alcuna esperienza in pazienti con insufficienza renale grave (creatinina serica ≥ 250 mcmol/l). Pertanto l’uso di nebivololo in questi pazienti non è raccomandato. Pazienti con insufficienza epatica I dati relativi ai pazienti affetti dal insufficienza epatica sono limitati. Pertanto l’uso di Nebivololo Angenerico in questi pazienti è controindicato. Pazienti anziani Non è necessario alcun aggiustamento della dose, poiché l’aumento della dose fino alla massima dose tollerata viene aggiustata a livello individuale. Bambini e adolescenti A causa della mancanza/insufficienza di dati relativi alla sicurezza e all’efficacia, Nebivololo Angenerico non è raccomandato nei bambini e negli adolescenti di età inferiore ai 18 anni. Modo di somministrazione: La compressa deve essere deglutita con una sufficiente quantità di liquido (ad es. un bicchiere d’acqua) in corrispondenza o meno dei pasti.
3. Controindicazioni
– ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati nel paragrafo 6.1. – insufficienza epatica o alterazione della funzionalità epatica. – insufficienza cardiaca acuta, shock cardiogeno o episodi di scompenso dell’insufficienza cardiaca che richiedono una terapia inotropa per via endovenosa. inoltre, come con altri agenti beta–bloccanti, il nebivololo è controindicato nei seguenti casi: – malattia del nodo del seno, compreso il blocco seno–atriale. – blocco cardiaco di II e III grado (senza pacemaker). – storia di broncospasmo e asma bronchiale. – feocromocitoma non trattato. – acidosi metabolica. – bradicardia (frequenza cardiaca < 60 bpm prima dell’inizio della terapia). – ipotensione (pressione sistolica < 90 mmHg). – gravi disturbi circolatori periferici.
4. Avvertenze
Vedere anche paragrafo 4.8. Le seguenti avvertenze e precauzioni riguardano gli antagonisti beta–adrenergici in generale Anestesia La continuazione del beta–bloccante riduce il rischio di aritmie durante l’induzione e l’intubazione. Se in previsione di un intervento chirurgico si interrompe il beta–blocco, la terapia con antagonisti beta–adrenergici deve essere interrotta almeno 24 ore prima. Particolare attenzione va impiegata nell’uso di alcuni anestetici che possono causare depressione miocardica. Il paziente può essere protetto contro le reazioni vagali con somministrazione endovenosa di atropina. Sistema cardiovascolare In generale gli antagonisti beta–adrenergici non devono usati in pazienti con insufficienza cardiaca cronica non trattata, fino a quando le loro condizioni non si siano stabilizzate. In pazienti con cardiopatia ischemica il trattamento con un antagonista beta–adrenergico deve essere interrotto gradualmente, per esempio nel corso di 1–2 settimane. Se necessario, allo stesso tempo deve essere instaurata una terapia sostitutiva per prevenire un’esacerbazione dell’angina pectoris. Gli antagonisti beta–adrenergici possono indurre bradicardia: se la frequenza del polso scende sotto i 50–55 bpm a riposo e/o il paziente manifesta sintomi riconducibili a bradicardia, il dosaggio deve essere ridotto. Gli antagonisti beta–adrenergici devono essere usati con cautela in: – pazienti con disturbi circolatori periferici (sindrome o malattia di Raynaud, claudicatio intermittens), poiché può verificarsi un peggioramento di questi disturbi; – pazienti con blocco cardiaco di I grado, a causa dell’effetto negativo dei beta–bloccanti sul tempo di conduzione; – pazienti con angina di Prinzmetal, a causa della mancanza di opposizione alla vasocostrizione coronarica mediata dai recettori alfa: gli antagonisti beta–adrenergici possono aumentare il numero e la durata degli attacchi di angina. La combinazione di nebivololo con calcioantagonisti del tipo verapamil e diltiazem, con farmaci antiaritmici di Classe I e con medicinali antipertensivi ad azione centrale non è in genere raccomandata; per ulteriori dettagli vedere paragrafo 4.5. Metabolismo e sistema endocrino Nei pazienti diabetici, nebivololo non interferisce con i livelli di glucosio. Tuttavia va usato con precauzione nei pazienti diabetici, in quanto può mascherare alcuni sintomi di ipoglicemia (tachicardia, palpitazioni). Gli agenti bloccanti beta–adrenergici possono mascherare sintomi di tachicardia nell’ipertiroidismo. Un’improvvisa sospensione del trattamento può accentuare i sintomi. Apparato respiratorio Nei pazienti con disturbi ostruttivi polmonari cronici gli antagonisti beta–adrenergici devono essere usati con cautela, poiché la costrizione delle vie respiratorie può aggravarsi. Altri In pazienti con storia di psoriasi gli antagonisti beta–adrenergici devono essere somministrati solo dopo attenta valutazione. Gli antagonisti beta–adrenergici possono aumentare la sensibilità verso gli allergeni e la gravità delle reazioni anafilattiche. L’inizio del trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica con nebivololo necessita di regolare supervisione. Per la posologia e il modo di somministrazione consultare il paragrafo 4.2. L’interruzione del trattamento non deve essere improvvisa, a meno che non sia chiaramente indicato (vedere anche paragrafo 4.2). Questo prodotto medicinale contiene lattosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, deficit di Lapp–lattasi o malassorbimento di glucosio–galattosio non devono assumere Nebivololo Angenerico.
5. Interazioni
Interazioni farmacodinamiche Combinazioni non raccomandate: Antiaritmici di Classe I (chinidina, idrochinidina, cibenzolina, flecainide, disopiramide, lidocaina, mexiletina, propafenone): gli effetti sul tempo di conduzione atrio–ventricolare possono essere potenziati e l’effetto inotropo negativo può accrescere (vedere paragrafo 4.4). Calcio–antagonisti del tipo verapamil/diltiazem: influenza negativa sulla contrattilità e sulla conduzione atrio–ventricolare. La somministrazione endovenosa di verapamil nei pazienti in trattamento beta–bloccante può provocare grave ipotensione e blocco atrio–ventricolare (vedere paragrafo 4.4). Antipertensivi ad azione centrale (clonidina, guanfacina, moxonidina, metildopa, rilmenidina): l’uso concomitante di farmaci antipertensivi ad azione centrale può provocare un peggioramento dell’insufficienza cardiaca a causa di una diminuzione del tono simpatico centrale (riduzione della frequenza e della portata cardiaca, vasodilatazione – vedere paragrafo 4.4). Un’interruzione improvvisa, in particolare se antecedente a quella del beta–bloccante, può accrescere il rischio di "ipertensione di rimbalzo". Combinazioni da usare con cautela Antiaritmici di Classe III (amiodarone): l’effetto sul tempo di conduzione atrio–ventricolare può essere potenziato. Anestetici – alogenati volatili: l’uso concomitante di antagonisti beta–adrenergici e anestetici può attenuare la tachicardia riflessa e aumentare il rischio di ipotensione (vedere paragrafo 4.4). Come regola generale, evitare di interrompere improvvisamente il trattamento beta–bloccante. Quando il paziente assume Nebivololo Angenerico, l’anestesista deve essere informato. Insulina e altri farmaci antidiabetici orali: sebbene nebivololo non alteri i livelli glicemici, l’uso concomitante può mascherare alcuni sintomi di ipoglicemia (palpitazioni, tachicardia). Baclofene (un agente antispastico), amifostina (in aggiunta agli antineoplastici): l’uso concomitante con antipertensivi può aumentare la caduta della pressione sanguigna, pertanto il dosaggio del medicinale antipertensivo deve essere aggiustato di conseguenza. Combinazioni da prendere in considerazione Glicosidi della digitale: l’uso concomitante può aumentare il tempo di conduzione atrio–ventricolare. Gli studi clinici con nebivololo non hanno mostrato alcuna evidenza clinica di interazione. Nebivololo non influenza la cinetica della digossina. Calcio–antagonisti del tipo diidropiridinico (amlodipina, felodipina, lacidipina, nifedipina, nicardipina, nimodipina, nitrendipina): l’uso concomitante può accrescere il rischio di ipotensione. Nei pazienti con insufficienza cardiaca non può essere inoltre escluso un aumento del rischio di un ulteriore deterioramento della funzione di pompa ventricolare. Antipsicotici, antidepressivi (antidepressivi triciclici, barbiturici e fenotiazine): l’uso concomitante può accentuare l’effetto ipotensivo dei beta–bloccanti (effetto additivo). Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS): nessuna influenza sull’effetto di riduzione pressoria di nebivololo. Agenti simpaticomimetici: l’uso concomitante può contrastare gli effetti degli antagonisti beta–adrenergici. Gli agenti beta–adrenergici possono provocare un’incontrastata attività alfa–adrenergica degli agenti simpaticomimetici con effetti sia alfa– sia beta–adrenergici (rischio di ipertensione, bradicardia grave e blocco cardiaco). Interazioni farmacocinetiche: Poiché il metabolismo di nebivololo coinvolge l’isoenzima CYP2D6, la somministrazione concomitante di sostanze che inibiscono questo enzima, in particolare paroxetina, fluoxetina, tioridazina e chinidina, può provocare un incremento dei livelli plasmatici di nebivololo associato a un aumento del rischio di bradicardia eccessiva e di eventi avversi. La somministrazione concomitante con cimetidina aumenta i livelli plasmatici di nebivololo senza modificarne l’effetto clinico. La somministrazione concomitante di ranitidina non influenza le proprietà farmacocinetiche di nebivololo. A patto che Nebivololo Angenerico sia assunto con il pasto e un farmaco antiacido tra i pasti, i due trattamenti possono essere prescritti contemporaneamente. L’associazione di nebivololo con nicardipina aumenta leggermente i livelli plasmatici di entrambi i farmaci senza modificarne l’effetto clinico. L’assunzione concomitante di alcool, furosemide o idroclorotiazide non ha effetto sulle proprietà farmacocinetiche di nebivololo. Nebivololo non influisce sulle proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche di warfarin.
6. Effetti indesiderati
A causa delle differenze trale due malattie di base, gli effetti indesiderati vengono riportati separatamente per l’ipertensione e l’IC. Ipertensione Gli effetti indesiderati riportati vengono elencati nela seguente tabella, suddivisi in funzione della classe sistemica organica e ordinati in base alle frequenza.
CLASSIFICAZIONE PER SISTEMI E ORGANI Comune (≥ 1/100, < 1/10) Non comune (≥ 1/1000, < 1/100) Molto raro <1/10,000) Non nota
Disturbi del Sistema immunitario       Edema angioneurotico, ipersensibilità
Disturbi psichiatrici   incubi, depressione    
Patologie del sistema nervoso cefalea, capogiri, parestesia   sincope  
Patologie dell’occhio   compromissione della vista    
Patologie cardiache   bradicardia, insufficienza cardiaca, prolungamento del tempo di conduzione atriale/blocco atrio–ventricolare    
Patologie vascolari   ipotensione, (aumento della) claudicazione intermittente    
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche dispnea broncospasmo    
Patologie gastrointestinali stipsi, nausea, diarrea dispepsia, flatulenza, vomito    
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo   prurito, esantema eritematoso edema angioneurotico, psoriasi aggravata Orticaria
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella   impotenza    
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione stanchezza, edema      
Inoltre, con alcuni antagonisti beta–adrenergici, sono stati riportati i seguenti effetti indesiderati: allucinazioni, psicosi, confusione, estremità fredde/cianotiche, fenomeno di Raynaud, occhio secco e tossicità oculo–mucocutanea practololo–simile. Insufficienza cardiaca cronica I dati relativi agli effetti indesiderati sui pazienti affetti da IC derivano da uno studio clinico placebo–controllato su 1067 pazienti trattati con nebivololo e 1061 trattati con placebo. In questo studio un totale di 449 pazienti che ricevevano nebivololo (42,1%) ha riportato reazioni avverse di relazione causale almeno possibile, rispetto a 334 pazienti che ricevevano il placebo (31,5%). Gli effetti indesiderati più comunemente riportati nei pazienti con nebivololo sono stati bradicardia e capogiri, entrambi in circa l’11% dei pazienti. Le frequenze corrispondenti nel gruppo con placebo sono state rispettivamente pari al 2 e al 7%. Le seguenti incidenze sono state riportate per reazioni avverse (di relazione causale con il farmaco almeno possibile) considerati specificamente rilevanti nel trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica: – peggioramento dell’insufficienza cardiaca nel 5,8% dei pazienti trattati con nebivololo rispetto al 5,2% dei pazienti trattati con placebo. – ipotensione ortostatica nel 2,1% dei pazienti trattati con nebivololo rispetto all’1,0% dei pazienti trattati con placebo. – intolleranza al farmaco nell’1,6% dei pazienti trattati con nebivololo rispetto allo 0,8% dei pazienti trattati con placebo. – blocco atrio–ventricolare di I grado nell’1,4% dei pazienti trattati con nebivololo rispetto allo 0,9% dei pazienti trattati con placebo. – edema degli arti inferiori è stato riportato nell’1,0% dei pazienti trattati con nebivololo rispetto allo 0,2% dei pazienti trattati con placebo. Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite l’Agenzia Italiana del Farmaco, Sito web: http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili
7. Gravidanza e allattamento
Uso in gravidanza Gli effetti farmacologici di nebivololo possono provocare effetti nocivi sulla gravidanza e/o sul feto/neonato. In generale i beta–bloccanti riducono la perfusione placentare, un effetto che è stato associato a ritardo nella crescita, morte intrauterina, aborto e parto anticipato. Inoltre nel feto e nel neonato si possono manifestare effetti avversi (per esempio ipoglicemia e bradicardia). Se è necessario il trattamento con betabloccanti, è preferibile usare bloccanti beta1– selettivi. Nebivololo non deve essere usato durante la gravidanza, a meno che non sia chiaramente necessario. Se il trattamento con nebivololo è considerato necessario si deve monitorare il flusso sanguigno utero placentare e la crescita del feto. Nel caso di effetti nocivi sulla gravidanza o sul feto, deve essere considerato un trattamento alternativo. Il neonato deve essere sottoposto ad attenta osservazione. I sintomi di ipoglicemia e di bradicardia si manifestano in genere entro i primi 3 giorni. Uso durante l’allattamento Studi sugli animali hanno dimostrato che nebivololo viene escreto nel latte materno. Non è noto se nebivololo venga escreto anche nel latte materno umano. La maggior parte dei beta–bloccanti, in particolare i composti lipofilici come nebivololo e i suoi metaboliti attivi, passano nel latte materno, sebbene in quantità variabili. Per questa ragione durante la terapia con nebivololo l’allattamento al seno non è raccomandato.
8. Conservazione
Questo medicinale non richiede alcuna precauzione particolare per la conservazione.
9. Principio attivo
Ogni compressa contiene 5 mg di nebivololo equivalenti a 5,45 mg di nebivololo cloridrato. Eccipienti con effetto conosciuto: 142 mg di lattosio monoidrato per compressa. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
10. Eccipienti
Croscarmellosa sodica Lattosio monoidrato Amido di mais Cellulosa microcristallina Ipromellosa 5 cps Silice anidra colloidale Magnesio stearato.
11. Sovradosaggio
Non sono disponibili dati relativi al sovradosaggio con nebivololo. Sintomi I sintomi di sovradosaggio con beta–bloccanti sono: bradicardia, ipotensione, broncospasmo e insufficienza cardiaca acuta.Trattamento In caso di sovradosaggio o di ipersensibilità il paziente deve essere tenuto sotto stretta sorveglianza e deve essere trattato in un reparto di terapia intensiva. I livelli ematici di glucosio devono essere controllati. L’assorbimento di un qualsiasi residuo di medicinale eventualmente presente nel tratto gastrointestinale può essere prevenuto con lavanda gastrica e somministrazione di carbone attivo e lassativi. Può essere necessario praticare la respirazione artificiale. La bradicardia e le reazioni vagali intense devono essere trattate con somministrazione di atropina o metilatropina. L’ipotensione e lo shock vanno trattati con plasma/sostituti del plasma e se necessario con catecolamine. L’effetto beta–bloccante può essere contrastato mediante una lenta somministrazione endovenosa di cloridrato di isoprenalina, iniziando con una dose di circa 5 mcg/min, o di dobutamina, con dose iniziale di 2,5 mcg/min, fino a quando si ottiene l’effetto richiesto. Nei casi refrattari l’ isoprenalina può essere associata alla dopamina. Se neppure questo produce l’effetto desiderato, deve essere presa in considerazione la somministrazione endovenosa di 50–100 mcg/kg di glucagone. Se necessario, l’iniezione deve essere ripetuta entro un’ora per essere eventualmente seguita da un’infusione per via endovenosa di glucagone 70 mcg/kg/h. Nei casi estremi di bradicardia resistente al trattamento si può procedere all’applicazione di un pacemaker.
Le informazioni pubblicate in questa pagina riportano informazioni farmaceutiche (Foglietto Illustrativo e Caratteristiche principali del Farmaco), sono da intendersi a solo scopo illustrativo; non intendono e non devono sostituirsi alle opinioni del medico. Per informazioni complete e sempre aggiornate su questo farmaco si consiglia di consultare il portale dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).
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