Paroxetina Ge 20 mg compresse 28 compresse

Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 2019
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1. Indicazioni terapeutiche
Trattamento di: •  Episodio depressivo maggiore •  Disturbo ossessivo compulsivo •  Disturbo da attacchi di panico con o senza agorafobia •  Disturbo d’ansia sociale/Fobia sociale •  Disturbo d’ansia generalizzata •  Disturbo da stress post-traumatico
2. Posologia
Si raccomanda la somministrazione di paroxetina una volta al giorno, al mattino con il cibo. La compressa deve essere ingerita intera, senza masticare. Per uso orale. EPISODIO DEPRESSIVO MAGGIORE La dose raccomandata è di 20 mg al giorno. In genere, il miglioramento nei pazienti inizia dopo una settimana, ma potrebbe diventare evidente solo a partire dalla seconda settimana di terapia. Come per tutti i farmaci antidepressivi, il dosaggio deve essere rivisto e aggiustato, se necessario, entro le prime 3-4 settimane dall’inizio della terapia e successivamente, secondo quanto ritenuto clinicamente appropriato. In alcuni pazienti, con risposta insufficiente a 20 mg, la dose può essere gradualmente aumentata fino a un massimo di 50 mg al giorno, con incrementi di 10 mg, secondo la risposta individuale. I pazienti con depressione devono essere trattati per un periodo sufficiente di almeno 6 mesi, al fine di assicurare la remissione dei sintomi. DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (OCD) La dose raccomandata è di 40 mg al giorno. I pazienti devono iniziare con una dose di 20 mg/die, che potrà essere aumentata gradualmente, con incrementi di 10 mg, fino alla dose raccomandata. Se, dopo alcune settimane di somministrazione alla dose raccomandata, si osserva una risposta insufficiente, alcuni pazienti potrebbero beneficiare di un aumento graduale della dose fino a un massimo di 60 mg/die. I pazienti con disturbo ossessivo compulsivo (OCD) devono essere trattati per un periodo sufficiente ad assicurare la remissione dei sintomi. Questo periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo (vedere paragrafo 5.1). DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO La dose raccomandata è di 40 mg al giorno. I pazienti devono iniziare con 10 mg/die e la dose deve essere gradualmente aumentata, con incrementi di 10 mg, secondo la risposta individuale fino alla dose raccomandata. Si raccomanda un basso dosaggio iniziale per ridurre al minimo il potenziale peggioramento della sintomatologia da panico, che si osserva generalmente nelle prime fasi di trattamento di questo disturbo. Se, dopo alcune settimane di somministrazione alla dose raccomandata, si osserva una risposta insufficiente, alcuni pazienti potrebbero beneficiare di un aumento graduale della dose fino a un massimo di 60 mg/die. I pazienti con disturbo da attacchi di panico devono essere trattati per un periodo sufficiente ad assicurare la remissione dei sintomi. Questo periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo (vedere paragrafo 5.1). DISTURBO D’ANSIA SOCIALE/FOBIA SOCIALE La dose raccomandata è di 20 mg al giorno. Se, dopo alcune settimane di somministrazione alla dose raccomandata, si osserva una risposta insufficiente, alcuni pazienti potrebbero beneficiare di un aumento graduale della dose, con incrementi di 10 mg, fino a un massimo di 50 mg/die. L’uso prolungato deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1). DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATA La dose raccomandata è di 20 mg al giorno. Se, dopo alcune settimane di somministrazione alla dose raccomandata, si osserva una risposta insufficiente, alcuni pazienti potrebbero beneficiare di un aumento graduale della dose, con incrementi di 10 mg, fino a un massimo di 50 mg/die. L’uso prolungato deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1). DISTURBO DA STRESS POST-TRAUMATICO La dose raccomandata è di 20 mg al giorno. Se, dopo alcune settimane di somministrazione alla dose raccomandata, si osserva una risposta insufficiente, alcuni pazienti potrebbero beneficiare di un aumento graduale della dose, con incrementi di 10 mg, fino a un massimo di 50 mg/die. L’uso prolungato deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1). INFORMAZIONI GENERALI SINTOMI DA SOSPENSIONE OSSERVATI IN SEGUITO ALL’INTERRUZIONE DEL TRATTAMENTO CON PAROXETINA Deve essere evitata una sospensione brusca (vedere paragrafo 4.4 e paragrafo 4.8). Il regime di riduzione graduale della posologia utilizzato negli studi clinici prevedeva una diminuzione della dose giornaliera di 10 mg a intervalli settimanali. Se compaiono sintomi intollerabili a seguito della riduzione della dose o della sospensione del trattamento, può essere considerato il ripristino della dose prescritta in precedenza. Successivamente, il medico potrà continuare a ridurre la dose, ma in modo più graduale. Popolazioni speciali Anziani Nei soggetti anziani si verifica un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina, ma l’intervallo delle concentrazioni è sovrapponibile a quello osservato nei soggetti più giovani. La somministrazione dovrebbe partire con la dose iniziale prevista per gli adulti. Un aumento della dose potrebbe essere utile in alcuni pazienti, ma la dose massima non deve superare i 40 mg al giorno. Bambini e adolescenti (7-17 anni) La paroxetina non deve essere utilizzata per il trattamento di bambini e adolescenti, in quanto gli studi clinici controllati hanno riscontrato che la paroxetina è associata a un aumento del rischio di comportamenti suicidari e ostilità. Inoltre, in questi studi, l’efficacia non è stata adeguatamente dimostrata (vedere paragrafo 4.4 e paragrafo 4.8). Bambini di età inferiore a 7 anni L’uso della paroxetina non è stato studiato nei bambini di età inferiore a 7 anni. La paroxetina non deve essere utilizzata, fintanto che non saranno state stabilite la sicurezza e l’efficacia in questa fascia d’età. Alterazione della funzione renale/epatica Nei pazienti con grave alterazione della funzione renale (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/minuto) o con alterazione della funzione epatica, si verifica un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina. Pertanto, il dosaggio deve essere limitato alle dosi più basse dell’intervallo posologico.
3. Controindicazioni
Ipersensibilità nota alla paroxetina o a uno qualsiasi degli eccipienti. La paroxetina è controindicata in associazione con gli inibitori delle monoaminossidasi (IMAO). In casi eccezionali è possibile somministrare linezolid (un antibiotico che è un MAO-Inibitore reversibile non selettivo) in associazione a paroxetina fatto salvo che siano disponibili le attrezzature necessarie per tenere monitorati i sintomi della sindrome serotoninergica e la pressione sanguigna (vedere paragrafo 4.5). Il trattamento con paroxetina può essere iniziato: •  due settimane dopo la sospensione di un IMAO irreversibile, oppure •  almeno 24 ore dopo la sospensione di un IMAO reversibile (ad es. moclobemide, linezolid, metiltionina cloridrato (blu di metilene; un agente visualizzante pre-operatorio che è MAO-Inibitore reversibile non selettivo) Tra la sospensione di paroxetina e l’inizio della terapia con un qualsiasi IMAO deve trascorrere almeno una settimana di intervallo. La paroxetina non deve essere usata in associazione con tioridazina perché, come avviene con altri farmaci che inibiscono l’enzima epatico CYP450 2D6, la paroxetina può aumentare i livelli plasmatici di tioridazina (vedere paragrafo 4.5). La somministrazione di tioridazina da sola può comportare un prolungamento dell’intervallo QTc, associato a grave aritmia ventricolare, quale torsione di punta e morte improvvisa. Paroxetina non deve essere utilizzata in associazione con pimozide (vedere paragrafo 4.5).
4. Avvertenze
Il trattamento con paroxetina deve essere iniziato con cautela, due settimane dopo la fine del trattamento con un IMAO irreversibile, o 24 ore dopo la fine del trattamento con un inibitore delle MAO reversibile. Il dosaggio della paroxetina deve essere aumentato gradualmente fino al raggiungimento di una risposta ottimale (vedere paragrafo 4.3 e paragrafo 4.5 “Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione”). Uso nei bambini e adolescenti di età inferiore a 18 anni La paroxetina non deve essere utilizzata nel trattamento di bambini e adolescenti di età inferiore a 18 anni. Negli studi clinici effettuati su bambini e adolescenti trattati con antidepressivi rispetto a quelli trattati con placebo sono stati osservati con maggiore frequenza comportamenti suicidari (tentativi di suicidio e ideazione suicidaria) e ostilità (essenzialmente aggressività, comportamento di opposizione e collera). Qualora, in base ad esigenze mediche, dovesse essere presa la decisione di effettuate il trattamento, il paziente deve essere sorvegliato attentamente per quanto concerne la comparsa di sintomi suicidari. Inoltre, non sono disponibili dati sulla sicurezza a lungo termine per i bambini e gli adolescenti per quanto concerne la crescita, la maturazione e lo sviluppo cognitivo e comportamentale. Suicidio/pensieri suicidari oppure peggioramento quadro clinico La depressione è associata a un maggiore rischio di pensieri suicidari, autolesionismo e suicidio (suicidio-eventi correlati). Questo rischio persiste fino a quando non si verifica una remissione significativa. Dato che il miglioramento potrebbe non verificarsi durante le prime settimane o più di trattamento, i pazienti devono essere tenuti sotto attenta osservazione fino a quando non si manifesti tale miglioramento. Secondo l’esperienza clinica generale, il rischio di suicidio può aumentare nelle prime fasi del recupero. Anche altri disturbi psichiatrici per cui viene prescritta paroxetina possono essere associati a un maggiore rischio di suicidio-eventi correlati. Inoltre, può esservi una comorbilità di questi disturbi con il disturbo depressivo maggiore. Le stesse precauzioni previste nel trattamento di pazienti con disturbo depressivo maggiore devono essere quindi osservate nel trattamento dei pazienti con altri disturbi psichiatrici. I pazienti con anamnesi positiva per suicidio-eventi correlati, o i pazienti che manifestano un grado significativo di ideazione suicidaria prima dell’inizio del trattamento, sono noti per essere a rischio maggiore di pensieri suicidari o di tentativi di suicidio e devono essere tenuti sotto attenta osservazione durante il trattamento. Una metanalisi degli studi clinici condotti con farmaci antidepressivi in confronto con placebo in pazienti adulti con disturbi psichiatrici ha mostrato un aumento del rischio di comportamento suicidario nella fascia di età inferiore a 25 anni dei pazienti trattati con antidepressivi rispetto al placebo (vedere anche paragrafo 5.1). La terapia farmacologica con antidepressivi deve essere sempre associata ad una stretta sorveglianza dei pazienti, in particolare di quelli ad alto rischio, specialmente nelle fasi iniziali del trattamento e dopo cambiamenti di dose. I pazienti (o chi si prende cura di loro) dovrebbero essere avvertiti della necessità di monitorare e di riportare immediatamente al proprio medico curante qualsiasi peggioramento del quadro clinico, l’insorgenza di comportamento o pensieri suicidari o di cambiamenti comportamentali. Acatisia/Irrequietezza psicomotoria L’uso di paroxetina è stato associato allo sviluppo di acatisia, caratterizzata da un senso di irrequietezza interiore e da agitazione psicomotoria, quale ad es. l’incapacità di stare seduti o restare fermi, di solito associata a malessere soggettivo. È più probabile che ciò si verifichi nelle prime settimane di trattamento. Nei pazienti che sviluppano questi sintomi, un aumento della dose può essere dannoso. Sindrome serotoninergica/Sindrome Neurolettica Maligna In rare occasioni, può verificarsi lo sviluppo di sindrome serotoninergica o eventi simili a sindrome neurolettica maligna, in associazione al trattamento con paroxetina soprattutto se somministrata in associazione ad altri farmaci serotoninergici e/o neurolettici. Poiché tali sindromi possono comportare condizioni potenzialmente letali, il trattamento con paroxetina deve essere interrotto nel caso in cui compaiano tali eventi (caratterizzati da gruppi di sintomi, quali ipertermia, rigidità, mioclono, instabilità autonomica con possibile rapida fluttuazione dei segni vitali, alterazioni dello stato mentale compresi confusione, irritabilità, agitazione estrema che evolve fino a delirio e coma) e deve essere istituito un trattamento sintomatico di supporto. La paroxetina non deve essere utilizzata in associazione a precursori della serotonina (L-triptofano, oxitriptano) a causa del rischio di sindrome serotoninergica (vedere paragrafi, 4.3 e 4.5). Mania Come per tutti gli antidepressivi, la paroxetina deve essere utilizzata con cautela in pazienti con anamnesi positiva per mania. La paroxetina deve essere sospesa nei pazienti che entrano in una fase maniacale. Alterazione della funzione renale/epatica Si raccomanda cautela nei pazienti con compromissione di grado severo della funzione renale o nei pazienti con compromissione della funzione epatica (vedere paragrafo 4.2 “Posologia e modo di somministrazione”). Diabete Nei pazienti diabetici, il trattamento con gli SSRI può alterare il controllo glicemico. Può essere necessario un aggiustamento del dosaggio dell’insulina e/o degli ipoglicemizzanti orali. Epilessia Come per altri antidepressivi, la paroxetina deve essere utilizzata con cautela nei pazienti con epilessia. Convulsioni L’incidenza complessiva di convulsioni in pazienti trattati con paroxetina è inferiore allo 0,1%. Il farmaco deve essere sospeso nei pazienti che sviluppano crisi epilettiche. Terapia Elettroconvulsiva (ECT) L’esperienza clinica nella somministrazione concomitante di paroxetina con ECT è limitata. Glaucoma Come per altri SSRI, la paroxetina causa midriasi e deve quindi essere utilizzata con cautela in pazienti con glaucoma ad angolo chiuso o anamnesi positiva per glaucoma. Malattie cardiache Nei pazienti cardiopatici devono essere osservate le solite precauzioni. Iponatremia L’iponatremia è stata segnalata raramente, prevalentemente negli anziani. Deve essere esercitata cautela anche nei pazienti a rischio di iponatremia, ad esempio per terapie concomitanti e cirrosi. L’iponatremia è generalmente reversibile con la sospensione della paroxetina. Emorragie Con gli SSRI sono state segnalate anomalie della coagulazione a livello cutaneo, quali ecchimosi e porpora. Sono state segnalate altre manifestazioni emorragiche, ad es. emorragie gastrointestinali. I pazienti anziani possono presentare un rischio maggiore. Si consiglia cautela nei pazienti che assumono SSRI in concomitanza con anticoagulanti orali, farmaci noti per influenzare la funzione piastrinica o altri farmaci che possono aumentare il rischio di emorragie (ad es. gli antipsicotici atipici, quali clozapina, fenotiazine, la maggior parte degli antidepressivi triciclici, l’acido acetilsalicilico, i FANS e i COX-2 inibitori), e nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi emorragici o condizioni che possono predisporre a emorragie. Interazione con tamoxifene La paroxetina, un potente inibitore del citocromo CYP2D6 può ridurre la concentrazione dell’endoxifene, uno dei più importanti metaboliti attivi del tamoxifene. La paroxetina deve essere evitata, quando possibile, durante l’uso del tamoxifene. (vedere paragrafo 4.5) Sintomi da sospensione osservati in seguito all’interruzione del trattamento con paroxetina I sintomi da sospensione osservati quando il trattamento viene sospeso sono comuni, in particolare se l’interruzione avviene bruscamente (vedere paragrafo 4.8 Effetti indesiderati). Negli studi clinici, gli eventi avversi osservati con l’interruzione del trattamento si sono verificati nel 30% dei pazienti trattati con paroxetina, rispetto al 20% dei pazienti trattati con placebo. L’insorgenza di sintomi da sospensione non è la stessa dei casi in cui un farmaco induce assuefazione o dipendenza. Il rischio di comparsa dei sintomi da sospensione può dipendere da diversi fattori, quali la durata della terapia, il dosaggio e la velocità di riduzione della dose. Sono stati segnalati capogiri, disturbi sensoriali (comprese parestesia e sensazione di scossa elettrica e tinnito), disturbi del sonno (compresi sogni vividi), agitazione o ansia, nausea, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emotiva, irritabilità e disturbi visivi. Generalmente questi sintomi sono lievi-moderati, tuttavia in alcuni pazienti l’intensità può essere grave. In genere compaiono entro i primi giorni di sospensione del trattamento, ma sono stati segnalati casi molto rari nei quali sono comparsi in pazienti che avevano inavvertitamente saltato una dose. In genere, tali sintomi sono auto-limitanti e di solito si risolvono entro 2 settimane, sebbene in alcuni individui possano essere prolungati (2-3 mesi o più). Si consiglia pertanto di ridurre gradualmente la dose di paroxetina, quando si sospende il trattamento, nell’arco di un periodo di diverse settimane o mesi, in base alle necessità del paziente (vedere “Sintomi da sospensione osservati in seguito all’interruzione del trattamento con paroxetina”, paragrafo 4.2).
5. Interazioni
Farmaci serotoninergici Come con altri SSRI, la co-somministrazione di farmaci serotoninergici può portare all’insorgenza di effetti associati alla 5-HT (sindrome serotoninergica: vedere paragrafo 4.4). Si deve consigliare cautela e si richiede un controllo clinico più attento quando farmaci serotoninergici (come, L-triptofano, triptani, tramadolo, linezolid, metiltinoninio cloruro (blu di metilene), SSRI, litio, petidina e preparazioni a base di erba di San Giovanni - Hypericum perforatum) sono somministrati in associazione con paroxetina. Si deve consigliare cautela anche con fentanil usato in anestesia generale o nel trattamento del dolore cronico. L’uso concomitante di paroxetina ed IMAO è controindicato a casua del rischio della sindrome setotoninergica. (vedere 4.3). Pimozide In uno studio clinico è stato osservato un aumento dei livelli plasmatici di pimozide mediamente di 2,5 volte a seguito della concomitante somministrazione di 60 mg di paroxetina e di una singola somministrazione a basso dosaggio di pimozide (2 mg). Questo può essere spiegato dalle note proprietà di inibizione del CYP2D6 da parte della paroxetina. A causa del ridotto indice terapeutico della pimozide e della sua nota capacità di prolungare l’intervallo QT, l’uso concomitante di pimozide e paroxetina è controindicato (vedere paragrafo 4.3). Enzimi preposti al metabolismo dei farmaci Il metabolismo e la farmacocinetica della paroxetina possono essere influenzati dall’induzione o dall’inibizione degli enzimi preposti al metabolismo dei farmaci. Quando la paroxetina deve essere somministrata in concomitanza con un farmaco noto per essere inibitore del metabolismo enzimatico, deve essere considerato l’uso della paroxetina alle dosi più basse dell’intervallo posologico. In caso di co-somministrazione con un farmaco noto per essere induttore del metabolismo enzimatico (ad es. carbamazepina, rifampicina, fenobarbital, fenitoina), o con fosamprenavir/ritonavir. non si ritiene necessario un aggiustamento del dosaggio iniziale. Qualsiasi aggiustamento del dosaggio (anche dopo l’inizio o in seguito alla sospensione di un induttore del metabolismo enzimatico) deve essere basato sull’effetto clinico (tollerabilità ed efficacia). Fosamprenavir/ritonavir La co-sommistrazione di fosamprenavir/ritonavir 700/100 mg due volte al giorno con paroxetina 20 mg/die in volontari sani per 10 giorni ha diminuito modo significativamente i livelli plasmatici della paroxetina del 55% circa. Le concentrazioni plasmatiche di fosamprenavir/ritonavir durante la co-somministrazione con paroxetina erano simili ai valori di riferimento osservati in altri studi, ad indicazione dell’effetto non significativo della paroxetina sul metabolismo di fosamprenavir/ritonavir. Non sono disponibili dati relativi all’effetto a lungo termine della co-somministrazione di paroxetina e fosamprenavir/ritonavir per più di 10 giorni. Prociclidina La somministrazione giornaliera di paroxetina aumenta in modo significativo i livelli plasmatici di prociclidina. Se si osservano effetti anticolinergici, la dose di prociclidina deve essere ridotta. Anticonvulsivanti Carbamazepina, fenitoina, sodio valproato: la somministrazione concomitante non sembra mostrare alcun effetto sul profilo farmacocinetico/farmacodinamico nei pazienti epilettici. Potenza inibitoria della paroxetina sul CYP2D6 Come per altri antidepressivi, inclusi altri SSRI, la paroxetina inibisce l’enzima CYP2D6 del citocromo epatico P450. L’inibizione del CYP2D6 può portare a un aumento delle concentrazioni plasmatiche di farmaci in co-somministrazione, metabolizzati da questo enzima. Questi comprendono certi antidepressivi triciclici (ad es. clomipramina, nortriptilina e desipramina), neurolettici fenotiazinici (ad es. perfenazina e tioridazina, vedere paragrafo 4.3), risperidone, atomoxetina, alcuni antiaritmici di Tipo 1c (ad es. propafenone e flecainide) e metoprololo. Non è raccomandato l’uso di paroxetina in associazione con metoprololo, somministrato nell’insufficienza cardiaca, a causa del ristretto indice terapeutico del metoprololo in questa indicazione. In letteratura è riportato che l’interazione farmacocinetica tra inibitori del CYP2D6 ed il tamoxifene determina una riduzione del 65%-75% dei livelli plasmatici di una delle forme più attive del tamoxifene, l’endoxifen. In alcuni studi è dimostrata un diminuzione di efficacia del tamoxifene se utilizzato in combinazione con alcuni SSRI. Una diminuzione dell’effetto del tamoxifene non può essere escluso se somministrato contemporaneamente ad inibitori del CYP2D6 (inclusa la paroxetina) il cui uso deve essere evitato appena possibile (vedere paragrafo 4.4.). Alcool Come con altri farmaci psicotropi, i pazienti devono essere avvertiti di evitare l’uso di alcool durante il trattamento con paroxetina. Anticoagulanti orali Potrebbe verificarsi un’interazione farmacodinamica tra la paroxetina e gli anticoagulanti orali. L’uso concomitante di paroxetina e anticoagulanti orali può portare a un aumento dell’attività anticoagulante e del rischio di emorragie. Pertanto, la paroxetina deve essere usata con cautela nei pazienti in trattamento con anticoagulanti orali (vedere paragrafo 4.4). Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), acido acetilsalicilico e altri antiaggreganti piastrinici Potrebbe verificarsi un’interazione farmacodinamica tra la paroxetina e i FANS/acido acetilsalicilico. L’uso concomitante di paroxetina e FANS/acido acetilsalicilico può portare a un aumento del rischio di emorragie (vedere paragrafo 4.4). Si consiglia cautela nei pazienti che assumono SSRI in concomitanza con anticoagulanti orali, farmaci noti per influire sulla funzione piastrinica o altri farmaci che possono aumentare il rischio di emorragie (ad es. antipsicotici atipici quali clozapina, fenotiazine, la maggior parte degli antidepressivi triciclici, acido acetilsalicilico, FANS, COX-2 inibitori) e nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi emorragici o condizioni che possono predisporre ad emorragie.
6. Effetti indesiderati
Alcune farmaco degli effetti indesiderati sotto elencati possono diminuire di intensità e frequenza con la continuazione del trattamento e generalmente non richiedono l’interruzione della terapia. Gli effetti indesiderati sono elencati secondo la classificazione sistemica-organica e in base alla frequenza. La frequenza degli effetti indesiderati è definita come segue: •  molto comune (≥ 1 / 10) •  comune (≥ 1 / 100, < 1 / 10) •  non comune (≥ 1 / 1.000, < 1 / 100) •  raro (≥1/10.000, <1/1.000) •  molto raro (< 1/10.000), comprese segnalazioni isolate. •  non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Patologie del sistema emolinfopoietico Non comuni: disturbi emorragici, prevalentemente a carico della cute e delle mucose (per lo più ecchimosi). Molto rare: trombocitopenia. Disturbi del sistema immunitario Molto rare: reazioni allergiche (incluse orticaria e angioedema). Patologie endocrine Molto rare: sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico (SIADH). Disturbi del metabolismo e della nutrizione Comuni: aumento dei livelli di colesterolo, riduzione dell’appetito. Rare: iponatremia. L’iponatremia è stata segnalata soprattutto in pazienti anziani ed è talvolta dovuta alla sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico (SIADH). Disturbi psichiatrici Comuni: sonnolenza, insonnia, agitazione, sogni anomali (compresi incubi) Non comuni: confusione, allucinazioni. Rari: reazioni maniacali, ansia, depersonalizzazione, attacchi di panico, acatisia (vedere paragrafo 4.4). Frequenza non nota: ideazione suicidaria e comportamenti suicidari. Durante il trattamento con paroxetina oppure poco dopo la sospensione del trattamento sono stati riportati casi di ideazione suicidaria e comportamenti suicidari (vedere paragrafo 4.4). Questi sintomi possono essere dovuti anche alla malattia di base. Patologie del sistema nervoso Comuni: capogiri, tremore, cefalea, difficoltà di concentrazione. Non comuni: disturbi extrapiramidali. Rare: convulsioni, sindrome delle gambe senza riposo (RLS). Molto rare: sindrome serotoninergica (i sintomi possono includere agitazione, confusione, diaforesi, allucinazioni, iperreflessia, mioclono, brividi, tachicardia e tremore). Sono stati segnalati casi di disturbi extrapiramidali, inclusa distonia oro-facciale, a volte in pazienti già affetti da disturbi del movimento o in pazienti in trattamento con neurolettici. Patologie dell’occhio Comuni: offuscamento della visione. Non comuni: midriasi (vedere paragrafo 4.4) Molto rari: glaucoma acuto. Patologie dell’orecchio e del labirinto Frequenza non nota: tinnito. Patologie cardiache Non comuni: tachicardia sinusale. Rare: bradicardia. Patologie vascolari Non comuni: aumento o calo transitorio della pressione arteriosa, ipotensione posturale. Sono stati riportati aumenti o cali transitori della pressione arteriosa in seguito a trattamento con paroxetina, di solito in pazienti con preesistente ipertensione o ansia. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Comuni: sbadiglio. Patologie gastrointestinali Molto comuni: nausea. Comuni: costipazione, diarrea, vomito, secchezza delle fauci. Molto rari: emorragia gastrointestinale. Patologie epatobiliari Rare: innalzamento degli enzimi epatici. Molto rari: eventi a carico del fegato (quali epatite, talvolta associata a ittero e/o insufficienza epatica) È stato segnalato l’innalzamento degli enzimi epatici. Nel periodo successivo all’immissione in commercio sono stati anche segnalati, molto raramente, eventi a carico del fegato (quali epatite, talvolta associata a ittero e/o insufficienza epatica). In caso di prolungato incremento dei valori dei test di funzionalità epatica si deve prendere in considerazione la sospensione della paroxetina. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Comuni: sudorazione. Non comuni: eruzione cutanea, prurito. Molto rari: reazioni avverse cutanee gravi (incluso eritema multiforme, sindrome di Stenvens- Johnson e necrolisi epidermica tossica), reazioni di fotosensibilità. Patologie renali e urinarie Non comuni: ritenzione urinaria, incontinenza urinaria. Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Molto comuni: disfunzione sessuale. Rari: iperprolattinemia/galattorrea. Molto rari: priapismo. Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Rare: artralgia, mialgia. Studi epidemiologici condotti principalmente su pazienti di 50 anni d’età e oltre, evidenziano un aumentato rischio di fratture ossee in pazienti che assumono SSRIs e TCAs. Il meccanismo alla base di tale effetto non è noto. Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Comuni: astenia, aumento ponderale. Molto rari: edema periferico. SINTOMI DA SOSPENSIONE OSSERVATI IN SEGUITO ALL’INTERRUZIONE DEL TRATTAMENTO CON PAROXETINA Comuni: capogiri, disturbi sensoriali, disturbi del sonno, ansia, cefalea. Non comuni: agitazione, nausea, tremore, confusione, sudorazione, instabilità emotiva, disturbi della visione, palpitazioni, diarrea, irritabilità. L’interruzione del trattamento con paroxetina (soprattutto se brusca) porta comunemente a sintomi da sospensione. Sono stati segnalati capogiri, disturbi sensoriali (comprese parestesia, sensazione di scossa elettrica e tinnito), disturbi del sonno (compresi sogni vividi), agitazione o ansia, nausea, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emotiva, irritabilità e disturbi visivi. Generalmente, questi eventi sono di intensità da lieve a moderata e auto-limitanti, tuttavia in alcuni pazienti possono essere di intensità severa e/o prolungati. Si consiglia pertanto, quando non è più richiesto il trattamento con paroxetina, una graduale interruzione con un decremento graduale della dose (vedere paragrafo 4.2 e paragrafo 4.4.). EFFETTI INDESIDERATI OSSERVATI IN STUDI CLINICI IN ETÀ PEDIATRICA Sono stati osservati i seguenti avversi effetti indesiderati: aumento dei comportamenti correlati al suicidio (compresi tentativi di suicidio e ideazione suicidaria), autolesionismo e aumentata ostilità. I pensieri suicidari e i tentativi di suicidio sono stati osservati principalmente in studi clinici condotti su adolescenti con disturbo di depressione maggiore Un aumento dell’ostilità si è verificato in particolare in bambini con disturbo ossessivo compulsivo, e in particolare nei bambini di età inferiore ai 12 anni. Altri eventi che sono stati osservati sono: riduzione dell’appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, agitazione, instabilità emotiva (incluso tra cui pianto e variazioni dell’umore), avversi effetti indesiderati correlati al sanguinamento, principalmente della cute e delle mucose. Gli eventi osservati dopo la sospensione/progressiva diminuzione della paroxetina sono: labilità emotiva (incluso il pianto, fluttuazioni dell’umore, comportamento autolesionista, ideazione suicidaria e tentativi di suicidio), nervosismo, capogiri, nausea e dolore addominale (vedere paragrafo 4.4). Per maggiori informazioni sugli studi clinici pediatrici vedere paragrafo 5.1.
7. Gravidanza e allattamento
Fertilità Studi clinici hanno dimostrato che gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina SSRI (inclusa la paroxetina) possono influenzare la qualità dello sperma. Questo effetto sembra sia reversibile a seguito della sospensione del trattamento. Gli studi non hanno esaminato l’impatto sulla fertilità, ma le modifiche della qualità dello sperma possono influenzare la fertilità in alcuni uomini. Gravidanza Alcuni studi epidemiologici indicano un aumento del rischio di malformazioni congenite, in particolare cardiovascolari [ad es. difetti del setto ventricolare (maggioranza) e atriale], associato all’uso di paroxetina durante il primo trimestre di gravidanza. Il meccanismo non è noto. I dati suggeriscono che il rischio di avere un bambino con un difetto cardiovascolare, a seguito di esposizione materna alla paroxetina, è inferiore a 2/100, rispetto a un tasso previsto per tali malformazioni di circa 1/100 nella popolazione generale. La paroxetina non deve essere somministrata usata durante la gravidanza, se non in caso di assoluta necessità. Il medico che prescrive il farmaco dovrà valutare attentamente la possibilità di adottare trattamenti alternativi in donne in stato di gravidanza o che pianificano una gravidanza. Durante la gravidanza deve essere evitata la brusca interruzione del trattamento(vedere. “Sintomi da sospensione osservati dopo interruzione del trattamento con paroxetina, paragrafo 4.2). Alla nascita, i neonati devono essere posti sotto osservazione se l’uso materno della paroxetina continua negli avanzati ultimi mesi di gravidanza, in particolare durante il terzo trimestre. I seguenti sintomi possono verificarsi nel neonato in seguito all’uso materno della paroxetina negli avanzati ultimi mesi di gravidanza: distress respiratorio, cianosi, apnea, convulsioni, temperatura instabile, difficoltà ad alimentarsi, vomito, ipoglicemia, ipertonia, ipotonia, iperreflessia, tremore, nervosismo, irritabilità, letargia, pianto continuo, sonnolenza e difficoltà ad addormentarsi. Questi sintomi possono essere dovuti agli effetti serotoninergici o a sintomi da sospensione. Nella maggioranza dei casi le complicazioni iniziano immediatamente o subito dopo (meno di 24 ore) il parto. Dati epidemiologici hanno suggerito che l’uso di SSRI in gravidanza, particolarmente in gravidanza avanzata, può portare ad un aumento del rischio di ipertensione polmonare persistente nel neonato (PPHN). Il rischio osservato è di circa 5 casi ogni 1000 gravidanze. Nella popolazione generale, si verificano da 1 a 2 casi di PPHN ogni 1000 gravidanze. Gli studi sugli animali hanno evidenziato tossicità riproduttiva, ma non hanno indicato effetti dannosi diretti su gravidanza, sviluppo embrio/fetale, parto o sviluppo post-natale (vedere paragrafo 5.3 “Dati preclinici di sicurezza”). Allattamento Piccole quantità della paroxetina sono escrete nel latte materno. In studi pubblicati, le concentrazioni sieriche in neonati allattati al seno non erano rilevabili (<2 ng/ml) o molto basse (<4 ng/ml) e non è stato osservato alcun effetto del farmaco in questi neonati. Poiché non si prevedono effetti, l’allattamento al seno può essere preso in considerazione.
8. Conservazione
Questo medicinale non richiede alcuna speciale condizione di conservazione.
9. Principio attivo
Paroxetina GERMED 10 mg: ogni compressa contiene 10 mg di paroxetina (come paroxetina cloridrato anidro). Paroxetina GERMED 20 mg: ogni compressa contiene 20 mg di paroxetina (come paroxetina cloridrato anidro). Paroxetina GERMED 30 mg: ogni compressa contiene 30 mg di paroxetina (come paroxetina cloridrato anidro). Paroxetina GERMED 40 mg: ogni compressa contiene 40 mg di paroxetina (come paroxetina cloridrato anidro). Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
10. Eccipienti
Cellulosa microcristallina (E 460) Calcio fosfato dibasico diidrato (E 341) Croscarmellosa sodica (E 468) Silice colloidale anidra (E 551) Magnesio stearato (E 470b)
11. Sovradosaggio
Sintomi e segni Sulla base delle informazioni disponibili riguardo al sovradosaggio con paroxetina, appare evidente un ampio margine di sicurezza. L’esperienza nei casi di sovradosaggio di paroxetina ha indicato che, oltre ai sintomi descritti al paragrafo 4.8, sono stati riportati febbre, e contrazioni muscolari involontarie. I pazienti si sono generalmente ripresi senza gravi sequele, anche in caso di assunzione di dosi fino a 2000 mg di paroxetina da sola. Eventi quali coma o alterazioni dell’ECG sono stati segnalati occasionalmente e, molto raramente, con esito fatale, ma in genere quando la paroxetina era stata assunta in associazione ad altri farmaci psicotropi, con o senza alcool. Trattamento Non è noto alcun antidoto specifico. Il trattamento deve consistere nelle abituali misure utilizzate nel sovradosaggio qualsiasi dovuto agli antidepressivi. La somministrazione di carbone attivo, 20 o 30 grammi può essere considerata presa in considerazione se possibile entro poche ore dopo l’ingestione del sovradosaggio, per diminuire l’assorbimento della paroxetina. È indicata una terapia di supporto con attenta osservazione e frequente monitoraggio dei parametri vitali. La gestione del paziente dovrebbe essere effettuata come clinicamente indicato.
Le informazioni pubblicate in questa pagina riportano informazioni farmaceutiche (Foglietto Illustrativo e Caratteristiche principali del Farmaco), sono da intendersi a solo scopo illustrativo; non intendono e non devono sostituirsi alle opinioni del medico. Per informazioni complete e sempre aggiornate su questo farmaco si consiglia di consultare il portale dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).
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