Capelli bianchi: perché potrebbero essere un segnale di autodifesa del corpo

Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano
A cura di Mattia Zamboni
Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano

Data articolo – 29 Ottobre, 2025

Un signore anziano che sorride con i capelli bianchi

Un nuovo studio dell'Università di Tokyo fa luce su un interessante meccanismo che collega la crescita dei capelli bianchi ad un processo di difesa da rischio di cancro e danni al DNA.

Ecco cosa è emerso.

L’ingrigimento dei capelli

Per raggiungere questi risultati, il team di ricerca ha impiegato due tipi di tecniche:

  • il tracciamento del lignaggio a lungo termine in vivo (l'insieme di tecniche genetiche e sperimentali utilizzate per tracciare la migrazione e la proliferazione delle singole cellule);
  • la profilazione dell’espressione genica nei topi (ovvero lo studio su larga scala di quali geni vengono "accesi" o "spenti").

L’analisi ha permesso di comprendere in che modo le cellule staminali dei melanociti (McSC) reagiscono a differenti forme di danno al DNA, rivelando che in presenza di rotture del doppio filamento del DNA, queste cellule attivano un processo irreversibile: la seno-differenziazione associata alla senescenza.


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In pratica, le McSC maturano in cellule differenziate che, a livello fisiologico, portano all’ingrigimento dei capelli.

Il meccanismo che regola tale risposta è orchestrato dall’attivazione della via di segnalazione p53–p21, un sistema di controllo cellulare che agisce come “freno di sicurezza” contro la proliferazione di cellule danneggiate.

Il doppio ruolo dei melanociti

Lo scenario cambia radicalmente quando le McSC vengono esposte a agenti cancerogeni: in questo caso, le cellule non seguono più il programma protettivo innescato dal danno al DNA ma, al contrario, aggirano la seno-differenziazione, conservando la loro capacità di autorinnovarsi e dando origine a cloni cellulari in espansione.

Questo comportamento anomalo è sostenuto da una proteina rilasciata sia dalle cellule della nicchia staminale locale sia da quelle dell’epidermide circostante che inibisce la via della seno-differenziazione, spostando il destino delle McSC da una risposta difensiva a una condizione proliferativa e potenzialmente tumorale.

In tali circostanze, le cellule staminali dei melanociti danneggiate, invece di andare incontro a differenziazione e perdita, permangono nella nicchia e mantengono un potenziale proliferativo anomalo. Questa condizione può favorire la formazione di cellule staminali tumorali (McSCc), aumentando il rischio di melanomagenesi, ovvero l’origine del melanoma.

Una signora con dei ciuffi di capelli bianchi

Lo studio, quindi, mette in luce un doppio volto delle cellule staminali dei melanociti:

  • da un lato, capaci di attivare un meccanismo protettivo che previene la trasformazione neoplastica a costo dell’ingrigimento dei capelli;
  • dall’altro, vulnerabili alla manipolazione di segnali extracellulari che possono favorire la comparsa di lesioni precancerose.

Si tratta di un vero e proprio “bivio” biologico, che può portare a due conseguenze distinte a seconda del tipo di danno al DNA.

È fondamentale chiarire che i risultati dello studio non implicano che l’ingrigimento dei capelli agisca come una forma di prevenzione del cancro. Piuttosto, evidenziano come la seno-differenziazione rappresenti un meccanismo protettivo indotto dallo stress cellulare, attraverso il quale l’organismo elimina in modo naturale le cellule staminali dei melanociti (McSC) che hanno subito danni potenzialmente pericolosi.

Individuando i circuiti molecolari che regolano questa biforcazione del destino cellulare, è possibile avere una prospettiva più ampia sul legame tra invecchiamento dei tessuti e sviluppo del cancro.

Fonti:

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