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Le cellule staminali e il loro utilizzo per la cura delle malattie oculari

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Le cellule staminali sono utilizzate da anni con successo nel campo dell’oftalmologia. Ma di cosa si tratta?

Il limbus corneale è l’area di transizione tra la cornea trasparente e la parte bianca dell’occhio (sclera). In questa zona, le cellule staminali limbari che lo compongono sono cellule capaci di autorigenerarsi, dando così origine a un nuovo epitelio corneale, il tessuto che ricopre la superficie dell’intera cornea. L’epitelio corneale è lo strato esterno superficiale della cornea ed è il primo a essere distrutto o alterato da traumi chimici e ustioni, come avviene con il contatto con la calce viva o in seguito a malattie difficili da controllare, come la cheratite erpetica.

Le cellule basali dell’epitelio limbare sono le cellule staminali dell’epitelio corneale. Sono contenute in nicchie, costituite da pliche radiali del connettivo, ricche di vasi sanguigni e linfatici, all’interno delle quali si pone l’epitelio e le palizzate di Vogt.

Queste cellule risultano poco differenziate e sono in grado di effettuare una divisione asimmetrica: una cellula figlia rimane staminale con potenzialità rigenerative, mentre l’altra intraprende il cammino di differenziazione irreversibile e si trasforma nel normale epitelio corneale che ricopre tutta la superficie della cornea.

Le cellule basali staminali del limbus si differenziano da quelle della congiuntiva e della cornea in quanto hanno un tempo di incorporazione della timidina triziata più lungo e, quindi, un ciclo cellulare più breve e si dividono più rapidamente.

Come si possono utilizzare le cellule staminali del limbus corneale per migliorare la vista di occhi con la cornea opaca, in seguito a ustioni o malattie specifiche della cornea?

Il trapianto di limbus consiste nel prelevare dall’occhio sano un rettangolo di tessuto limbare corneale che contiene le cellule staminali totipotenti, capaci di rigenerare l’epitelio e “trapiantarlo” alla periferia della cornea opaca dell’occhio malato.

Dal punto della cornea, dove è stato effettuato il trapianto, le cellule staminali sane si trasformano via via in tessuto epiteliale e, rapidamente, colonizzano l’intera cornea riformando il sottile strato di epitelio distrutto dalla causticazione della cornea.

L’ottenimento di questo positivo risultato è indispensabile per poter successivamente effettuar un trapianto della cornea ed evitare che la nuova cornea si opacizzi in seguito a un rigetto. Infatti, nelle gravi patologie da causticazione della cornea, se si esegue la sostituzione della cornea senza aver prima rigenerato un nuovo e sano epitelio inevitabilmente il trapianto della cornea non avrà esito positivo.

In sintesi, le cellule staminali limbari possono essere prelevate dall’occhio sano e “innestate” nell’occhio malato per poter ricostruire il tessuto epiteliale andato irreparabilmente distrutto.

Cosa sono le staminali e come si ottengono?

Le cellule staminali sono cellule “immature”, cioè capaci di “specializzarsi”, trasformandosi in qualunque tessuto e organo del nostro corpo. Ma dove si trovano le cellule staminali? L’embrione è considerato il bacino delle staminali per eccellenza, poiché allo stadio iniziale di sviluppo dell’embrione tutte le cellule sono “staminali” totipotenti praticamente equivalenti.

Poi, di pari passo con lo sviluppo dell’embrione, le cellule si specializzano, perdendo così la loro capacità di trasformarsi in tutti i differenti tipi di cellula. Ad oggi, la principale fonte di cellule staminali (eccetto le specifiche cellule staminali limbari), destinata a trapianto, è il midollo osseo.

Tuttavia, i ricercatori hanno incominciato a ottenere staminali embrionali da cellule adulte grazie a una tecnica, messa a punto per la prima volta nel 2006 in Giappone, che richiede una ‘riprogrammazione’ genetica: si usano, attualmente, da tre a quattro geni diversi per avviare un ringiovanimento della cellula adulta, che torna così allo stadio di staminale; una volta avviata questa trasformazione, i geni che hanno funzionato da ‘innesco’ vengono levati dal Dna.

L’8 ottobre 2012, Shinya Yamanaka è insignito del premio Nobel per la medicina, assieme al britannico John Gurdon per il loro lavoro sulla riprogrammazione nucleare delle cellule mature.

Le staminali riprogrammate (iPS) sono pluripotenti e rappresentano una frontiera importante della medicina rigenerativa: in futuro, le cellule ‘ringiovanite’, dopo adeguati studi in vitro e in vivo, potrebbero essere utilizzate anche in campo oftalmologico per riparare la retina, spesso colpita da malattie degenerative principalmente su base circolatoria in età avanzata.

La più comune è la maculopatia che colpisce una persona su tre dopo i 75 anni. Aspettative importanti che oggi non sono ancora applicabili in quanto non esistono terapie, anche a base di cellule staminali, capaci di far funzionare nuovamente una retina che ha subito l’inevitabile danno dovuto all’età. È stato studiato che mentre l’aspettativa di vità potrà migliorare fino 140, la capacità della retina di poter funzionare perfettamente e far vedere bene le persone non dovrebbe superare i 108 anni d’età. La prospettiva quindi sarà di un possibile allungamento importante della vita associato però ad una capacità visiva molto scarsa.

In quali casi si possono utilizzare le staminali per gli occhi?

In campo oftalmologico, è giusto ribadire che l’uso delle staminali è impiegato con successo per la cura di patologie che riguardano la trasparenza della cornea, data la capacità di ricostituire l’epitelio corneale normalmente distrutto da gravi malattie. Sono iniziati studi di laboratorio per la ricostruzione della retina che ad oggi non hanno portato a nessun risultato pratico utile per le persone che non sono in grado di vedere.

La prima sperimentazione sull’uomo ha preso avvio nel 2014 in Giappone su sei soggetti ipovedenti affetti da AMD (forma umida di degenerazione maculare legata all’età, che ha ridotto la loro acuità visiva a meno di 1/10) ed è tutt’ora ancora in corso: gli studiosi si sono prefissi l’ambizioso obiettivo di recuperare circa il 10% della vista dei malati. Ma è una sfida al limite del possibile.

In particolare, il protocollo sperimentale prevede l’uso di cellule adulte geneticamente riprogrammate sino allo stadio di staminali (iPS): l’esperimento prevede che cellule della pelle (fibroblasti) vengano ‘ringiovanite’ intervenendo sul loro Dna e poi vengano fatte sviluppare sino allo stadio di cellule retiniche (epitelio pigmentato retinico). Ma ad oggi non si sono ottenuti risultati positivi significativi per i pazienti.

Gli ultimi casi

Recentemente, i medici del Moorfields Eyes Hospital di Londra, la struttura di maggior tradizione e prestigio per la cura delle malattie oculari dell’ Inghilterra, hanno tentato di riparare la macula, la porzione centrale della retina, utilizzando le cellule staminali embrionali di una paziente sessantenne affetta da degenerazione maculare.

In particolare, secondo quanto riferito dalla BBC, la donna era affetta da una forma grave e progressiva di degenerazione maculare, caratterizzata dalla formazione di nuovi vasi sanguigni al di sotto della retina che causano micro-emorragie e il sollevamento della membrana dei fotorecettori, provocando così una progressiva perdita della vista.

Benché l’intervento abbia suscitato molto interesse in ambito scientifico, sarà necessario un tempo elevato prima di poter verificare eventuali effetti positivi sulla vista della signora, perché le staminali (posizionate al posto del tessuto retinico danneggiato) hanno bisogno di tempo per attecchire e trasformarsi in cellule della macula.
Speriamo che, in un prossimo futuro, l’evoluzione della scienza possa portare a soluzioni terapeutiche più efficaci per permettere migliaia di pazienti di recuperare la vista.

Oggi tutto questo non è proprio possibile.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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