Lavorare da casa può davvero migliorare la salute mentale? A fare chiarezza é un nuovo studio internazionale uscito nel 2025 che ha indagato come lo smart working influisca sul benessere psicologico dei lavoratori.
Negli ultimi anni il lavoro da remoto è diventato una componente strutturale dell’organizzazione lavorativa, ma i suoi effetti sulla salute mentale restano oggetto di largo dibattito.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Social Science & Medicine, ha esaminato l’impatto del pendolarismo e delle diverse modalità di lavoro (in presenza, da remoto o ibride) sulla psiche dell'essere umano.
I risultati sembrano mostrare benefici concreti, ma non uguali per tutti. Vediamo, dunque, cosa rivelano i dati e qual é il loro reale significato per la salute del lavoratore.
Smart working e salute mentale: verità dal nuovo studio
La ricerca si basa sui dati della Household, Income and Labour Dynamics in Australia Survey (HILDA), uno dei più ampi studi longitudinali al mondo su lavoro, reddito e salute.
La fase di analisi ha seguito circa 16.000 lavoratori australiani per quasi 20 anni, escludendo deliberatamente i primi due anni della pandemia di Covid-19 per evitare che lo smart working “forzato” alterasse i risultati.
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Attraverso modelli statistici avanzati, gli autori dello studio hanno isolato l’effetto specifico del lavoro da casa e del tempo trascorso negli spostamenti quotidiani, tenendo conto di eventi di vita potenzialmente confondenti, come cambi di lavoro o traslochi.
Ma cosa significa?
In pratica, i miglioramenti o i peggioramenti della salute mentale osservati non sono attribuibili ad altri cambiamenti personali importanti, ma sono messi in relazione diretta con la modalità di lavoro e con il pendolarismo.
Smart working e benessere psicologico
Secondo lo studio, lavorare da casa per una quota intermedia del tempo, tra il 50% e il 75% delle ore lavorative, è associato a un miglioramento significativo della salute mentale.
Il beneficio è particolarmente marcato nelle donne, soprattutto in quelle che presentavano livelli di benessere psicologico più bassi all’inizio dell’osservazione.
Emerge inoltre che il vantaggio non è spiegato solo dalla riduzione degli spostamenti, ma da una combinazione di fattori: maggiore autonomia nella gestione del tempo, minore esposizione allo stress dell’ambiente d’ufficio e una più facile conciliazione tra lavoro e vita privata.
Smart working e salute mentale: una soluzione valida per tutti?
Sebbene lo studio evidenzi benefici concreti dello smart working sulla salute mentale, gli autori sottolineano che il lavoro da remoto non è automaticamente protettivo per tutti.
In alcuni casi, soprattutto in assenza di confini chiari tra vita privata e lavoro, lo smart working può favorire isolamento sociale, aumento delle ore lavorative e difficoltà nel recupero psicologico.
Anche fattori individuali come la personalità, il tipo di mansione e il contesto abitativo incidono sugli effetti sul benessere mentale.
Per questo, i ricercatori che hanno lavorato allo studio, analizzandolo nelle sue sfaccettature più insidiose, indicano come più efficace un modello ibrido e strutturato, capace di coniugare flessibilità, relazioni sociali e tutela della salute psicologica.
Smart-working e salute mentale: il pendolarismo
Diverso il discorso per il tempo trascorso negli spostamenti casa-lavoro. Lo studio mostra che il pendolarismo non ha effetti significativi sulla salute mentale delle donne, mentre negli uomini con maggiore fragilità psicologica un aumento del tempo di viaggio è associato a un lieve peggioramento del benessere mentale.
Questo dato suggerisce che il lavoro da remoto agisce come fattore protettivo non solo perché riduce gli spostamenti, ma perché modifica in modo più profondo l’organizzazione della giornata lavorativa.
Smart working: le donne ne hanno più bisogno?
Da quanto emerge dallo studio, il divario di genere osservato non sembra casuale. La distribuzione ancora diseguale dei carichi familiari e domestici rende il lavoro flessibile particolarmente rilevante per le donne.
Inoltre, fattori strutturali come la segregazione occupazionale e alcune culture aziendali che penalizzano la flessibilità possono amplificare l’impatto psicologico delle modalità di lavoro.
Ma, in via generale, cosa indicano i risultati principali dello studio?
Vediamolo:
- lo smart working parziale è associato a un miglioramento della salute mentale;
- i benefici sono più evidenti nelle donne e in chi parte da condizioni psicologiche più fragili;
- il vantaggio del lavoro da casa va oltre la semplice riduzione del pendolarismo;
- il tempo di spostamento incide negativamente soprattutto sugli uomini più vulnerabili.
Nel complesso, lo studio suggerisce che modelli di lavoro ibridi, ben progettati e non emergenziali, possono rappresentare un’opportunità concreta di promozione della salute mentale, soprattutto in un contesto lavorativo sempre più flessibile e orientato al benessere.
Fonti:
PubMed - The effects of commuting and working from home arrangements on mental health