Declino cognitivo, usare apparecchi acustici prima dei 70 anni riduce il rischio del 61%

Emanuela Spotorno |  Autrice e divulgatrice esperta in salute, benessere femminile e medicina preventiva
A cura di Emanuela Spotorno
Autrice e divulgatrice esperta in salute, benessere femminile e medicina preventiva

Data articolo – 18 Settembre, 2025

medico inserisce apparecchio acustico ad una signora

Un nuovo studio pubblicato su JAMA Neurology evidenzia l’importanza di intervenire precocemente sui disturbi uditivi per ridurre il rischio di declino cognitivo e demenza.

Secondo la ricerca, iniziare a utilizzare apparecchi acustici entro i 70 anni può abbassare del 61% le probabilità di sviluppare problemi cognitivi negli anziani con ipoacusia lieve o moderata.

Scopriamo nel dettaglio i risultati.

Lo studio

La ricerca ha analizzato i dati di 2.953 partecipanti, tutti di età pari o superiore a 60 anni e senza segni iniziali di demenza. I soggetti sono stati sottoposti a test audiometrici standardizzati tra la fine degli anni Settanta e la metà degli anni Novanta, per poi essere seguiti per vent’anni.

Durante il periodo di osservazione, il 20% dei partecipanti (583 persone) ha sviluppato una forma di demenza. I ricercatori hanno distinto tre gruppi: chi non presentava deficit uditivi, chi aveva una perdita dell’udito non trattata con protesi acustiche e infine chi utilizzava apparecchi acustici.

L’analisi ha rivelato che:

  • le persone con perdita uditiva che indossavano apparecchi acustici prima dei 70 anni mostravano un 61% di riduzione del rischio di sviluppare demenza rispetto a chi aveva ipoacusia ma non usava protesi;
  • chi non presentava ipoacusia aveva comunque un rischio inferiore del 29% rispetto a chi soffriva di perdita uditiva non corretta;
  • l’associazione protettiva tra apparecchi acustici e rischio di demenza non è stata riscontrata nei partecipanti che avevano 70 anni o più al momento della valutazione dell’udito.

Lo studio, guidato dalla professoressa Alexa S. Beiser della Boston University, sottolinea l’importanza di intervenire precocemente nei casi di perdita uditiva. La protezione sembra infatti dipendere non solo dall’uso del dispositivo, ma anche dall’età a cui questo viene introdotto.

I ricercatori hanno inoltre tenuto conto di variabili come livello di istruzione, fattori di rischio vascolare (pressione, colesterolo, diabete, indice di massa corporea) e presenza di malattie cardiovascolari, senza che i risultati principali cambiassero in modo significativo.

Un cervello che lavora

Diversi meccanismi possono spiegare la relazione tra ipoacusia e demenza. In presenza di un deficit uditivo, il cervello tende a compensare dedicando più risorse all’elaborazione dei suoni, a scapito di funzioni come memoria e comprensione. Questo processo comporta un progressivo affaticamento delle aree cerebrali coinvolte.

A ciò si aggiungono i meccanismi di neuroinfiammazione, comuni sia alla perdita uditiva sia alle malattie neurodegenerative. Una risposta immunitaria eccessiva e cronica può danneggiare i neuroni, aumentando la vulnerabilità del cervello. 

Anche l’isolamento sociale gioca un ruolo: la sordità favorisce la riduzione dei contatti quotidiani e incrementa il rischio di depressione, fattore collegato a processi infiammatori cerebrali.


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Limiti e prospettive future

Gli autori dello studio evidenziano alcuni limiti importanti. Il questionario sull’uso degli apparecchi acustici non ha consentito di valutare con precisione la frequenza e la durata dell’impiego quotidiano, né di distinguere in maniera dettagliata tra gravità della perdita uditiva e età di insorgenza del disturbo. 

Inoltre, non sono stati considerati in profondità fattori socioeconomici e stili di vita che potrebbero influenzare sia l’adozione delle protesi sia il rischio di declino cognitivo.

Nonostante questi limiti, i risultati offrono un contributo significativo alla comprensione del legame tra udito e salute cerebrale. L’evidenza che l’uso precoce degli apparecchi acustici possa ridurre in maniera marcata il rischio di demenza conferma l’importanza di diagnosi e interventi tempestivi.

Inoltre, emerge chiaramente come il ruolo sociale ed emotivo della perdita uditiva non possa essere trascurato: la difficoltà a comunicare e l’isolamento derivante dall’ipoacusia possono incrementare lo stress cognitivo e favorire l’insorgenza di disturbi dell’umore, entrambi fattori collegati al declino cognitivo.

Questi dati suggeriscono che favorire la consapevolezza sull’importanza della cura dell’udito e superare lo stigma legato all’uso delle protesi potrebbe avere un impatto concreto sulla prevenzione della demenza. 

Politiche più inclusive e programmi di sensibilizzazione, che incoraggino l’adozione precoce degli apparecchi acustici anche in presenza di perdita uditiva lieve o moderata, possono trasformare questi dispositivi da strumenti di supporto a alleati strategici della salute cognitiva a lungo termine.

Fonti:

  • JAMA Network- Hearing Aids Might Curb Dementia Risk Associated With Hearing Loss
  • PubMed - Self-Reported Hearing Aid Use and Risk of Incident Dementia
  • NeurologyLive - Large-Scale Study Suggests Protective Benefit of Hearing Aids in Development of Dementia
  • ACHIEVE - Hearing Aids Slow Cognitive Decline in Older Adults with Hearing Loss and at Risk for Cognitive Decline
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