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Perché il Covid-19 si diffonde dove macellano la carne

Redazione

Ultimo aggiornamento – 15 Giugno, 2022

Coronavirus: perché si diffonde facilmente nei mattatoi

Salgono di ora in ora i contagi da Coronavirus nel più grande mattatoio d’Europa, a Guetersloh, nel Land tedesco del Nordreno-Vestfalia. Ad oggi, sono più di mille e trecento i lavoratori risultati positivi al Coronavirus. I numeri salgono, e la possibilità di istituire una nuova zona rossa non sembra essere remota.

Non è solo la Germania a far parlare di sé. Diversi focolai più piccoli si sono registrati in Irlanda, Francia, Regno Unito, Olanda, Spagna, Canada e, soprattutto, Stati Uniti dove il Coronavirus si è diffuso in oltre 200 impianti di macellazione con circa 24 mila contagi e un centinaio di vittime. 

Anche l’Italia ha fatto la sua parte. Recentemente, uno stabilimento di Bari ha chiuso i battenti per due settimane, dopo che 71 impiegati sono risultati positivi al virus. 

Insomma, possiamo dire con buona dose di certezza che il caso di Guetersloh non è isolato. La domanda, a questo punto, vien da sé: perché il Covid-19 si diffonde nei mattatoi così facilmente

Mattatoi e Coronavirus: perché il virus si diffonde 

Non esiste un’unica causa che porta alla diffusione del virus nei mattatoi, bensì un insieme di motivazioni che rendono questi ambienti di lavoro particolarmente a rischio. Citiamo, prima di tutto, la mancanza di distanziamento sociale, le basse temperature e la presenza di ventilazioni piuttosto potenti.

Partiamo da principio. Le lavorazioni delle carni su grandi numeri obbligano a turni di lavoro affollati. Gli operai, per esempio, devono stare molto vicini tra di loro per poter seguire la catena di montaggio mentre le carcasse di animali si muovono a gran velocità su ganci o nastri trasportatori. I lavoratori hanno giusto un paio di secondi per portare a termine il loro compito, prima di veder sfilare un nuovo pezzo di carne. Rallentare i ritmi di produzione, insomma, sarebbe l’unico modo possibile per permettere l’osservanza dell’ormai celebre distanziamento sociale.

A causa dei ritmi piuttosto intensi, la mascherina, poi, non sembra possa essere indossata con tanta facilità. Inoltre, chi lavora in questi reparti è obbligato a urlare per comunicare, a causa del rumore intenso prodotto dai macchinari - e parlare ad alta voce porta all’emissione di maggiori quantità di droplets. 

Anche le basse temperature fanno la loro parte. Il freddo - come ormai sembra essere dimostrato - è terreno fertile per la diffusione del virus, che gli permette di vivere più a lungo sospeso nell’aria. 

Per ultimo, non per importanza, in questi impianti funzionano sistemi di ventilazione molto potenti, utili a far sì che la carne non si deteriori.

Infine, ricordiamoci che la carne è considerata un bene di consumo essenziale: le industrie coinvolte nella produzione, dunque, sono rimaste aperte anche nei periodi più critici della pandemia.

La carne non è pericolosa per l'uomo

Non cadiamo nel facile allarmismo. Nonostante la diffusione del Coronavirus nei mattatoi, la carne lavorata non è pericolosa per l’uomo.

Anche nel caso in cui dovesse essere contaminata da un lavoratore che non indossa correttamente i dispositivi di protezione individuale, il normale processo di cottura distruggerebbe ogni potenziale traccia di virus presente

Ricordiamoci, poi, che il SARS-CoV-2 è un virus respiratorio e, ad oggi, non abbiamo nessuna evidenza che possa essere trasmesso attraverso cibo contaminato. «Normalmente le malattie respiratorie non si trasmettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche ed evitando il contatto fra alimenti crudi e cotti», ha sottolineato il Ministero della Salute. Anche l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) sottolinea la sicurezza dei prodotti alimentari, pur ricordando l'importanza dei processi di cottura e lavaggio, oltre all'igiene personale di chi li manipola.

Il problema del Coronavirus nei mattatoi va risolto, certo. Ma, per ora, evidenza che possa essere trasmesso dalle carni lì lavorate non esiste.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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