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Sindrome ipercinetica

Neurologia
Un bambino con l'insegnante

Cos'è la sindrome ipercinetica

La sindrome ipercinetica, nota come Hyperkinetic Disorder (ICD-10) e oggi unificata in ADHD, secondo ICD-11 e DSM-5, è un disturbo neuroevolutivo caratterizzato da iperattività motoria, impulsività e deficit attentivo. 

L'ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), ovvero disturbo da deficit di attenzione e iperattività, è una condizione neurobiologica, reale e complessa. Il disturbo ha una natura neurocomportamentale ed è piuttosto comune nei bambini. Non scompare con l'età ma continua con l'età adulta.  

In sintesi, cosa è l'ADHD:
  • Disturbo del neurosviluppo che comprende disattenzione, iperattività, impulsività.
  • Condizione neurobiologica chiamata anche 'sindrome ipercinetica'.
  • DSM-5 richiede la presenza di sintomi per almeno 6 mesi in più contesti.
L'ADHD o sindrome ipercinetica è un disturbo del neurosviluppo al centro del quale ci sono schemi comportamentali di disattenzione, iperattività e impulsività, che creano difficoltà concrete nella vita di tutti i giorni.

La sindrome ipercinetica non è solo una questione di irrequietezza o distrazione, bensì una condizione profonda e persistente che compromette la capacità di mantenere l'attenzione, controllare impulsi e regolare l'energia mentale e fisica.
 
L'equivoco che può nascere quando non si conosce la condizione di ADHD è pensare che il bambino, nel caso della sindrome ipercinetica infantile, non si vuole impegnare o è semplicemente troppo vivace.

C'è una base neurobiologica dietro a queste manifestazioni. E oggi, dopo anni di fraintendimenti, si riconosce sempre più che non si tratta di "mancanza di volontà", ma di un disturbo neurobiologico con precise correlazioni genetiche e cerebrali. Parallelamente, cresce la consapevolezza pubblica grazie ai media e alle iniziative educative.

Sintomi di sindrome ipercinetica

Questo è un punto molto delicato e importante. Non basta vedere il bambino agitato per una settimana per concludere che sia affetto da sindrome ipercinetica. La diagnosi si stabilisce su una durata dei sintomi di almeno 6 mesi e con una valutazione dello specialista di riferimento.

Ai fini della diagnosi, i sintomi devono manifestarsi in contesti diversi, con persistenza e pervasività in almeno due ambienti (ad esempio casa e scuola o casa e lavoro) per una durata minima di sei mesi, e devono interferire con le performance quotidiane.

Nei più piccoli, come premesso, domina l'irrequietezza motoria. Negli adulti, invece, si fanno sentire caos, fatica e dispersione nella gestione e organizzazione del tempo, energie e attività.

Vediamo da vicino quali sono i sintomi della sindrome ipercinetica infantile e del disturbo che, comunque, riguarda anche gli adulti:
  • disattenzione: difficoltà a mantenere la concentrazione sui compiti, nel gioco, errori di distrazione;
  • avere la testa tra le nuvole quando si parla con gli altri;
  • perdere oggetti;
  • farsi distrarre facilmente da stimoli esterni;
  • faticare a organizzare le attività.
Come premesso, non si sta parlando della semplice sbadataggine che tutti possiamo avere ogni tanto, o quando siamo stanchi. Si tratta di un pattern, un modello di comportamento vero e proprio. Un modo di funzionare che impatta sull'organizzazione e sull'attenzione nel tempo. 

ll deficit di attenzione si manifesta in una continua difficoltà a mantenere la concentrazione, con frequenti dimenticanze o distrazioni che interferiscono con lo svolgimento dei compiti.

Tra gli altri sintomi, o più che altro segnali comportamentali, ci sono anche l'iperattività e l'impulsività.

L'iperattività è evidente attraverso un bisogno insistente di muoversi, anche quando non appropriato, e può tradursi in difficoltà nel restare seduti o in un parlare incessante.

L'impulsività spinge alla reazione immediata, senza considerare le conseguenze, con interruzioni nelle conversazioni e decisioni rapide che possono creare problemi relazionali o lavorativi. 

Gli "atteggiamenti" riconoscibili sono:

  • l'incapacità di stare fermi;
  • il continuo agitarsi con mani o piedi;
  • alzarsi spesso quando il contesto richiede che si stia seduti;
  • parlare eccessivo (un fiume di parole);
  • rispondere prima che la domanda sia finita;
  • interrompere di continuo i discorsi o i giochi;
  • difficoltà ad aspettare il proprio turno.
Non tutti i sintomi si manifestano allo stesso tempo o allo stesso modo. Ci può essere chi è più disattento, chi è più iperattivo o impulsivo, e chi ha una combinazione delle due modalità.

Sintomi per fasce di età

Sono delle indicazioni di massima per orientarsi nella geografia dei sintomi legati ad ADHD:

  • 0–3 anni: irrequietezza estrema, difficoltà regolazione sonno e alimentazione;
  • 4–7 anni: esordio sintomi classici / difficoltà a scuola / ipermotricità marcata;
  • 8–12 anni: consolidamento diagnosi / emergono comorbidità quali disturbi oppositivi;
  • adolescenti: stabilizzazione iperattività ma impulsività persiste;
  • adulti: in ca. 60% persistenza sintomi; compromissione lavorativa e relazionale.

Le cause

In sintesi:
  • fattore genetico preponderante (70–80%);
  • alterazioni neurologiche (circuiti dopaminergici);
  • fattori prenatali e perinatali (fumo, prematurità);
  • contesto di vita quotidiana (stress familiare).

Cause genetiche

La genetica gioca un ruolo piuttosto forte. Il peso genetico della sindrome ipercinetica si fa sentire con un buon 70 e l’80% di incidenza ereditaria.

A livello neurologico, si osservano differenze nelle connessioni tra aree frontali del cervello e circuiti dopaminergici e noradrenergici, che regolano l'attenzione, la motivazione e l'autocontrollo, il controllo degli impulsi (neurotrasmettitori: dopamina e noradrenalina).

Fattori di rischio di sindrome ipercinetica

Le complicazioni prima o durante la nascita possono determinare la comparsi dei disturbi ipercinetici. 

Durante la gravidanza, per esempio, il contatto con il fumo, l'alcol o inquinanti aumentano il rischio, così come condizioni perinatali come nascita prematura o basso peso.

Anche condizioni familiari instabili o eccessivamente stressanti possono peggiorare la gravità dei sintomi o mascherarli, rendendo la diagnosi più difficile o tardiva.

Sul banco degli imputati è salito anche lo zucchero, ma non ci sono prove scientifiche che mostrino la sua responsabilità nel causare ADHD.

Diagnosi

In sintesi:
  • diagnosi differenziale per esclusione di comorbidità (ansia, depressione);
  • osservazione in contesti diversi;
  • scale consolidate (ASRS, Conners), che permettono la diagnosi mediante metodi standardizzati.
La diagnosi oggi richiede un approccio che integri l'osservazione di più ambienti, casa, scuola o il posto di lavoro per gli adulti. Ma soprattutto per non confondere questa condizione con altre, serve una diagnosi differenziale. È necessario distinguere bene, su basi certe, che non si tratti di altri disturbi.

Per esempio, anche il disturbo bipolare può presentarsi con segnali di irrequietezza e impulsività, ma nel bipolare questi sintomi sono più episodici, legati alle fasi dell'umore. Nell'ADHD, invece, sono più costanti nel tempo. 

Anche il disturbo dello spettro autistico può essere sospettabile a primo impatto. Possono esserci difficoltà sociali, come quelle che si riscontrano nell'ADHD, ma le ragioni alla base sono diverse. Nell'autismo sono più primarie, nell'ADHD, invece sono una conseguenza delle difficoltà attentive o impulsive.

Sono tante le altre le condizioni che possono far sembrare un bambino disattento, compresi i più insospettabili problemi di udito. L'adulto può non riuscire a portare avanti le sue attività quotidiane a causa dei disturbi del sonno. Se non si dorme a sufficienza, entrando in debito del sonno, ne risentono concentrazione e umore.  

Da non sottovalutare le condizioni di salute, come i problemi alla tiroide o l'ipoglicemia (basso zucchero nel sangue), che possono dare sintomi simili a quelli dell'ADHD, tipo irritabilità o agitazione.

In definitiva, la diagnosi di ADHD richiede un'indagine molto attenta con valutazioni approfondite fatte da esperti con vari strumenti:
  • interviste cliniche;
  • questionari per genitori e insegnanti (come le scale ASRS o Conners);
  • osservazione diretta del comportamento della persona in contesti diversi (casa, scuola, lavoro);
  • la raccolta della storia della persona e della famiglia.
Non è una diagnosi che si basa su una singola osservazione o un test "istantaneo", ma il risultato di un rigoroso insieme di informazioni.

Scale come l’ASRS per adulti e le Conners per bambini forniscono dati quantitativi, da integrare con interviste approfondite, anamnesi familiare e valutazioni psicologiche. Si valuta anche la presenza di possibili comorbidità, ansia, depressione, disturbi dell'apprendimento, per evitare trattamenti inefficaci o errati. 

Le diagnosi tardive in età adulta sono sempre più frequenti, confermando anni di difficoltà non riconosciute. La gestione di ADHD richiede strategie di coping per tutta la vita, terapie adattate all'età e supporto continuo.

La diagnosi precoce e il trattamento continuativo migliorano la condizione, confermando l'importanza di un approccio terapeutico che si estenda oltre l'infanzia.

Quali sono i pilastri del trattamento attuale per l'ADHD?

Il trattamento è multimodale e personalizzato. Comprende farmaci (stimolanti o non-stimolanti), terapia cognitivo-comportamentale, supporto educativo a scuola e sul lavoro, e uso di strumenti digitali per organizzazione e autonomia. Funziona meglio quando tutti gli interventi sono coordinati.

L'ADHD scompare con l'età adulta?

No, il bambino ipercinetico (sinonimo di "con ADHD" nel contesto neuropsichiatrico pediatrico) nella maggior parte dei casi resta l'adulto con ADHD, sebbene i sintomi possano cambiare. L'iperattività tende a ridursi, ma restano difficoltà di attenzione e impulsività. Sempre più diagnosi avvengono in età adulta, rendendo necessarie strategie di gestione a lungo termine.

Come sta cambiando la percezione sociale dell’ADHD e della neurodiversità?

La società sta passando da una visione dell'ADHD come disturbo a quella di neurodiversità, riconoscendone anche i punti di forza come creatività e capacità di pensiero rapido. Crescono inclusione, riduzione dello stigma e adattamenti personalizzati a scuola e lavoro.

Qual è la direzione della ricerca futura sull'ADHD?

La ricerca punta a diagnosi più rapide e cure su misura grazie a marcatori genetici e cerebrali, tecnologie come realtà virtuale e app terapeutiche, screening precoce in età prescolare e personalizzazione di farmaci e terapie. L'obiettivo è ridurre i sintomi di ipercinesia (iperattività) e valorizzare il potenziale individuale.
Dr. Christian Raddato Medico Chirurgo
Dr. Christian Raddato
medico generale

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