Hair positivity: il movimento della consapevolezza dell’aging

Alessandra Familari | Editor

Ultimo aggiornamento – 12 Giugno, 2025

Una donna dai capelli fluenti grigi

In una società che spinge le donne a considerare i segni dell’invecchiamento come un problema da risolvere, il movimento dell’Hair positivity si fa strada per normalizzarli.

Negli ultimi anni, un numero sempre maggiore di donne ha scelto di mantenere i capelli del proprio grigio naturale, assecondando il normale processo di invecchiamento.

Sono diverse, infatti, le celebrity che hanno mostrato la chioma d’argento agli eventi mondani, favorendo una comunicazione positiva riguardo l’accettazione di sé.

Cos’è l’hair positivity

L’Hair positivity è un movimento culturale moderno che fonda le sue radici nel principio di accettazione di sé, dell’invecchiamento, e di quanto questo comporti su un piano prettamente estetico.

Nell’ambito dell’aging, si tratta della capacità, ma prima ancora della scelta, di tornare a considerare normale una chioma grigia o bianca; a scindere il segno empirico dell’invecchiamento dalla percezione di “brutto”. Perché sì, anche il grigio può essere bello. Pure invecchiare può essere armonia. 

Assidua promotrice di questo movimento è l'attrice Andie MacDowell che conferma l’attualità di questa tendenza grazie al red carpet di Cannes 2025, dove ha mostrato con fierezza i suoi silver hair in un fluente look da sirena.

Nati da una necessità pratica a seguito della chiusura dei saloni nel periodo del lock down, i silver hair si sono evoluti in una scelta consapevole, quella di assecondare e normalizzare il naturale processo di ingrigimento della chioma. 

Il movimento dell’Hair positivity si sviluppa, quindi, nella consapevolezza, ed emerge grazie all’esigenza di libertà dagli stereotipi che nel corso dell’epoca moderna si sono susseguiti e poi radicati nella psiche di ogni individuo.

Hair positivity: il risultato della tendenza al pregiudizio sui capelli

Nel 2021, Toluna, in collaborazione con Dove, ha condotto uno studio riguardo i pregiudizi che coinvolgono la sfera estetica dei capelli. 

La ricerca “Capelli e pregiudizi” si è svolta attraverso il metodo dell’intervista, coinvolgendo un campione rappresentativo di oltre mille donne italiane di età compresa tra i 12 e i 55 anni. 

Secondo i dati emersi dalla ricerca il 69% delle intervistate ha dichiarato di aver vissuto in prima persona o di aver assistito a episodi di discriminazione o pregiudizio legati ai capelli.

Inoltre, l’83% delle partecipanti ha riportato che tali esperienze hanno avuto un impatto significativo sulla propria vita sociale. 

Questo studio mostra come gli stereotipi di bellezza creino un immaginario comune che porta gli individui ad assumere atteggiamenti negativi di pregiudizio e giudizio nei confronti di sé stessi e del prossimo, influenzando lo stato di benessere psicologico di coloro i quali sono coinvolti.

Una donna girata di schiena con i capelli grigi raccolti in un foulard

E proprio grazie all’esigenza di svincolarsi da tale dinamica, l’Hair positivity, ha cominciato a diffondersi nella società moderna occidentale, coinvolgendo donne delle più diverse età.

Hair positivity: mantenere i capelli grigi significa non curarsi?

Spesse volte, per le donne che mantengono i propri capelli in modo naturale, sia per forma che per colore, vi è la tendenza ad essere giudicate sciatte o poco curate. Episodi di questo stampo si verificano in modo particolare nel mondo dello spettacolo, dove l’occhio del pubblico e dei giornalisti di gossip è spiccatamente acuto. 

Ne è un esempio il commento di un giornalista rivolto all’aspetto di Keira Knightley in occasione di un’intervista, dove l’attrice, invece che essere oggetto di domande riguardo ruolo o competenze, è diventata oggetto di giudizio estetico. “Ti vedo un po’ sbattuta”, aveva infatti esordito l’intervistatore.

Dunque, non è raro che, laddove una donna non rispecchi specifici parametri estetici, questa diventi vittima di giudizi sull’aspetto esteriore e pregiudizi riguardo l’ambito della cura personale.

Ma è davvero così? Una chioma naturalmente grigia è sintomo di una mancanza di cura della persona?

Mantenere il grigiore dei propri capelli insegna l’accettazione e la valorizzazione della propria unicità, il prodotto del tempo vissuto. E questo, in primo luogo, rappresenta un segno di consapevolezza e benessere mentale.

I capelli naturalmente grigi non sono indice di “sciatteria”. Prendersi cura di sé, che si tratti di pelle o capelli, non significa necessariamente “curare” quello che viene considerato come un “problema estetico”; significa curarsi del benessere e della salute del corpo.

I capelli grigi naturali, infatti, presentano caratteristiche differenti rispetto a un capello giovane, e ciò che si rende importante è la cura della sua struttura piuttosto che l’attenzione alla sua colorazione.

Hair positivity: cura di sé e consapevolezza

L’Hair positivity vuole comunicare che la presenza di cura non deve essere condizionata da canoni e stereotipi estetici, ma, piuttosto, da una cura profonda legata alle reali necessità del capello. 

Si tratta di un movimento che può aiutare le donne a limitare la condizione di malessere mentale determinata dai pregiudizi estetici sul proprio aspetto, introducendole, inoltre, a un percorso di benessere della cura del corpo che sia concreto e adeguato.

Il ritorno all’accettazione e alla comprensione della naturalità dei processi d’invecchiamento non equivale, dunque, a una mancanza di cura, ma indica una manifestazione di autenticità e consapevolezza.   

Significa aver accolto una lezione fondamentale: saper abitare lo scorrere del tempo e i cambiamenti che la vita porta con sé.

Alessandra Familari | Editor
Scritto da Alessandra Familari | Editor

Durante il percorso di studi in Lettere moderne ho avuto occasione di partecipare a diverse realtà editoriali che mi hanno introdotta nel mondo della scrittura web. Dopo tre anni di esperienza nel giornalismo, con particolare focus sulla sociologia e la psicologia sociale, ho cominciato a occuparmi di articoli sul benessere.

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Alessandra Familari | Editor
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