Doxorubicina Auro 2 mg/ml concentrato per soluzione per infusione 1 flaconcino in vetro da 100 ml

Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 2021
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1. Indicazioni terapeutiche
DOXORUBICINA ACTAVIS PTC è indicata per il trattamento di: • carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC) • carcinoma mammario • carcinoma ovarico recidivante • profilassi intravescicale delle recidive del carcinoma superficiale della vescica in seguito a resezione transuretrale (TUR) • trattamento sistemico del carcinoma vescicale localmente avanzato o metastatico • terapia neoadiuvante ed adiuvante per l’osteosarcoma • sarcoma dei tessuti molli avanzato in età adulta • sarcoma di Ewing • linfoma di Hodgkin • linfoma non Hodgkin altamente maligno • trattamento di induzione e consolidamento nella leucemia linfatica acuta • leucemia mieloblastica acuta • mieloma multiplo in stadio avanzato • carcinoma endometriale avanzato o recidivante • tumore di Wilms (nelle varianti altamente maligne di stadio II, in tutti gli stati avanzati [III âE.“ IV]) • carcinoma papillare/follicolare avanzato della tiroide • carcinoma anaplastico della tiroide • neuroblastoma in stadio avanzato La doxorubicina viene somministrata frequentemente in regimi chemioterapici di associazione con altri agenti citostatici.
2. Posologia
DOXORUBICINA AUROBINDO deve essere somministrato solo sotto la supervisione di un medico qualificato, esperto nel trattamento citotossico. I pazienti devono essere inoltre monitorati attentamente e frequentemente durante il trattamento (vedere paragrafo 4.4). In virtù del pericolo di cardiomiopatia letale, prima di ogni applicazione è necessario soppesare i rischi e i benefici per il singolo paziente. La somministrazione di doxorubicina è prevista solo per via endovenosa o intravescicale. Somministrazione endovenosa : La doxorubicina può essere somministrata in bolo per via endovenosa nell’arco di alcuni minuti o come infusione a breve termine fino a un’ora o come infusione endovenosa continua per un massimo di 24 ore (vedere anche paragrafo 6.3). In monoterapia la dose può essere frazionata e somministrata in 2–3 giorni consecutivi. La somministrazione avviene tramite cannula in infusione endovenosa di soluzione iniettabile di cloruro di sodio 9 mg/ml (0,9%) o di destrosio 50 mg/ml (5%) che fluisce nell’arco di 2–15 minuti. Questa tecnica riduce al minimo il rischio di tromboflebite o stravaso perivenoso che possono causare grave cellulite locale, formazione di vesciche e necrosi tissutale. La somministrazione per via endovenosa diretta non è raccomandata in considerazione del rischio di stravaso, che si può presentare anche in presenza di un adeguato ritorno del sangue all’aspirazione con ago (vedere paragrafo 6.6). Il dosaggio della doxorubicina dipende dal regime posologico, dallo stato generale e dal trattamento precedente del paziente. La posologia di somministrazione della doxorubicina può variare in base all’indicazione (tumori solidi o leucemia acuta) e secondo l’uso nel regime terapeutico specifico (in monoterapia o in associazione ad altri agenti citotossici o come parte di procedure multidisciplinari che includono un’associazione di chemioterapia, procedura chirurgica, radioterapia e trattamento ormonale). Monoterapia: il dosaggio viene solitamente calcolato sulla base della superficie corporea (mg/m²). Quando la doxorubicina viene impiegata in monoterapia la dose raccomandata è di 60–75mg/m² ogni 3 settimane. Regime di combinazione: se la doxorubicina cloridrato viene somministrata in associazione ad altri agenti antitumorali, con tossicità sovrapposta come ciclofosfamide ev. ad alte dosi o composti correlati alle antracicline quali daunorubicina, idarubicina e/o epirubicina, il dosaggio della doxorubicina deve essere ridotto a 30–60 mg/m² ogni 3–4 settimane. Nei pazienti a cui non è possibile somministrare la dose intera (ad esempio in caso di immunosoppressione, età avanzata), un dosaggio alternativo è 15–20 mg/m² di superficie corporea una volta alla settimana. Per evitare la cardiomiopatia, si raccomanda di non superare la dose cumulativa totale di doxorubicina (compresi farmaci correlati, quali daunorubicina) di 450–550 mg/m² di superficie corporea nell’arco della vita. Per i pazienti con cardiopatia concomitante sottoposti a irradiazione mediastinica e/o cardiaca, a trattamento precedente con farmaci alchilanti o a trattamento concomitante con agenti potenzialmente cardiotossici e per i pazienti ad alto rischio (con ipertensione arteriosa da > 5 anni, danno coronarico, valvolare o miocardico pregresso, età superiore a 70 anni), non deve essere superata la dose totale massima di 400 mg/m² di superficie corporea e deve essere monitorata la funzione cardiaca (vedere paragrafo 4.4). Compromissione epatica Nei casi di funzione epatica ridotta, il dosaggio deve essere ridotto secondo la seguente tabella:
Bilirubina sierica Dose raccomandata
20–50 micro mole/l ½ dose normale
> 50–85 micro mole/l ¼ dose normale
La doxorubicina è controindicata nei pazienti con gravi disturbi della funzione epatica (>85 micromole/l) (vedere paragrafo 4.3). Compromissione renale Nei casi di insufficienza renale con velocità di filtrazione glomerulare inferiore a 10 ml/min, si deve somministrare il 75% della dose calcolata. Popolazione pediatrica In considerazione dell’alto rischio d’insorgenza di cardiotossicità indotta da doxorubicina che può manifestarsi durante l’infanzia e l’adolescenza, devono essere applicati determinati dosaggi cumulativi massimi legati all’età dei pazienti. Nei bambini (al di sotto dei 12 anni d’età) la dose cumulativa massima è normalmente 300 mg/m² mentre negli adolescenti (al di sopra dei 12 anni d’età) la dose cumulativa massima è fissata a 450 mg/m². Per i lattanti i dosaggi cumulativi massimi non sono ancora stati decisi, ma si prevede una tollerabilità persino inferiore. Il dosaggio nei bambini deve essere ridotto a causa dell’alto rischio di cardiotossicità che può manifestarsi a distanza di tempo. Deve essere prevista la mielotossicità, con nadir da 10 a 14 giorni dall’inizio del trattamento. Pazienti obesi Nei pazienti obesi si deve considerare una dose iniziale ridotta o un intervallo di somministrazione prolungato (vedere paragrafo 4.4). Somministrazione intravescicale : La doxorubicina può essere somministrata per instillazione intravescicale per il trattamento del carcinoma vescicale superficiale e per prevenire la recidiva dopo la resezione transuretrale (TUR). La dose raccomandata per il trattamento intravescicale del carcinoma vescicale superficiale è 30–50 mg in 25–50 ml di soluzione fisiologica per instillazione. La concentrazione ottimale è circa 1 mg/ml. La soluzione deve rimanere nella vescica per 1–2 ore. Durante questo periodo il paziente deve essere ruotato di 90° ogni 15 minuti. Per evitare una diluizione indesiderata con l’urina, il paziente deve essere informato della necessità di astenersi dal bere qualsiasi liquido per un periodo di 12 ore prima dell’instillazione (per ridurre la produzione di urina a circa 50 ml/ora). L’instillazione può essere ripetuta a un intervallo di 1 settimana – 1 mese, a seconda del fatto che il trattamento sia terapeutico o profilattico. Nota: La posologia per la somministrazione della doxorubicina S–liposomiale e la doxorubicina (convenzionale) come in DOXORUBICINA AUROBINDO è differente. Le due formulazioni non sono intercambiabili.
3. Controindicazioni
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Ipersensibilità ad altre antracicline o altri antracenedioni. Controindicazioni per la somministrazione endovenosa: • mielosoppressione persistente o stomatite grave sviluppata durante il trattamento citotossico e/o la radioterapia precedenti • infezione generale • compromissione grave della funzione epatica • aritmia grave, compromissione della funzione cardiaca, infarto cardiaco precedente, cardiopatia infiammatoria acuta • trattamento precedente con antracicline alle dosi massime cumulative • maggiore tendenza emorragica • allattamento Controindicazioni per la somministrazione intravescicale:• tumori invasivi che hanno penetrato la vescica (oltre T1)• infezioni delle vie urinarie • infiammazione della vescica • problemi con la cateterizzazione, ad es. stenosi uretrale• ematuria • allattamento
4. Avvertenze
La doxorubicina deve essere somministrata solo con la supervisione di un medico esperto nell’uso di agenti chemioterapici antineoplastici. Prima dell’inizio del trattamento con la doxorubicina, devono essersi risolte le tossicità acute dei trattamenti citotossici precedenti (quali stomatite, neutropenia, trombocitopenia e infezioni generalizzate). Prima o durante il trattamento con DOXORUBICINA AUROBINDO si raccomandano i seguenti esami di monitoraggio (la frequenza di questi esami dipenderà dalle condizioni generali, dalla dose e dai farmaci concomitanti): • radiografie dei polmoni e del torace; ECG • monitoraggio regolare della funzione cardiaca (LVEF con ad es. ECG, UCG e MUGA) • ispezione giornaliera della cavità orale e della faringe per determinare cambiamenti delle mucose • esami del sangue: ematocrito, piastrine, conta differenziale dei globuli bianchi, SGPT, SGOT, LDH, bilirubina, acido urico. Controllo del trattamento Prima dell’inizio del trattamento si raccomanda di misurare la funzionalità epatica, utilizzando esami convenzionali quali AST, ALT, ALP e bilirubina, nonché la funzionalità renale. Controllo della funzione ventricolare sinistra Per ottimizzare la condizione cardiaca del paziente, si deve eseguire l’analisi della LVEF mediante ecografia o scintigrafia cardiaca. Questo controllo deve essere eseguito prima dell’inizio del trattamento e dopo ogni dose accumulata di approssimativamente 100 mg/m². Funzione cardiaca La cardiotossicità è un rischio del trattamento con le antracicline che può manifestarsi con eventi precoci (ovvero acuti) o tardivi. Eventi precoci (ovvero acuti): la cardiotossicità precoce della doxorubicina è rappresentata prevalentemente da tachicardia del seno e/o anomalie nell’ECG, quali alterazioni non specifiche dell’onda ST–T. Sono state segnalate anche tachiaritmie, tra cui contrazioni ventricolari premature e tachicardia ventricolare, bradicardia, nonché blocco atrioventricolare e blocco di branca. Questi sintomi indicano in genere una tossicità acuta transitoria. L’appiattimento e l’allargamento del complesso QRS oltre i limiti nella norma possono indicare cardiomiopatia indotta da doxorubicina cloridrato. In genere, nei pazienti con un valore LVEF basale normale (=50%), una riduzione del 10% del valore assoluto o una diminuzione al di sotto della soglia del 50% indica disfunzione cardiaca e in questi casi il trattamento con la doxorubicina cloridrato deve essere considerato con attenzione. Eventi tardivi (ossia ritardati): la cardiotossicità tardiva si sviluppa in genere nelle fasi più avanzate della terapia con la doxorubicina o entro 2–3 mesi dalla fine del trattamento; tuttavia sono stati segnalati anche eventi successivi, da alcuni mesi ad alcuni anni dalla fine del trattamento. La cardiomiopatia tardiva si manifesta con riduzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) e/o segni e sintomi di insufficienza cardiaca congestizia (CHF), quali dispnea, edema polmonare, edema dipendente, cardiomegalia ed epatomegalia, oliguria, ascite, versamento pleurico e ritmo di galoppo. Sono stati segnalati anche effetti subacuti, quali pericardite/miocardite. L’insufficienza cardiaca congestizia, pericolosa per la vita, è la forma più grave di cardiomiopatia indotta da antracicline e rappresenta la tossicità dose cumulativa–limitante del farmaco. Prima del trattamento con la doxorubicina, i pazienti devono essere sottoposti a valutazione della funzione cardiaca, che deve essere successivamente monitorata durante l’intera terapia per ridurre al minimo il rischio di grave compromissione cardiaca. Il rischio può essere ridotto da un monitoraggio regolare della LVEF durante il trattamento con una tempestiva interruzione della somministrazione della doxorubicina al primo segno di compromissione della funzione. I metodi quantitativi appropriati per la valutazione ripetuta della funzione cardiaca (valutazione della LVEF) includono MUGA (angiografia multigated con radionuclide) o ecocardiografia. Si raccomanda una valutazione cardiaca basale con ECG e MUGA o ecocardiografia, in particolare nei pazienti con fattori di rischio di aumento della cardiotossicità. Occorre eseguire determinazioni ripetute della LVEF con MUGA o ecocardiografia, in particolare con dosi cumulative più elevate di antracicline. Le tecniche impiegate per la valutazione devono essere coerenti per l’intero follow up. La probabilità di sviluppare insufficienza cardiaca congestizia, stimata approssimativamente all’1%–2% a una dose cumulativa di 300 mg/m², aumenta lentamente fino alla dose cumulativa totale di 450–550 mg/m². Successivamente, il rischio di sviluppare insufficienza cardiaca congestizia aumenta rapidamente; si consiglia di non superare una dose cumulativa massima di 550 mg/m². Se il paziente presenta altri fattori di rischio potenziali di cardiotossicità (anamnesi di malattia cardiovascolare, terapia precedente con altre antracicline o antracenedioni, radioterapia precedente o concomitante all’area mediastinica/pericardica e uso concomitante di medicinali in grado di sopprimere la contrattilità cardiaca, tra cui ciclofosfamide e 5–fluoruracile), la cardiotossicità indotta dalla doxorubicina può manifestarsi a dosi cumulative inferiori e la funzione cardiaca deve essere monitorata attentamente. È probabile che la tossicità della doxorubicina e delle altre antracicline o degli antracenedioni sia aggiuntiva. Funzione epatica La via di eliminazione principale della doxorubicina è il sistema epatobiliare. Prima e durante il trattamento con la doxorubicina si deve valutare la bilirubina sierica totale. I pazienti con valori elevati di bilirubina possono presentare una clearance più lenta del farmaco con un aumento della tossicità generale. In questi pazienti si raccomandano dosi inferiori (vedere paragrafo 4.2). I pazienti con grave compromissione epatica non devono assumere la doxorubicina (vedere paragrafo 4.3). Patologie gastrointestinali Si raccomanda una profilassi antiemetica. La doxorubicina non deve essere usata in presenza di infiammazione, ulcerazione o diarrea. Tossicità ematologica La doxorubicina può produrre mielosoppressione (vedere paragrafo 4.8). In caso di mielosopressione grave la doxorubicina non deve essere somministrata: è quindi necessario ridurre la dose o posticipare la somministrazione. Occorre prestare particolare cautela per assicurarsi che un’infezione grave e/o un episodio emorragico possano essere trattati velocemente e in modo efficace. Le infezioni già esistenti devono essere trattatte prima d’iniziare la terapia con la doxorubicina. I profili ematologici, compresa la conta differenziale dei globuli bianchi, devono essere valutati prima e durante ogni ciclo di terapia con la doxorubicina. Granulocitopenia (neutropenia) e/o leucopenia reversibile dose–dipendente rappresentano la manifestazione prevalente della tossicità ematologica indotta dalla doxorubicina e la tossicità dose–limitante più acuta di questo farmaco. Leucopenia e neutropenia raggiungono in genere il nadir da 10 a 14 giorni dopo la somministrazione del farmaco; nella maggior parte dei casi, la conta dei globuli bianchi/neutrofili torna ai valori normali entro 21 giorni. Se i valori ematici non rientrano nella norma, si deve considerare la riduzione della dose o l’aumento dell’intervallo di somministrazione. Possono manifestarsi anche trombocitopenia e anemia. Le conseguenze cliniche della mielosoppressione grave comprendono febbre, infezioni, sepsi/setticemia, shock settico, emorragia, ipossia o necrosi tissutale. Leucemia secondaria Nei pazienti trattati con le antracicline è stata segnalata leucemia secondaria, con o senza fase preleucemica. La leucemia secondaria insorge con maggiore frequenza quando questi farmaci vengono somministrati in associazione ad agenti antineoplastici che danneggiano il DNA, quando i pazienti sono stati pretrattati intensamente con farmaci citotossici o quando le dosi delle antracicline sono state aumentate. Queste leucemie possono avere un periodo di latenza da 1 a 3 anni. Sindrome da lisi tumorale La doxorubicina può indurre iperuricemia come conseguenza dell’intenso catabolismo delle purine che accompagna una lisi rapida, indotta dal farmaco, delle cellule neoplastiche (sindrome da lisi tumorale) (vedere paragrafo 4.8). Dopo il trattamento iniziale devono essere valutati i livelli ematici di acido urico, potassio, fosfato di calcio e creatinina. L’idratazione, l’alcalinizzazione dell’urina e la profilassi con l’allopurinolo per prevenire l’iperuricemia possono ridurre al minimo le complicanze potenziali della sindrome da lisi tumorale. Carcinogenesi, mutagenesi e compromissione della fertilità La doxorubicina è risultata genotossica e mutagena nei test in vitro e in vivo e può causare infertilità (vedere paragrafi 4.6 e 5.3). Somministrazione intravescicale La somministrazione intravescicale di doxorubicina può causare sintomi di cistite chimica (ovvero disuria, pollachiuria, nicturia, stranguria, ematuria, necrosi della parete vescicale).Occorre prestare particolare attenzione in caso di problemi con il catetere (ovvero ostruzione uretrale causata da invasione del tumore intravescicale). La somministrazione intravescicale è controindicata per i tumori che hanno penetrato la vescica (oltre T1). La via di somministrazione intravescicale non deve essere tentata nei pazienti con tumori invasivi che hanno penetrato la parete vescicale, infezioni delle vie urinarie o condizioni infiammatorie della vescica. Radioterapia Occorre prestare particolare attenzione ai pazienti sottoposti a radioterapia precedente, concomitante o pianificata per il futuro. Questi pazienti sono particolarmente a rischio di reazioni localizzate nel campo di irradiazione (fenomeno di recall) in caso di somministrazione di DOXORUBICINA AUROBINDO. In questi casi è stata segnalata epatotossicità (danno del fegato) grave, talvolta letale. La radioterapia precedente al mediastino aumenta la cardiotossicità della doxorubicina. In particolare, in questi casi, non deve essere superata la dose cumulativa di 400 mg/m². Terapie antineoplastiche La doxorubicina può potenziare la tossicità delle altre terapie antineoplastiche. Sono state segnalate esacerbazioni della cistite emorragica indotta da ciclofosfamide e aumento dell’epatotossicità della 6–mercaptopurina. Come con altri agenti citotossici, con l’uso della doxorubicina sono stati segnalati casi di tromboflebite e fenomeni tromboembolici, tra cui embolia polmonare (in alcuni casi letale) (vedere paragrafo 4.8). Vaccini I vaccini non sono raccomandati (vedere paragrafo 4.5). Durante il trattamento con la doxorubicina cloridrato, i pazienti devono evitare il contatto con le persone recentemente vaccinate contro la poliomelite. Altro La clearance sistemica della doxorubicina è ridotta nei pazienti obesi (ovvero >130% del peso corporeo ideale) (vedere paragrafo 4.2). Il paziente deve essere informato che l’urina potrà essere di colore rossastro, in particolare il primo campione dopo la somministrazione, ma che questo fenomeno non deve destare preoccupazione. Una sensazione di dolore o bruciore nella sede di somministrazione può significare un certo livello di stravaso. In caso di stravaso sospetto o conclamato, si deve interrompere l’iniezione e si deve ripraticare in un altro vaso sanguigno. Il raffreddamento dell’area per 24 ore può ridurre il disagio. Il paziente deve essere monitorato attentamente per alcune settimane. Potrebbero essere necessarie misure chirurgiche (vedere paragrafo 4.8). DOXORUBICINA AUROBINDO contiene 3,54 mg (<1 mmol) di sodio per ml di concentrato. Ciò deve essere tenuto in considerazione per i pazienti che seguono un regime controllato di sodio.
5. Interazioni
La cardiotossicità della doxorubicina è potenziata dall’uso precedente o concomitante di altre antracicline o di altri farmaci potenzialmente cardiotossici (ad es. 5–fluorouracile, ciclofosfamide o paclitaxel) o di prodotti che influenzano la funzione cardiaca (come i calcioantagonisti). Quando la doxorubicina è somministrata insieme ai suddetti farmaci, è necessario monitorare attentamente la funzione cardiaca. L’uso concomitante di trastuzumab e antracicline (come la doxorubicina) è associato a un elevato rischio di cardiotossicità. Per il momento, trastuzumab e le antracicline non devono essere somministrate in associazione, fatta eccezione per gli studi clinici ben controllati in cui la funzione cardiaca è monitorata. Quando le antracicline sono somministrate dopo la fine della terapia con trastuzumab, può presentarsi un rischio elevato di cardiotossicità. Se possibile, deve intercorrere un intervallo di tempo sufficientemente lungo (fino a 22 settimane) tra la fine della terapia con trastuzumab e l’inizio della terapia con antracicline. È imperativo l’attento monitoraggio della funzione cardiaca. Un (pre–) trattamento con farmaci che influenzano la funzione del midollo osseo (cioè agenti citostatici, sulfonamidi, cloramfenicolo, fenitoina, derivati amidopirinici, agenti antiretrovirali) può portare a un marcato disturbo dell’ematopoiesi. Il dosaggio della doxorubicina deve essere modificato, se necessario. Gli effetti tossici di una terapia contenente la doxorubicina possono essere aumentati in caso di associazione ad altri citostatici (ad es. citarabina, cisplatino, ciclofosfamide). L’epatotossicità della doxorubicina può essere potenziata da altre modalità di trattamento epatotossiche (ad esempio 6–mercaptopurina). La doxorubicina viene metabolizzata dal citocromo P450 (CYP450) ed è un substrato della proteina di trasporto p–glicoproteina (Pgp). La somministrazione concomitante di inibitori del CYP450 e/o della Pgp può portare all’aumento delle concentrazioni plasmatiche della doxorubicina e pertanto a un aumento della tossicità. Per contro, la somministrazione concomitante di induttori del CYP450, quali rifampicina e barbiturici, potrebbe ridurre le concentrazioni plasmatiche e l’efficacia della doxorubicina. La ciclosporina, un inibitore del CYP3A4 e della Pgp, ha aumentato l’AUC della doxorubicina e del doxorubicinolo rispettivamente del 55% e del 350%. Per questa associazione sarebbe opportuno ridurre la dose della doxorubicina del 40%. Anche la cimetidina ha mostrato di ridurre la clearance plasmatica e aumentare l’AUC della doxorubicina. Paclitaxel somministrato poco prima della doxorubicina potrebbe ridurre la clearance e aumentare le concentrazioni plasmatiche della doxorubicina. Alcuni dati indicano che questa interazione sia meno marcata quando la doxorubicina viene somministrata prima di paclitaxel. L’assorbimento di anticonvulsivanti (per es. carbamazepina, fenitoina, valproato) diminuisce quando questi vengono somministrati in associazione con la doxorubicina. Dopo la somministrazione concomitante di doxorubicina e ritonavir sono state segnalate concentrazioni sieriche elevate della doxorubicina. Gli effetti tossici di una terapia contenente la doxorubicina possono essere aumentati in caso di associazione ad altri citostatici (ad es. citarabina, cisplatino, ciclofosfamide). Nelle terapie di associazione con la citarabina si sono osservate necrosi dell’intestino crasso con emorragie importanti e infezioni gravi. La clozapina può aumentare il rischio e la gravità della tossicità ematologica della doxorubicina. Durante la terapia con la doxorubicina può manifestarsi una marcata nefrotossicità dell’amfotericina B. Poiché la doxorubicina viene metabolizzata rapidamente ed eliminata prevalentemente dal sistema biliare, la somministrazione concomitante di agenti chemioterapici notoriamente epatotossici (ad es. mercaptopurina, metotrexato, streptozocina) potrebbe aumentare la tossicità della doxorubicina a seguito della riduzione della clearance epatica del farmaco. Se è necessaria una terapia concomitante con farmaci epatotossici, il dosaggio della doxorubicina deve essere modificato. La doxorubicina è un potente agente radiosensibilizzante e i fenomeni di recall che induce possono essere pericolosi per la vita. Eventuali radioterapie precedenti, concomitanti o successive possono aumentare la cardiotossicità o l’epatotossicità della doxorubicina. Questo si applica anche alle terapie concomitanti con farmaci cardiotossici o epatotossici. La doxorubicina può causare esacerbazioni della cistite emorragica causata dalla terapia precedente con ciclofosfamide. La terapia con la doxorubicina può indurre un aumento dell’acido urico sierico, pertanto potrebbe essere necessaria una correzione della dose degli agenti che riducono l’acido urico. La doxorubicina può ridurre la biodisponibilità orale della digossina. Durante il trattamento con la doxorubicina, i pazienti non devono essere sottoposti a vaccinazione con vaccini attivi e devono evitare il contatto con le persone vaccinate recentemente contro la poliomelite. La doxorubicina si lega all’eparina e 5–FU. Precipitazioni e perdita d’azione di entrambe le sostanze sono pertanto possibili. Per maggiori dettagli vedere paragrafo 6.2.
6. Effetti indesiderati
Il trattamento con la doxorubicina causa spesso effetti indesiderati, alcuni dei quali sufficientemente gravi da richiedere un attento monitoraggio del paziente. La frequenza e il tipo di effetti indesiderati dipendono dalla velocità di somministrazione e dal dosaggio. La soppressione del midollo osseo è un effetto avverso acuto dose–limitante, ma perlopiù transitorio. Le conseguenze cliniche della mielosoppressione/tossicità ematologica indotta dalla doxorubicina comprendono febbre, infezioni, sepsi/setticemia, shock settico, emorragie, ipossia o necrosi tissutale. Nausea, vomito e alopecia sono stati osservati in quasi tutti i pazienti. La somministrazione intravescicale può causare le seguenti reazioni avverse: ematuria, irritazione della vescica e dell’uretra, stranguria e pollachiuria. Queste reazioni sono generalmente di gravità moderata e di breve durata. Talvolta la somministrazione intravescicale della doxorubicina può causare cistite emorragica, ciò può provocare una riduzione della capacità della vescica. Lo stravaso può portare a grave cellulite, formazione di vesciche, tromboflebiti, linfagite e necrosi tissutale localizzata, che possono richiedere misure chirurgiche (compresi innesti cutanei). La stima della frequenza: Molto comune (≥ 1/10), comune (≥1/100 a <1/10), non comune (≥1/1000 a < 1/100), rara (≥1/10.000, < 1/1000), molto rara (≤1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
  Molto comune Comune Non comune Rara Molto rara Non nota
Infezioni ed infestazioni   sepsi, setticemia        
Tumori benigni e maligni     leucemia linfocitica acuta, leucemia mielogena acuta leucemia secondaria quando in associazione a farmaci antineoplastici che danneggiano il DNA (vedere paragrafo 4.4), sindrome da lisi tumorale    
Patologie del sistema emolinfopoietico mielosoppressione inclusa leucopenia, neutropenia, trombocitopenia e anemia *)          
Disturbi del sistema immunitario       reazioni anafilattiche    
Patologie endocrine         vampate di calore  
Patologie dell’occhio       congiuntivite   aumento della lacrimazione
Patologie cardiache cardiotossicità**) cardiomiopatia congestizia (dilatativa) fatale pericolosa per la vita (dopo dosi cumulative di 550 mg/m²); tachicardia del seno, tachicardia ventricolare, tachiaritmia, extrasistoli sopraventricolari e ventricolari, bradicardia, aritmia; riduzione asintomatica della frazione di eiezione ventricolare sinistra     alterazioni non specifiche del tracciato ECG (alterazioni del tratto ST, basso voltaggio, intervalli QT lunghi); casi isolati di aritmie pericolose per la vita; insufficienza ventricolare sinistra acuta, pericardite, sindrome della pericardite–miocardite fatale; blocco atrio–ventricolare,blocco di branca)  
Patologie vascolari   emorragia flebite   trombo–embolismo  
Patologie gastrointestinali disturbi gastrointestinali***) diarrea, nausea e vomito, mucosite, stomatite, esofagite anoressia Possono manifestarsi emorragia gastrointestinale, ulcerazione delle mucose della bocca, della faringe, dell’esofago e del tratto gastrointestinale; in associazione a citarabina sono stati segnalati ulcerazione e necrosi del colon, in particolare del cieco (vedere paragrafo 4.5)   iperpigmentazione della membrana della muscosa orale  
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche           broncospamo, polmonite da radiazioni
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo alopecia (dose–dipendente e in molti casi reversibile); arrossamento; fotosensibilizzazione reazione di ipersensibilità locale nel campo di irradiazione (fenomeno di recall); prurito   orticaria, esantema, iperpigmentazione della cute e delle unghie, onicolisi, stravaso (può causare grave cellulite, formazione di vesciche, tromboflebite, linfagite e necrosi tissutale locale) eritema acrale, formazione di vescicole, eritrodistesia palmo–plantare cheratosi attinica
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo           Artralgia
Patologie renali e urinarie colorazione rossa delle urine disuria, cistite chimica dopo la somministrazione nella vescica (con disturbi disurici quali irritazione della vescica e dell’uretra, disuria, stranguria, pollachiuria, ematuria, spasmi vescicali, cistite emorragica)     insufficienza renale acuta (casi isolati); iperuricemia e successiva nefropatia da acido urico a seguito della forte lisi tumorale  
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella         amenorrea, oligospermia, azoospermia  
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione febbre   disidratazione brividi capogiri; reazione intorno al sito di iniezione (reazioni eritematose localizzate lungo la vena, dolore, flebite, flebosclerosi)   malessere/debolezza
Patologie epatobiliari           epatotossicità (che a volte si evolve in cirrosi), aumento transitorio degli enzimi epatici
Procedure mediche e chirurgiche           danni da radiazioni (cute, polmoni, esofago, mucosa gastro–intestinale, cuore) che si stanno risolvendo potrebbero riapparire in seguito alla somministrazione della doxorubicina
*) La mielosoppressione è uno degli effetti dose–limitanti e può essere grave. Si manifesta principalmente con la riduzione della conta di leucociti. Si è osservata leucopenia in almeno il 75% dei pazienti con adeguata riserva midollare, che erano stati trattati con 60 mg/m² BSA ogni 21 giorni. Anche se meno frequentemente sono stati riportati anche trombocitopenia, neutropenia e anemia. Allo stesso modo sono state osservate anche superinfezioni (molto frequentemente) ed emorragia in relazione allo sviluppo di soppressione del midollo osseo. La mielosoppressione comunemente raggiunge il suo apice in 10–14 giorni dopo la somministrazione della doxorubicina e nella maggior parte dei casi si attenua tra il 21° e il 28° giorno. In caso di comparsa, possono manifestarsi contemporaneamente anche trombocitopenia o anemia, ma solitamente in forma meno grave. (Vedere paragrafo 4.4) **) La doxorubicina è cardiotossica. Il rischio che gli effetti indesiderati cardiotossici si manifestino è elevato durante e dopo la radioterapia nella zona mediastinica, dopo un pre–trattamento con agenti potenzialmente cardiotossici (ad esempio antracicline, ciclofosfamide), in pazienti anziani (più di 60 anni) e in pazienti con ipertensione arteriosa conclamata. (Vedere paragrafo 4.4) L’effetto cardiotossico della doxorubicina può essere di due tipi: Acuto Gli effetti indesiderati di tipo acuto si verificano nella maggior parte dei casi entro le prime 24–48 ore successive all’inizio della terapia, non sono dipendenti dalla dose e sono caratterizzati dai seguenti sintomi: aritmia transitoria (frequente), tachicardia soprattutto sinusale (frequente) ed extrasistole ventricolari e sopraventricolari. Sono caratterizzati (molto raramente) da alterazioni non specifiche del tracciato ECG (alterazioni del tratto ST, basso voltaggio, intervallo QT lungo). Queste alterazioni sono generalmente reversibili e la loro comparsa non è una controindicazione per l’utilizzo ripetuto della doxorubicina. Tuttavia, possono manifestarsi aritmie pericolose per la vita durante o poche ore dopo l’impiego della doxorubicina; in alcuni casi isolati sono stati riferiti insufficienza ventricolare sinistra acuta, pericardite o sindrome della pericardite–miocardite fatale. Ritardato Gli effetti indesiderati di tipo ritardato sono manifestazioni di tossicità organica dipendenti dalla dose cumulativa, generalmente irreversibili e spesso pericolose per la vita. Spesso si manifestano come cardiomiopatia congestizia (dilatativa) con segni di insufficienza del ventricolo sinistro nell’arco di alcuni mesi dall’interruzione della terapia. La cardiotossicità può tuttavia manifestarsi per la prima volta dopo diversi anni dalla fine della terapia; la sua incidenza aumenta con la dose cumulativa totale.(Vedere paragrafo 4.4). Il potenziale emetogeno della doxorubicina è elevato; nausea e vomito relativamente gravi si manifestano in circa l’80% dei pazienti durante il primo giorno della terapia, ma anche in seguito. (Vedere paragrafo 4.4).
7. Gravidanza e allattamento
Donne in età fertile La doxorubicina è risultata genotossica e mutagena nei test in vitro e in vivo (vedere paragrafo 5.3). Contraccezione per gli uomini e per le donne Uomini e donne sessualmente attivi, trattati con la doxorubicina, devono utilizzare metodi contraccettivi efficaci. Gli uomini e le donne devono utilizzare metodi contraccettivi efficaci durante e fino a 6 mesi dopo il trattamento. Gravidanza La doxorubicina non deve essere somministrata durante la gravidanza. In generale, i citostatici devono essere somministrati durante la gravidanza solo con indicazioni molto specifiche e se il beneficio per la madre supera i rischi possibili per il feto. Negli studi condotti sugli animali, la doxorubicina ha mostrato effetti embriotossici, fetotossici e teratogeni (vedere paragrafo 5.3). Allattamento al seno È stato segnalato che la doxorubicina viene escreta nel latte materno umano. Non è possibile escludere un rischio per il lattante. Durante il trattamento con la doxorubicina, l’allattamento al seno deve essere interrotto (vedere paragrafo 4.3). Fertilità Nelle donne, la doxorubicina può causare infertilità durante il periodo di somministrazione del farmaco. La doxorubicina può causare amenorrea (vedere paragrafo 4.8). L’ovulazione e il ciclo mestruale sembrano tornare nella norma al termine della terapia, sebbene possa presentarsi menopausa prematura. La doxorubicina è mutagena e può indurre danni cromosomici negli spermatozoi umani. Oligospermia o azoospermia possono essere permanenti; tuttavia, sono stati segnalati alcuni casi in cui le conte degli spermatozoi sono ritornate a livelli normospermici. Questo fenomeno può manifestarsi alcuni anni dopo la fine della terapia.
8. Conservazione
Conservare in frigorifero (2–8°C). Conservare il flaconcino nell’astuccio esterno per proteggerlo dalla luce. Per le condizioni di conservazione del medicinale diluito, vedere il paragrafo 6.3.
9. Principio attivo
1 ml contiene 2 mg di doxorubicina cloridrato. Ogni flaconcino da 5 ml contiene 10 mg di doxorubicina cloridrato. Ogni flaconcino da 10 ml contiene 20 mg di doxorubicina cloridrato. Ogni flaconcino da 25 ml contiene 50 mg di doxorubicina cloridrato. Ogni flaconcino da 50 ml contiene 100 mg di doxorubicina cloridrato. Ogni flaconcino da 75 ml contiene 150 mg di doxorubicina cloridrato. Ogni flaconcino da 100 ml contiene 200 mg di doxorubicina cloridrato. Eccipiente: 3,54 mg di sodio per ml di concentrato (0.154 mmol/l) Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
10. Eccipienti
Cloruro di sodio Acido cloridrico 0.1N (per la correzione del pH) Acqua per preparazioni iniettabili
11. Sovradosaggio
Il sovradosaggio acuto della doxorubicina può indurre mielosoppressione (in particolare leucopenia e trombocitopenia), in generale 10–14 giorni dopo il sovradosaggio, effetti tossici a carico del tratto gastrointestinale (in particolare mucosite) e alterazioni cardiache acute, che possono manifestarsi entro 24 ore. Il trattamento comprende antibiotici per via endovenosa, trasfusioni di granulociti e trombociti e trattamento dei sintomi gastrointestinali e degli effetti cardiaci. Deve essere presa in considerazione la possibilità di trasferire il paziente in una stanza sterile e l’uso del fattore di crescita ematopoietico. Singole dosi da 250 mg e 500 mg di doxorubicina si sono dimostrate letali. Il sovradosaggio cronico, con una dose cumulativa che supera 550 mg/m², aumenta il rischio di cardiomiopatia e può portare a insufficienza cardiaca che deve essere trattata con i metodi convenzionali. L’insufficienza cardiaca tardiva può manifestarsi fino a sei mesi dopo il sovradosaggio. Una terapia emodialitica non è probabilmente di nessuna utilità in caso di intossicazione con la doxorubicina poiché il farmaco ha un ampio volume di distribuzione e solo il 5% della dose viene eliminato tramite i reni.
Le informazioni pubblicate in questa pagina riportano informazioni farmaceutiche (Foglietto Illustrativo e Caratteristiche principali del Farmaco), sono da intendersi a solo scopo illustrativo; non intendono e non devono sostituirsi alle opinioni del medico. Per informazioni complete e sempre aggiornate su questo farmaco si consiglia di consultare il portale dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).
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