Zavedos 10 mg/10 ml soluzione iniettabile per uso endovenoso 1 flaconcino

Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 2021
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1. Indicazioni terapeutiche
Agente antimitotico e citotossico. Adulti. Leucemia mieloide acuta (LMA): per indurre la remissione sia come terapia di prima linea che in pazienti recidivanti o refrattari. Leucemia acuta linfocitica (LAL): trattamento di seconda linea. Bambini. Leucemia mieloide acuta (LMA): in combinazione con citarabina per indurre la remissione come terapia di prima linea. Leucemia acuta linfocitica (LAL): trattamento di seconda linea.
2. Posologia
Posologia. Leucemia mieloide acuta (LMA). Adulti: La dose di Zavedos (idarubicina cloridrato) consigliata è di 12 mg/m² e.v. al giorno per 3 giorni in un regime di combinazione con citarabina. Un altro schema di dosaggio utilizzato nella LMA in monoterapia ed in combinazione, è di 8 mg/m² e.v. al giorno per 5 giorni. Bambini: La dose di Zavedos (idarubicina cloridrato) consigliata è di 10-12 mg/m² e.v. al giorno per 3 giorni in combinazione con citarabina. NOTA: Queste sono le linee guida generali. Per l’esatto dosaggio fare riferimento ai protocolli individuali. Leucemia acuta linfocitica (LAL). Adulti: In monoterapia la dose suggerita è di 12 mg/m² e.v. al giorno per 3 giorni. Bambini: In monoterapia la dose suggerita è di 10 mg/m² e.v. al giorno per 3 giorni. NOTA: Queste sono le linee guida generali. Per l’esatto dosaggio fare riferimento ai protocolli individuali. È necessario comunque adattare gli schemi posologici suggeriti alle condizioni ematologiche del paziente e, in regime di combinazione, ai dosaggi degli altri farmaci citotossici. Solitamente la dose viene calcolata in base alla superficie corporea. Modo di somministrazione: Zavedos (idarubicina cloridrato) deve essere somministrato solo per via endovenosa (vedere paragrafo 6.6). È opportuno eseguire la somministrazione endovenosa sia della soluzione ricostituita che della soluzione pronta nell’arco di 5-10 minuti attraverso il tubolare di una fleboclisi di soluzione fisiologica in corso, dopo essersi accertati che l’ago sia perfettamente in vena. Questa tecnica riduce il pericolo di trombosi o di stravaso perivenoso, evento che può condurre a grave cellulite e necrosi (vedere paragrafo 4.4). Una sclerosi venosa può essere osservata quando l’iniezione sia eseguita in piccoli vasi o venga ripetuta nella stessa vena.
3. Controindicazioni
- ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti, elencati al paragrafo 6.1 e/o ad altre antracicline o antracenedioni; - grave insufficienza epatica; - grave insufficienza renale; - grave cardiomiopatia; - infarto miocardico recente; - grave aritmia; - mielosoppressione persistente; - pregresso trattamento con le massime dosi cumulative di idarubicina cloridrato e/o di altre antracicline e antracenedioni (vedere paragrafo 4.4); - l’allattamento deve essere interrotto durante il trattamento con idarubicina cloridrato (vedere paragrafo 4.6).
4. Avvertenze
Generali. L’idarubicina cloridrato deve essere somministrato sotto la supervisione di medici esperti nella chemioterapia antitumorale. Questo assicura un trattamento immediato ed efficace di eventuali gravi complicanze della malattia (emorragie, infezioni non controllate) e/o della terapia stessa. Prima di iniziare il trattamento con l’idarubicina cloridrato, i pazienti devono recuperare dalla tossicità acuta da precedente terapia citotossica (stomatite, neutropenia, trombocitopenia e infezioni generalizzate). Funzionalità cardiaca. La cardiotossicità è un rischio del trattamento con le antracicline che si può manifestare con eventi acuti o ritardati. Tossicità acuta. La cardiotossicità immediata dell’idarubicina si manifesta principalmente con tachicardia sinusale e/o alterazioni del tracciato ECG, come alterazioni non specifiche del tratto ST-T. Sono stati inoltre segnalati: tachiaritmia, incluse contrazioni ventricolari premature e tachicardia ventricolare, bradicardia, blocco atrioventricolare e blocco di branca. Tali effetti solitamente non anticipano il successivo manifestarsi di cardiotossicità ritardata, hanno raramente rilevanza clinica e generalmente non determinano l’interruzione del trattamento con idarubicina. Tossicità ritardata. La cardiotossicità ritardata solitamente si manifesta tardi nel corso del trattamento o entro i 2-3 mesi successivi alla fine del trattamento, ma sono stati anche segnalati eventi che si manifestano più tardi, dopo diversi mesi o anni dalla fine della terapia. La cardiomiopatia ritardata si manifesta mediante una ridotta frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) e/o segni e sintomi di scompenso cardiaco congestizio quali dispnea, edema polmonare, edema dipendente, cardiomegalia, epatomegalia, oliguria, ascite, versamento pleurico e ritmo di galoppo. Sono stati inoltre segnalati effetti subacuti come pericardite/miocardite. Lo scompenso cardiaco potenzialmente fatale rappresenta la forma più grave di cardiomiopatia indotta da antracicline e rappresenta la tossicità che limita le dosi cumulative del medicinale. I limiti per dosi cumulative di idarubicina cloridrato, sia per via endovenosa sia per via orale, non sono stati definiti. Tuttavia, la cardiomiopatia correlata all’idarubicina è stata riportata nel 5% dei pazienti che hanno assunto dosi cumulative da 150 mg/m² a 290 mg/m² di idarubicina cloridrato per via endovenosa. I dati disponibili sui pazienti trattati con dosi cumulative fino a 400 mg/m² di idarubicina cloridrato per via orale suggeriscono una bassa probabilità di cardiotossicità. La funzione cardiaca deve essere valutata prima di iniziare il trattamento con idarubicina e deve essere monitorata durante la terapia per minimizzare il rischio di un grave danno cardiaco. Tale rischio può essere ridotto con un monitoraggio regolare della LVEF durante il trattamento e l’immediata sospensione della terapia al comparire del primo segno di compromissione della funzionalità cardiaca. I metodi quantitativi indicati per il controllo regolare della funzionalità cardiaca (valutazione della LVEF) sono il MUGA scan (multi-gated radionuclide angiography) o l’ecocardiografia. La valutazione della funzionalità cardiaca al basale con ECG e MUGA scan, o ecocardiografia, è raccomandata soprattutto nei pazienti con fattori di rischio per un’aumentata cardiotossicità. La valutazione ripetuta della LVEF mediante ecocardiografia o MUGA deve essere effettuata soprattutto con dosi cumulative elevate di antracicline. La tecnica di monitoraggio utilizzata deve essere coerente durante il periodo di follow-up. I fattori di rischio per la tossicità cardiaca comprendono una malattia cardiovascolare in atto o silente, una terapia radiante precedente o concomitante sull’area mediastinica pericardica, un precedente trattamento con antracicline o antracenedioni e l’uso concomitante di medicinali che sopprimono la contrattilità cardiaca o di medicinali cardiotossici (ad es. il trastuzumab). Le antracicline, compresa l’idarubicina, non devono essere somministrate in associazione ad altri agenti cardiotossici a meno che la funzionalità cardiaca del paziente non venga attentamente monitorata (vedere paragrafo 4.5). I pazienti che assumono antracicline dopo l’interruzione del trattamento con altri agenti cardiotossici, ed in particolar modo con quelli che hanno una lunga emivita come il trastuzumab, possono essere anche esposti ad un aumentato rischio di comparsa di cardiotossicità. L’emivita riportata del trastuzumab è di circa 28 - 38 giorni e può persistere nel sistema circolatorio fino a 27 settimane. Pertanto, se possibile, i medici devono evitare una terapia a base di antracicline fino a 27 settimane dopo la fine del trattamento con trastuzumab. Se vengono utilizzate antracicline prima di questo tempo, la funzionalità cardiaca del paziente deve essere attentamente monitorata. La funzionalità cardiaca deve essere attentamente monitorata nei pazienti che assumono dosi cumulative elevate e in quelli con fattori di rischio. Tuttavia, la cardiotossicità con idarubicina può verificarsi con dosi cumulative più basse in presenza o in assenza di fattori di rischio per la tossicità cardiaca. I neonati ed i bambini risultano esposti ad un rischio maggiore di comparsa di cardiotossicità indotta da antracicline. Pertanto, deve essere effettuata una valutazione periodica della funzionalità cardiaca a lungo termine. È probabile che la tossicità di idarubicina e delle altre antracicline e antracenedioni sia additiva. Tossicità ematologica. Idarubicina è un forte soppressore dell’attività del midollo osseo. Una grave mielosoppressione si verifica in tutti i pazienti in terapia con idarubicina. Prima e durante ogni ciclo di terapia con idarubicina deve essere valutato il profilo ematologico, incluso la conta differenziale dei globuli bianchi (WBC). La tossicità ematologica si manifesta prevalentemente con leucopenia e/o granulocitopenia (neutropenia) reversibili e dose dipendenti che rappresentano le manifestazioni più comuni di tossicità acuta dose-limitante di questo medicinale. La leucopenia e la neutropenia sono solitamente gravi; si possono inoltre riscontrare trombocitopenia ed anemia. Neutrofili e piastrine raggiungono il nadir solitamente tra i 10 ed i 14 giorni successivi alla somministrazione del medicinale; tuttavia, la conta cellulare torna generalmente ai livelli normali durante la terza settimana. Le conseguenze cliniche della mielosoppressione grave sono: febbre, infezioni, sepsi/setticemia, shock settico, emorragia, ipossia tissutale, o decesso. In caso di neutropenia febbrile si raccomanda il trattamento con un antibiotico per via endovenosa. Leucemia secondaria. Sono stati riportati casi di leucemia secondaria, con o senza fase preleucemica, nei pazienti trattati con antracicline, inclusa l’idarubicina. La leucemia secondaria è più comune quando questi medicinali vengono somministrati in combinazione con agenti antineoplastici che danneggiano il DNA, o quando i pazienti sono stati pesantemente pretrattati con farmaci citotossici, o quando le dosi di antracicline sono state aumentate. Queste leucemie possono avere un periodo di latenza che varia da 1 a 3 anni. Tratto gastrointestinale. Idarubicina induce emesi. Una mucosite (principalmente una stomatite, meno frequentemente una esofagite) di solito compare immediatamente dopo l’inizio del trattamento e, se grave, può progredire in pochi giorni ad ulcerazioni della mucosa. Il recupero da questi eventi avversi avviene per la maggior parte dei pazienti entro la terza settimana di terapia. Occasionalmente sono stati osservati episodi di gravi effetti gastrointestinali (perforazione o sanguinamento) in pazienti in trattamento con idarubicina per via orale, affetti da leucemia acuta o con una storia di altre patologie o che avevano assunto medicinali che provocano complicazioni gastrointestinali. Nei pazienti affetti da una patologia gastrointestinale in atto con aumentato rischio di sanguinamento e/o perforazione, il medico deve valutare il rapporto rischio/beneficio della terapia con idarubicina per via orale. Funzionalità epatica e/o renale. Poiché un danno della funzionalità epatica e/o renale può influire sul metabolismo di idarubicina, la funzionalità epatica e renale deve essere valutata mediante le analisi cliniche di laboratorio convenzionali (utilizzando la bilirubina sierica e la creatinina sierica come indicatori) prima e durante il trattamento. In alcuni studi clinici di fase III, il trattamento è stato controindicato quando i livelli sierici di bilirubina e/o di creatinina superavano il valore di 2,0 mg%. Con le altre antracicline viene generalmente utilizzata una riduzione del 50% del dosaggio se i livelli di bilirubina sono compresi tra 1,2 mg% e 2,0 mg%. Effetti al sito di iniezione. L’iniezione in un piccolo vaso o iniezioni precedenti effettuate nella stessa vena può determinare flebosclerosi. Seguire le procedure di somministrazione raccomandate può minimizzare il rischio di flebiti/tromboflebiti nel sito di iniezione (vedere paragrafo 4.2). Stravaso. Lo stravaso di idarubicina durante l’iniezione endovenosa può determinare dolore locale, lesioni tissutali gravi (comparsa di vesciche, cellulite grave) e necrosi. Se durante la somministrazione endovenosa di idarubicina dovessero comparire segni o sintomi di stravaso, l’infusione del medicinale deve essere interrotta immediatamente. In caso di stravaso può essere usato il dexrazoxano per prevenire o ridurre il danno tissutale. Sindrome da lisi tumorale . Idarubicina può determinare iperuricemia come conseguenza dell’esteso catabolismo delle purine associato alla rapida lisi delle cellule tumorali indotta dal medicinale (“sindrome da lisi tumorale”). I livelli ematici di acido urico, potassio, calcio fosfato e creatinina devono essere valutati dopo l’inizio del trattamento. L’idratazione, l’alcalinizzazione delle urine e la profilassi con allopurinolo per prevenire l’uricemia possono minimizzare le potenziali complicanze della sindrome da lisi tumorale. Effetti immunosoppressori/Aumentata suscettibilità alle infezioni. La somministrazione di vaccini vivi o vivi attenuati in pazienti immunocompromessi dagli agenti chemioterapici inclusa l’idarubicina, possono determinare infezioni gravi o fatali. La vaccinazione con un vaccino vivo deve essere evitata nei pazienti che assumono idarubicina. I vaccini uccisi o inattivati possono essere somministrati; tuttavia, la risposta a tali vaccini potrebbe essere ridotta. Sistema riproduttivo. Agli uomini trattati con idarubicina cloridrato si deve consigliare di fare uso di metodi contraccettivi durante la terapia e, se opportuno, di richiedere una consulenza sulla possibilità di conservazione dello sperma in quanto la terapia potrebbe causare infertilità irreversibile (vedere paragrafo 4.6). Altro. Come con altri agenti citotossici, in concomitanza con l’utilizzo di idarubicina sono stati riportati casi di tromboflebiti e di fenomeni tromboembolici, inclusa l’embolia polmonare. I pazienti devono essere avvertiti che il prodotto può causare la colorazione rossa delle urine per 1 - 2 giorni dopo la somministrazione.
5. Interazioni
Idarubicina è un forte soppressore dell’attività del midollo osseo e in combinazione con altri trattamenti chemioterapici, compresi altri farmaci aventi analogo meccanismo d’azione, è possibile che i suoi effetti mielosoppressori si sommino a quelli degli altri farmaci (vedere paragrafo 4.4). È necessario monitorare la funzionalità cardiaca durante il trattamento quando idarubicina viene somministrata in combinazione chemioterapica con altri medicinali potenzialmente cardiotossici (vedere paragrafo 4.4), o con altri composti cardioattivi (ad es. i calcioantagonisti). Un’alterazione della funzionalità epatica o renale, causata da trattamenti concomitanti, può influire sul metabolismo, sulla farmacocinetica e sull’efficacia terapeutica e/o tossicità di idarubicina (vedere paragrafo 4.4). Quando la radioterapia viene somministrata contemporaneamente o 2-3 settimane prima di iniziare il trattamento con idarubicina cloridrato può verificarsi un effetto mielosoppressore additivo. L’uso concomitante di vaccini vivi attenuati (ad esempio febbre gialla) non è raccomandato, a causa del rischio di una possibile malattia sistemica con esito fatale. Questo rischio è aumentato in soggetti che sono già immunodepressi a causa della malattia di base. Può essere usato un vaccino inattivato, se disponibile. Durante la combinazione di anticoagulanti orali e chemioterapia antitumorale, si raccomanda una maggiore frequenza di monitoraggio dell’INR (International Normalized Ratio), poiché non si può escludere il rischio di interazione. Ciclosporina A: La co-somministrazione di ciclosporina A come un unico chemio sensibilizzante aumenta significativamente l’AUC dell’idarubicina (1,78 volte) e dell’idarubicinolo (2,46 volte) nei pazienti con leucemia acuta. Il significato clinico di questa interazione è sconosciuto. In alcuni pazienti può essere necessaria un aggiustamento del dosaggio.
6. Effetti indesiderati
Gli effetti indesiderati sono classificati in base alla frequenza come segue: Molto comune (≥1/10); Comune (≥1/100, <1/10); Non comune (≥1/1.000, <1/100); Raro (≥1/10.000, <1/1.000); Molto raro (<1/10.000); Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Infezioni ed infestazioni  
Molto comune Infezioni
Non comune Sepsi, setticemia
Tumori benigni, maligni e non specificati (cisti e polipi compresi)  
Non comune Leucemia secondaria (leucemia mieloide acuta e sindrome mielodisplastica)
Patologie del sistema emolinfopoietico  
Molto comune Anemia, leucopenia grave e neutropenia, trombocitopenia
Non nota Pancitopenia
Disturbi del sistema immunitario  
Molto raro Anafilassi
Patologie endocrine  
Molto comune Anoressia
Non comune Disidratazione
Disturbi del metabolismo e della nutrizione  
Non comune Iperuricemia
Non nota Sindrome da lisi tumorale
Patologie del sistema nervoso  
Raro Emorragie cerebrali
Patologie cardiache  
Comune Bradicardia, tachicardia sinusale, tachiaritmia, riduzione asintomatica della frazione di eiezione ventricolare sinistra, insufficienza cardiaca congestizia, cardiomiopatie (vedere sezione 4.4. per i segni e i sintomi associati).
Non comune Alterazioni del tracciato ECG (ad es. alterazioni non specifiche del tratto ST), infarto del miocardio.
Molto raro Pericardite, miocardite, blocco atrioventricolare e blocco di branca.
Patologie vascolari  
Comune Emorragie, flebite locale, tromboflebite
Non comune Shock
Molto raro Tromboembolismo, vampate
Patologie gastrointestinali  
Molto comune Nausea, vomito, mucosite/stomatite, diarrea, dolore addominale o sensazione di bruciore
Comune Sanguinamento del tratto gastrointestinale, mal di pancia.
Non comune Esofagite, colite (incluso enterocolite grave/enterocolite neutropenica con perforazione).
Molto raro Erosioni o ulcerazioni gastriche.
Patologie epatobiliari  
Comune Aumento degli enzimi epatici e della bilirubina
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo  
Molto comune Alopecia
Comune Rash, prurito, ipersensibilità del tessuto cutaneo precedentemente irradiato (“reazione di richiamo su aree irradiate”).
Non comune Iperpigmentazione della cute e delle unghie, orticaria, cellulite (questo effetto può essere grave), necrosi tissutale.
Molto raro Eritema acrale.
Non nota Reazione locale
Patologie renali e urinarie  
Molto comune Colorazione rossa delle urine per 1 o 2 giorni dalla somministrazione.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione  
Molto comune Febbre, mal di testa, brividi
Comune Emorragie
Non comune Disidratazione
Descrizione di reazioni avverse selezionate. Sistema ematopoietico: L’evento avverso più grave del trattamento con idarubicina è la marcata mielosoppressione. Tuttavia, ciò si rende necessario per l’eradicazione delle cellule leucemiche (vedere paragrafo 4.4) Cardiotossicità: Lo scompenso cardiaco potenzialmente fatale è la forma più grave di cardiomiopatia indotta da antracicline e rappresenta la tossicità che limita le dosi cumulative del medicinale (vedere paragrafo 4.4). Gastrointestinale: Stomatite e in alcuni casi gravi ulcerazioni della mucosa, disidratazione causata da vomito e diarrea, rischio di perforazione del colon, ecc. Sito di somministrazione: Flebite / tromboflebite e misure di prevenzione discusse nella sezione 4.2; infiltrazioni paravenose indesiderate possono causare dolore, cellulite grave e necrosi dei tessuti. Altre reazioni avverse: iperuricemia: La prevenzione dei sintomi mediante idratazione, alcalinizzazione delle urine e profilassi con allopurinolo che può minimizzare le potenziali complicanze della sindrome da lisi tumorale. Popolazione pediatrica: Gli effetti indesiderati sono simili negli adulti e nei bambini, ad eccezione di una maggiore sensibilità dei bambini alla cardiotossicità indotta da antracicline (vedere paragrafo 4.4). Segnalazione delle reazioni avverse sospette. La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse.
7. Gravidanza e allattamento
(Vedere anche paragrafo 5.3). Gravidanza: Studi in vivo ed in vitro hanno dimostrato il potenziale embriotossico di idarubicina. Non ci sono tuttavia studi adeguati e ben controllati su donne in gravidanza. Alle donne in età fertile si deve consigliare di evitare una gravidanza quando sono in trattamento con idarubicina e di fare uso di adeguati metodi contraccettivi durante la terapia, secondo le indicazioni del medico. Idarubicina deve essere utilizzata in gravidanza solo se il potenziale beneficio giustifica il potenziale rischio per il feto. La paziente deve essere informata circa il potenziale rischio per il feto. Alle pazienti che desiderano avere dei bambini dopo il completamento della terapia si deve consigliare di sottoporsi prima della gravidanza ad una consulenza genetica se lo si ritiene opportuno. Allattamento: Non è noto se idarubicina o i suoi metaboliti vengano escreti nel latte materno. Le donne non devono allattare durante il trattamento con idarubicina cloridrato. Fertilità: Idarubicina può determinare un danno cromosomiale negli spermatozoi umani. Per questo motivo, gli uomini in terapia con idarubicina devono fare uso di metodi contraccettivi efficaci fino a 3 mesi dopo il trattamento (vedere paragrafo 4.4).
8. Conservazione
ZAVEDOS 5 mg/5 ml Polvere e Solvente per Soluzione Iniettabile e ZAVEDOS 10 mg Polvere per Soluzione Iniettabile: Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione. Per le condizioni di conservazione del medicinale dopo ricostituzione, vedere paragrafo 6.3. ZAVEDOS 5 mg/5ml Soluzione Iniettabile e ZAVEDOS 10 mg/10ml Soluzione Iniettabile: Conservare in frigorifero (2°C - 8°C). Conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dalla luce.
9. Principio attivo
ZAVEDOS 5 mg/5 ml polvere e solvente per soluzione iniettabile per uso endovenoso. Ogni flaconcino di polvere contiene: idarubicina cloridrato 5 mg. ZAVEDOS 10 mg polvere per soluzione iniettabile per uso endovenoso. Ogni flaconcino di polvere contiene: idarubicina cloridrato10 mgZAVEDOS 5 mg/5 ml soluzione iniettabile per uso endovenoso. Ogni flaconcino contiene: idarubicina cloridrato 5 mg. ZAVEDOS 10 mg/10 ml soluzione iniettabile per uso endovenoso. Ogni flaconcino contiene: idarubicina cloridrato 10 mg. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
10. Eccipienti
ZAVEDOS 5 mg/5 ml polvere e solvente per soluzione iniettabile per uso endovenoso: lattosio. La fiala solvente da 5 ml contiene: acqua per preparazioni iniettabili. ZAVEDOS 10 mg polvere per soluzioni iniettabile per uso endovenoso: lattosio. ZAVEDOS 5 mg/5 ml soluzione iniettabile per uso endovenoso: glicerolo, acido cloridrico, acqua per preparazioni iniettabili. ZAVEDOS 10 mg/10 ml soluzione iniettabile per uso endovenoso: glicerolo, acido cloridrico, acqua per preparazioni iniettabili.
11. Sovradosaggio
Dosaggi molto elevati di idarubicina possono provocare tossicità miocardica acuta entro le 24 ore e grave mielosoppressione entro 1-2 settimane. Con le antracicline è stata osservata una insufficienza cardiaca ritardata che si è manifestata fino a diversi mesi dopo il sovradosaggio. I pazienti trattati con idarubicina per via orale devono essere monitorati per possibili emorragie gastrointestinali e gravi danni alla mucosa.
Le informazioni pubblicate in questa pagina riportano informazioni farmaceutiche (Foglietto Illustrativo e Caratteristiche principali del Farmaco), sono da intendersi a solo scopo illustrativo; non intendono e non devono sostituirsi alle opinioni del medico. Per informazioni complete e sempre aggiornate su questo farmaco si consiglia di consultare il portale dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).
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