Una recente ricerca ha messo in luce un'associazione significativa tra le fluttuazioni prolungate degli ormoni tiroidei materni durante la gestazione e un potenziale aumento del rischio di disturbi dello spettro autistico nei neonati.
I risultati, pubblicati sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, rinforzano la comprensione del ruolo cruciale che questi ormoni svolgono nello sviluppo neurologico del feto.
Ecco un approfondimento.
Il ruolo degli ormoni e il rischio persistente
È noto da tempo che gli ormoni tiroidei materni sono fondamentali per la corretta formazione e sviluppo del cervello del bambino.
Precedenti indagini avevano già suggerito un collegamento tra lo squilibrio tiroideo in gravidanza e un'evoluzione cerebrale atipica, portando a una maggiore probabilità di autismo, una condizione complessa che modella il modo in cui l'individuo comunica, interagisce socialmente e percepisce la realtà.
Il punto focale della nuova analisi risiede nella persistenza e nel trattamento dello squilibrio; i ricercatori hanno preso in esame una vasta coorte di oltre 51.000 nascite, che ha evidenziato un modello chiaro: le madri che presentavano uno squilibrio ormonale tiroideo non risolto e persistente attraverso i diversi trimestri di gravidanza avevano una probabilità più elevata di avere un figlio con autismo.
Dunque, la variabile determinante non è tanto la presenza di un problema tiroideo pregresso, quanto piuttosto la sua gestione durante la gravidanza e la concomitanza di altri fattori.
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Si è osservato, infatti, che un aumentato rischio di disturbo dello spettro autistico nella prole è associato specificamente a uno squilibrio delle concentrazioni ormonali tiroidee che si verifica quando una malattia tiroidea cronica (preesistente alla gravidanza) si manifesta contemporaneamente a ipotiroidismo gestazionale (sviluppato durante la gravidanza).
Al contrario, la ricerca ha tranquillizzato sul fatto che l'ipotiroidismo cronico da solo (presumibilmente grazie a un trattamento farmacologico adeguato e costante mantenuto durante la gestazione) non è risultato associato a un rischio maggiore di DSA per il nascituro.
Effetto "dose-risposta"
Gli autori hanno anche documentato un preoccupante modello dose-risposta: il rischio per il bambino aumentava proporzionalmente al numero di trimestri di gravidanza in cui lo squilibrio ormonale persisteva.
Come sottolineato dal Dr. Menashe: “Questi risultati sottolineano la necessità di un monitoraggio di routine e di un tempestivo aggiustamento della terapia per mantenere normali livelli di ormone tiroideo durante la gravidanza.”
In sintesi, la ricerca evidenzia che una gestione attenta e tempestiva dei livelli di ormone tiroideo materno è una misura preventiva essenziale che può contribuire a mitigare i rischi per il neurosviluppo del feto.
Implicazioni cliniche e raccomandazioni
Sebbene gli scienziati mantengano la cautela, sottolineando che non si possono trarre conclusioni definitive, i dati sono fortemente coerenti con le pratiche cliniche raccomandate.
Questi risultati offrono un robusto supporto alla necessità di:
- monitoraggio di routine dei livelli di ormone tiroideo;
- trattamento tempestivo e mirato della funzionalità tiroidea sbilanciata con i farmaci a base di ormone tiroideo (come la levotiroxina) per mantenere l'eutiroidismo (livelli ormonali normali) per tutta la durata della gravidanza.
La corretta gestione clinica dell'ipotiroidismo in attesa è, quindi, fondamentale per ottimizzare l'ambiente di sviluppo fetale.
Fonti:
The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism - Maternal Thyroid Hormone Imbalance and Risk of Autism Spectrum Disorder