Un recente studio ha posto l’attenzione su un nuovo farmaco sperimentale, l’enlicitide, per valutarne l’impatto sul colesterolo LDL – osservando risultati che, se confermati, potrebbero cambiare il panorama terapeutico.
Il dato attira particolare attenzione perché arriva da una popolazione che, nonostante statine e modifiche dello stile di vita, continua a presentare valori elevati e difficili da trattare.
Scopriamo di più.
Lo studio: cosa è emerso
L’indagine scientifica ha coinvolto persone con ipercolesterolemia familiare eterozigote, una condizione genetica che porta a livelli persistentemente alti di LDL – e per la quale la terapia standard non sempre basta.
È in questo contesto che l’enlicitide ha mostrato un'efficacia notevole, suggerendo un possibile supporto laddove le terapie convenzionali non riescono a fare la differenza.
Gli inibitori PCSK9 aiutano il corpo a eliminare il colesterolo LDL bloccando la proteina PCSK9. Finora disponibili solo in forma iniettabile, l’enlicitide è il primo farmaco di questa classe in pillole, migliorando l’aderenza terapeutica nei pazienti riluttanti alle iniezioni.
La ricerca ha coinvolto 303 persone provenienti da 59 centri distribuiti in 17 Paesi. Tutti assumevano già una statina, ma con scarsi risultati sui livelli di LDL.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi:
- 202 persone hanno assunto enlicitide una volta al giorno per 52 settimane;
- 101 hanno ricevuto un placebo con la stessa frequenza.
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I numeri emersi sono netti: dopo 24 settimane, chi assumeva enlicitide ha registrato una riduzione media del 58,2% dei livelli di LDL.
Nel gruppo placebo, invece, si è osservato addirittura un lieve incremento del 2,6%. Dopo un anno, la riduzione nel gruppo trattato si attestava al 55,3%, mentre il placebo mostrava un aumento dell’8,7%.
Oltre all’LDL, sono migliorati altri marcatori lipidici importanti:
- colesterolo non-HDL: - 52,3% con enlicitide, contro - 2,1% del placebo;
- apolipoproteina B (apo B): - 48,2% contro + 1,8%;
- lipoproteina(a): - 24,7% contro - 1,6%.
La lipoproteina(a), in particolare, è un fattore di rischio genetico molto difficile da modificare.
Prospettive future
Secondo gli esperti, anche persone che seguono un’alimentazione sana ed esercizio regolare spesso non riescono a ridurre questo parametro, motivo per cui il dato ottenuto dall’enlicitide è stato giudicato particolarmente interessante.
La Dr.ssa Navar, cardiologa dell’UT Southwestern e autrice principale dello studio, ha sottolineato come questi risultati siano allineati agli effetti delle terapie iniettabili più consolidate, suggerendo che il nuovo farmaco possa offrire un’alternativa altrettanto efficace, ma più semplice da gestire nella quotidianità.
Anche secondo altre personalità influenti del mondo della salute, che non hanno partecipato allo studio, le evidenze emerse sono importanti: il Dr. Yu-Ming Ni, cardiologo, ritiene probabile che l’enlicitide possa essere utile anche a persone senza ipercolesterolemia familiare, dato il suo meccanismo d’azione sovrapponibile a quello degli inibitori PCSK9 già disponibili.
Il Dr. Trevor Coke II, dietista, considera invece la disponibilità di una formulazione orale un passo avanti per l’accessibilità delle terapie avanzate, soprattutto per chi ha difficoltà a gestire farmaci iniettabili o manifesta paura degli aghi.
Nonostante l’entusiasmo, servono però studi più lunghi e un numero più ampio di partecipanti per capire se i risultati si mantengano nel tempo e, soprattutto, se la riduzione dell’LDL si traduca in un impatto reale sulla prevenzione degli eventi cardiovascolari.
Fonti:
- Jama – Efficacy and Safety of Oral PCSK9 Inhibitor Enlicitide in Adults With Heterozygous Familial Hypercholesterolemia
- American Heart Association – Investigational daily pill lowered bad cholesterol as much as injectables