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Covid-19: scoperta la variante italiana (che non deve spaventare)

Redazione

Ultimo aggiornamento – 09 Marzo, 2021

Ormai sappiamo che i virus a RNA mutano e si modificano. Si pensi alla celebre variante sequenziata in Inghilterra, di cui si è molto parlato nelle scorse settimane. Attualmente, di Sars-CoV-2 si registrano più di 12mila variazioni, comprese sia le più piccole che quelle più importanti.

La scoperta della variante italiana del nuovo coronavirus

A Brescia è stata isolata la “variante italiana” del Covid-19, circolante in Italia dai primi di agosto, se non addirittura da luglio. La variante italiana del coronavirus, allora, risulta precedente rispetto a quella scoperta nel Regno Unito e, forse, potrebbe anche esserne precorritrice. Essa, inoltre, “potrebbe in parte giustificare e far capire perché noi abbiamo avuto a ottobre e novembre, soprattutto in Lombardia, così tanti casi con una diffusione molto facile del virus in aree particolari”, afferma Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova e componente dell'Unità di crisi Covid-19 della Liguria.

A scoprire la variante italiana si è arrivati casualmente. Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, racconta che tutto è iniziato osservando una persistenza anomala del virus in un paziente di Covid-19 ad aprile. “Anche dopo la guarigione, i tamponi effettuati da agosto in poi avevano sempre dato esito positivo con virus ad alta carica. A novembre ci siamo decisi a sequenziare il virus per capire il perché di questa persistenza, e con nostra sorpresa ci siamo resi conto di avere identificato una nuova variante, simile ma non identica alla variante inglese che iniziava a circolare anche in Italia. A questo punto abbiamo sequenziato anche un campione dello stesso paziente ottenuto ad agosto”. Si è così scoperto che “la Spike variata era già presente allora, con tutte le sue mutazioni”.

Perché la variante italiana del Covid-19 non deve spaventare

Come è noto, il virus si aggancia alle cellule e le infetta tramite la proteina Spike, che conferisce al Covid la sua peculiare forma a corona. Solo se la maggior parte degli aminoacidi che compongono la sequenza RNA del virus dovesse mutare, allora dovremmo preoccuparci anche dell’inefficacia delle cure. In questo caso, però, la mutazione è minima: “Rispetto al virus più diffuso la variante inglese ha una mutazione in posizione N501Y mentre quella italiana varia in posizione N501T. Cambia solo un aminoacido ed è probabile che la T si sia modificata in Y nell'arco di un mese, tra agosto e settembre, gironzolando in Europa”, spiega Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell'Università Campus Bio-Medico di Roma. 

La variante italiana ha anche una seconda mutazione in posizione 493. “Ora ne vanno studiati con attenzione gli effetti continua Ciccozzi ma in termini di letalità e di contagiosità non cambia nulla né rispetto alla versione più diffusa del Covid né rispetto alla variante inglese che secondo gli anglosassoni si diffonde più rapidamente”.

Efficacia del vaccino anticovid sulla variante italiana

Caruso rassicura infine sulla efficacia del vaccino anti-Covid anche sulla variante italiana. “Il vaccino genera una risposta complessa verso tante aree della proteina Spike, per cui, anche se vi fossero alcuni anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutata come quella in posizione 501 o 493, ce ne sarebbero sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina.” La variante sembra infatti non compromettere il cosiddetto RBD, ossia il Receptor Binding Domain, indispensabile per fare breccia nell’organismo umano. 

Questa situazione dovrebbe farci capire l’importanza di una attività di sequenziamento per tenere monitorate le eventuali ulteriori varianti di Sars-Cov-2. Ciccozzi coglie infine l’occasione per ricordare che “la sorveglianza sulle mutazioni epidemiologiche non è sostenuta a sufficienza e la ricerca in questo campo è quasi inesistente. Bisognerebbe creare un consorzio ad hoc come nel Regno Unito”.

Vuoi saperne di più? Ascolta il podcast su Covid-19: un anno dopo.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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