L’autotrapianto di isole pancreatiche da staminali può far regredire il diabete

Mattia Zamboni | Seo Content Specialist

Ultimo aggiornamento – 30 Settembre, 2024

Un medico che fa una ricerca

Un team di ricercatori cinesi è riuscito, tramite l’autotrapianto di cellule che producono insulina ottenute dalle staminali, a portare al regresso del diabete di tipo 1.

Vediamo di cosa si tratta.

In cosa consiste il trattamento

Nel diabete di tipo 1, le cellule del pancreas responsabili della produzione di insulina (all’interno di strutture note come isole pancreatiche) vengono attaccate dal sistema immunitario del soggetto, impedendo all’organismo di utilizzare lo zucchero presente nel sangue; solitamente, si corre ai ripari fornendo dall’esterno l’insulina necessaria all’organismo, che deve però essere calibrata ad ogni iniezione sulla quantità di glucosio presente nel sangue.

Questa nuova tecnica, descritta nella ricerca sopracitata, prevede il prelievo delle cellule dei pazienti, la loro riprogrammazione per ottenere cellule staminali indotte e, quindi, la produzione di isole pancreatiche da reimpiantare nel pancreas.

La procedura di infusione dura solo mezz'ora, si è rivelata sicura e a tre mesi dall’intervento le isole pancreatiche auto-trapiantate hanno iniziato a produrre regolarmente insulina a livelli sufficienti.

A un anno da questo intervento, il paziente su cui è avvenuta la sperimentazione può consumare zuccheri senza necessità di monitorare l’apporto glicemico o sottoporsi a iniezioni di insulina.

Le nuove cellule hanno continuato a funzionare regolarmente, a livelli soddisfacenti, per tutto il periodo di monitoraggio descritto nello studio, durato un anno.

Questo trattamento fa parte di uno studio clinico di tipo 1, ovvero una ricerca in cui piccoli gruppi di pazienti verificano la sicurezza di una cura ricevendone una dose.

La tecnica dell’auto-trapianto

Nonostante l’innovazione registrata con questa nuova tecnica, in generale, il trapianto di isole pancreatiche non è una cosa nuova: solitamente avviene utilizzando cellule prelevate da donatore deceduto (che, però, richiedono l’uso di immunosoppressori per impedire che vengano distrutte dal sistema immunitario).

Per questo, tale procedura è riservata a pazienti che hanno difficoltà a controllare la glicemia con le terapie tradizionali e per i quali il rapporto rischi-benefici risulta positivo.

Con l’autotrapianto sperimentato dai ricercatori cinesi tutti questi problemi scomparirebbero e il trattamento potrebbe essere esteso a molti più soggetti.

Nonostante i risultati promettenti, però, lo studio cinese presenta molto limiti: prima di tutto, la paziente scelta era già in terapia con immunosoppressori a causa di un precedente trapianto di fegato.

Così come la breve durata del follow up: questo dovrebbe durare diversi anni per poter dare effettive certezza sull’efficacia a lungo termine della procedura.

Questa sperimentazione, dunque, necessita di ulteriori approfondimenti e di aggiornamenti continui per fornire risultati sempre più precisi di volta in volta.

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Scritto da Mattia Zamboni | Seo Content Specialist

Ho conseguito la laurea in Scienze della Comunicazione con un particolare focus sullo storytelling. Con quasi un decennio di esperienza nel campo del giornalismo, oggi mi occupo della creazione di contenuti editoriali che abbracciano diverse tematiche, tra cui salute, benessere, sessualità, mondo pet, alimentazione, psicologia, cura della persona e genitorialità.

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