Lotta al fumo: prezzi più alti per ridurre i consumi

Dr.ssa Elisabetta Ciccolella Farmacista
Redatto scientificamente da Dr.ssa Elisabetta Ciccolella, Farmacista |
A cura di Andrea Salvadori

Data articolo – 16 Gennaio, 2014

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Raddoppiare il prezzo delle sigarette ridurrebbe sostanzialmente il numero di morti legate a cause riconducibili al fumo.

Uno studio dell’università di Toronto, pubblicato sul New England Journal of Medicine, sostiene che solo in Canada e negli USA si registrerebbe una diminuzione di 70 mila unità su un totale di 200 mila morti all’anno entro la fine del secolo.

Secondo lo studio, fumare sottrae 10 anni di vita.

Nella fascia tra i 30 e i 60 anni di età la mortalità tra i fumatori è tre volte superiore a quella tra non fumatori.

Ma smettere di fumare funziona: i dati dimostrano che coloro che hanno iniziato a fumare da giovani e smettono all’età di 30, 40 o 50 anni guadagnano rispettivamente 10, 9 e 6 anni di vita. 

L’aumento delle tasse genererebbe inoltre un’entrata per lo Stato di 100 miliardi di dollari. E una confezione diversa renderebbe le sigarette meno attraenti.

Perché fumare fa male?

Gli organi più colpiti dal fumo sono l’apparato broncopolmonare e quello cardiovascolare. Tra le principali patologie derivanti dal fumo vi sono tumore al polmone, infarto e cardiopatie ischemiche, danni all’apparato sessuale, invecchiamento della pelle, deterioramento delle cellule cerebrali e danni alla cavità orale.

Tutti i paesi del Mondo si sono mostrati favorevoli, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e all’Assemblea Mondiale della Sanità dell’OMS, a diminuire la diffusione del fumo di circa un terzo entro il 2025, con l’obiettivo di diminuire le morti legate al fumo di sigaretta del 25%.

Questo studio dimostra che le tasse sul tabacco sono uno sono una leva estremamente potente e potenzialmente un triplo successo – abbassare il numero di persone che fumano e che muoiono a causa di questa dipendenza, ridurre le morti premature da fumo e, allo stesso tempo, l’aumento del reddito del governo”, ha dichiarato il Professor Richard Peto, dell’Università di Oxford, coautore dello studio.

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