Quando il cervello impara a ignorare il rumore: cosa rivela una nuova ricerca sull’acufene

Emanuela Spotorno |  Autrice e divulgatrice esperta in salute, benessere femminile e medicina preventiva
A cura di Emanuela Spotorno
Autrice e divulgatrice esperta in salute, benessere femminile e medicina preventiva

Data articolo – 15 Dicembre, 2025

ragazzo si tiene l'orecchio con dolore

L’acufene rappresenta una delle condizioni uditive più diffuse e complesse da gestire in ambito clinico, secondo le stime, interessa il 10–15% della popolazione adulta mondiale, con un impatto significativo sulla qualità della vita. 

Negli ultimi anni, l’attenzione della ricerca si è concentrata su approcci non farmacologici, in particolare sulla terapia del suono. 

Un ampio studio clinico condotto in Cina ha ora fornito nuove evidenze sul suo potenziale, soprattutto quando il trattamento viene adattato alle caratteristiche individuali del paziente.

Acufene, una condizione diffusa e ancora senza una cura risolutiva

L’acufene si manifesta come la percezione di ronzii, fischi o fruscii in assenza di una sorgente sonora esterna, può presentarsi in forma continua o intermittente, interessare uno o entrambi gli orecchi e avere un’intensità variabile. 

In molti casi si associa a disturbi del sonno, ansia, irritabilità e difficoltà di concentrazione, con ripercussioni anche sulla sfera lavorativa e sociale.

Nonostante l’elevata prevalenza, non esiste attualmente una terapia risolutiva valida per tutti, i trattamenti disponibili puntano soprattutto ad alleviare il disagio percepito, aiutando il paziente a convivere con il sintomo. 

Questo spiega perché l’acufene sia considerato una delle condizioni uditive più difficili da trattare e perché la ricerca continui a esplorare nuove strategie di gestione.

Perché la terapia del suono è al centro della ricerca scientifica

Tra gli approcci più utilizzati nella pratica clinica, la terapia del suono occupa un ruolo centrale. Il suo obiettivo non è soltanto mascherare il rumore percepito, ma modificare l’elaborazione uditiva a livello cerebrale, favorendo una ricalibrazione dei circuiti neuronali coinvolti nella percezione dell’acufene.

L’ipotesi alla base è che una stimolazione sonora controllata e ripetuta possa ridurre progressivamente l’attenzione del cervello verso il segnale anomalo, attenuandone l’impatto nel tempo. Tuttavia, nonostante il largo impiego, le evidenze scientifiche a lungo termine sono rimaste finora limitate, soprattutto per quanto riguarda il confronto tra diverse strategie sonore e la durata degli effetti dopo la fine del trattamento.

Lo studio multicentrico cinese e l’approccio personalizzato al trattamento

Per approfondire questi aspetti, tre cliniche specializzate di Shanghai hanno condotto uno studio multicentrico, randomizzato, controllato e in doppio cieco su 440 pazienti, di età compresa tra 18 e 80 anni, affetti da acufene soggettivo cronico da oltre 13 mesi

Il protocollo ha previsto 9 mesi di trattamento, seguiti da un follow-up di 3 mesi.
I partecipanti sono stati assegnati casualmente a quattro diverse terapie sonore, somministrate per 2 ore al giorno: musica non modificata, musica associata a rumore a banda stretta, musica ad alta frequenza e un suono di sollievo personalizzato basato sulla frequenza specifica dell’acufene percepito. 

Quest’ultimo approccio prevede la creazione di un profilo acustico individuale, capace di modulare selettivamente le bande di frequenza coinvolte, con l’obiettivo di influenzare in modo mirato la risposta del sistema uditivo centrale.


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Risultati, fattori di risposta e implicazioni future

La gravità dell’acufene è stata valutata attraverso il Tinnitus Handicap Inventory (THI) in diversi momenti dello studio. Tutte le terapie hanno determinato un miglioramento clinicamente significativo, ma il trattamento personalizzato ha mostrato le riduzioni più marcate e durature del punteggio THI, oltre a benefici su ansia, qualità del sonno e intensità del rumore percepito.

In una parte dei pazienti si è osservata anche la remissione completa dei sintomi, con punteggio THI pari a 0 e sospensione del trattamento. Inoltre, fattori come età, durata dell’acufene e modalità di presentazione sono risultati predittivi della risposta terapeutica.

Nel complesso, i dati suggeriscono che la terapia del suono possa favorire una plasticità uditiva duratura, aprendo la strada a strategie di trattamento sempre più personalizzate.

Fonti:

  • ScienceDirect - Efficacy and safety of a modified sound therapy for patients with subjective tinnitus (MOST): a multicentre, double-blind, randomised controlled trial
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