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Cosa può fare la mamma di un ragazzo di 22 anni che non vuole affrontare i problemi della vita e che non ottiene nessun risultato nè dall'università nè dal lavoro?

Salve, sono un genitore di un ragazzo di 22 anni che dimostra spesso comportamenti molto rabbiosi soprattutto dei miei confronti. E' stato sempre un tipo vulnerabile e problematico, ma da quando ha iniziato l'università la sua situazione è andata complicandosi. All'età di 9 anni prima, e di 12 dopo, ha avuto 2 emorragie celebrali: la prima subaracnoidea a causa di una caduta, la seconda intraventricolare la cui causa è rimasta piuttosto indefinita. Dopo le prime risonanze, si è scoperta anche una cisti aracnoidale di dimensioni di 3 cm circa, che da allora è stata sempre sotto controllo e che non ha dimostrato cambiamenti. Mio figlio ha avuto sempre un comportamento piuttosto agitato, ma è comunque capace di avere momenti di concentrazione, di attenzione, ottenendo fino alle medie anche ottimi risultati scolastici. Durante tutto il periodo del liceo non ha vissuto insuccessi veri e propri, ma non ha mai dimostrato responsabilità ed impegno nei confronti dello studio. Le sue giornate, dopo la mattinata passata a scuola, si svolgevano davanti alla playstation o davanti al computer ininterrottamente. Durante l'estate avveniva la stessa cosa, solo le vacanze permettevano il distacco dai giochi. La mia reazione a ciò già da allora provocava reazioni aggressive e violente. Terminato il liceo con un quinto anno piuttosto tranquillo, ha iniziato il percorso universitario, ingegneria informatica. Il suo rapporto con l'università è stato da subito ambiguo, tranne il primo periodo, non ha mai dimostrato impegno e serietà nell'affrontare il lavoro. Al nostro invito a lasciare casa per andare a vivere nella città (vicino alla nostra) universitaria si è sempre rifiutato. Ha passato mesi ed anni ormai davanti al computer, notte e giorno, giocando o facendo altro senza concludere niente. Al termine di ogni periodo gli chiedevamo di interrompere l'università, almeno quella, per poter iniziare un nuovo percorso; gli abbiamo chiesto anche di andare a lavorare, ma non si è mai riusciti a cambiare la situazione. I confronti sono diventati sempre più aggressivi e la situazione più difficile da risolvere. Per un periodo di tempo, sia io che lui, abbiamo iniziato una terapia di psicoanalisi, ma non siamo riusciti ad andare avanti. C'è qualcosa che non mi quadra e non riesco a trovare il sistema per aiutarlo; il suo comportamento, la sua irascibilità, il suo modo di sfuggire davanti alle responsabilità, la sua sofferenza per l'incapacità di fare le cose che si è prefissato, il suo modo di incolpare gli altri per i suoi insuccessi, mi fanno pensare che il problema non riesce a risolverlo da solo, come lui spesso dice di riuscire a fare. Quale strada si potrebbe percorrere? Grazie per la disponibilità.

Risposta

Gentile Signora, ovviamente per comprendere la situazione ci sarebbero tante e tante domande da fare, ma tra le tante le prime da farsi sarebbero queste: il percorso di Psicoterapia cominciato era insieme o individualmente? Come mai avete scelto di interrompere ENTRAMBI e dopo quanto? Lo avete fatto contemporaneamente? Cordialmente.

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Risposta a cura di
Dr.ssa Giorgia Palucci Psicologo
Dr.ssa Giorgia Palucci
psicologo
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