Nella complessa trama delle interazioni umane, un filo conduttore fin troppo comune è la tendenza ineludibile al confronto sociale.
Intrecciamo costantemente le nostre esperienze con quelle di chi ci circonda, amici, colleghi, vicini, e questo parallelismo si acuisce in modo particolare quando il metro di paragone diviene il terreno dei traguardi professionali.
Inevitabilmente, quindi, le carriere altrui diventano spesso silenziosi punti di riferimento, involontarie cartine tornasole attraverso cui misuriamo il nostro stesso avanzamento nel mondo del lavoro.
Ma cosa possiamo fare per arginare questa tendenza? Scopriamolo in questo articolo.
Perché gli altri catalizzano tutta la mia attenzione?
La neuropsicologa Sanam Hafeez, direttrice di Comprehend The Mind, tratteggia luci e ombre di una dinamica profondamente radicata nella nostra psiche: il confronto sociale.
"È un imperativo inscritto nel nostro stesso DNA," afferma sottolineando come la percezione altrui eserciti su di noi un'influenza costante.
Inevitabilmente tendiamo a misurare la nostra traiettoria esistenziale – dalle conquiste professionali alle dinamiche familiari, fino alle esperienze di svago – attraverso la lente delle vite altrui, quasi fossero coordinate su una mappa del successo.
Sebbene questa tendenza comparativa non sia di per sé un male, la ricerca evidenzia un'ombra insidiosa, una frequente esposizione a questo meccanismo innesca un trio di emozioni corrosive: vergogna, invidia e risentimento.
Questo fenomeno si acuisce in modo particolare nell'arena dei social media, un palcoscenico dove la realtà viene spesso filtrata e amplificata, creando un'illusione pervasiva di perfezione altrui e alimentando, di conseguenza, un terreno fertile per il malcontento interiore.
Prima di poter modulare l'impatto che il confronto esercita sul nostro benessere emotivo, è fondamentale intraprendere un viaggio introspettivo per decifrare la vera natura delle nostre reazioni interiori.
Hafeez, a tal proposito, esorta a sintonizzarsi finemente con lo spettro di emozioni e pensieri che si manifestano quando il nostro percorso esistenziale incrocia quello altrui.
La risposta superficiale potrebbe liquidare tutto con un lapidario "semplice invidia!", ma una discesa più profonda nelle nostre viscere psichiche potrebbe rivelare un paesaggio emotivo più complesso, costellato di frustrazione silente, un senso di inadeguatezza strisciante o reazioni del tutto inattese.
Come centrare il nostro sguardo su noi stessi
Riconoscere queste sfumature affettive – e accoglierle con una benevola accettazione, scevra da giudizio – si configura spesso come il primo, cruciale passo verso una loro elaborazione più costruttiva.
La ricerca scientifica avvalora questa pratica, dimostrando come l'atto di verbalizzare le proprie emozioni, una tecnica definita "etichettatura affettiva", possa effettivamente smorzarne l'intensità e renderle più gestibili.
Una volta che il nostro panorama emotivo si fa più nitido, Hafeez invita a interrogarsi sul "perché" recondito di tali sentimenti.
Potremmo etichettare come invidia la nostra reazione di fronte ai successi di un amico, ma la radice del disagio potrebbe affondare in un terreno di insicurezza riguardo alla nostra personale traiettoria o nella morsa soffocante delle aspettative familiari.
Forse, echi lontani di un'infanzia segnata dal confronto con un fratello percepito come più "avanti" risuonano ancora nel nostro presente; oppure, più semplicemente, siamo consumati dalla stanchezza, pervasi da un senso di insoddisfazione o tormentati dal dubbio di non procedere sul sentiero "giusto".
Come osserva la specialista, il confronto raramente concerne l'altro in sé, ma riflette piuttosto il nostro grado di appagamento – o la sua assenza – rispetto alla nostra stessa esistenza.
"Gli altri," afferma con una metafora illuminante, "fungono unicamente da specchio, riflettendo la nostra interiorità." Certo, non ogni confronto si traduce in una ferita emotiva profonda; talvolta, la nostra meta è chiara e la frustrazione nasce semplicemente dall'osservare altri tagliare il traguardo prima di noi.
In tali circostanze questa fase di auto-analisi potrebbe richiedere solo una breve e lucida introspezione, un rapido check-up emotivo prima di procedere oltre.
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La seconda linea guida offerta da Hafeez è quella di volgere lo sguardo con rinnovata consapevolezza verso il tesoro di beni che rischiamo di oscurare nell'ombra dei successi altrui. "Potresti non possedere ciò che adorna la vita degli altri, ma la tua esistenza è certamente piena di altrettante, se non maggiori, ricchezze.”
Per abbracciare appieno questa prospettiva, potremmo trovarci nella necessità di ridefinire, o quantomeno espandere, i confini della nostra personale concezione di successo. Se persistiamo nell'utilizzare il metro altrui per misurare il nostro cammino, è altamente probabile che stiamo adottando una definizione di successo che non risuona pienamente con la sinfonia unica della nostra vita.
Il punto cruciale è questo: è di vitale importanza rivolgere l'attenzione alle vittorie che costellano la nostra esistenza e concederci di riconoscere che il successo può manifestarsi in una miriade di forme e dimensioni diverse.
La tendenza a focalizzarsi selettivamente sugli aspetti luminosi della vita altrui è insidiosa, portandoci a trascurare la preziosità della nostra e a cadere nella trappola di convincerci che la nostra realtà sia un desolante fallimento.
La specialista mette l’accento su un aspetto essenziale: "La vera gemma che scaturisce dalla riflessione è la risoluzione del problema stesso."
Dunque, individuare soluzioni concrete e incamminarsi con determinazione lungo il sentiero della loro attuazione si rivela un potente antidoto contro le spire dell'ansia e il tarlo della scarsa autostima.
Ma il beneficio più prezioso di questo processo risiede nel suo intrinseco potere di riorientare il nostro focus: esso sottrae la nostra attenzione dalle vite altrui per riportarla al centro del nostro universo interiore.