Terapia e giudizio della famiglia: come sentirsi meno soli nel percorso

Arianna Bordi | Editor

Ultimo aggiornamento – 10 Settembre, 2024

Uomo, donna anziana e donna adulta discutono

La terapia è spesso vista come un tabù in molte famiglie. Ma cosa succede quando si decide di rompere questo silenzio e di intraprendere un percorso di guarigione personale, magari in solitudine?

Scopriamo insieme i motivi che spingono qualcuno a fare questo passo e come affrontare le possibili reazioni dell'ambiente familiare.

Terapia: una scelta ancora controversa nel contesto familiare?

Essere l'unica persona nella propria famiglia a decidere di intraprendere un percorso terapeutico può essere un'esperienza isolante e complessa.

Questa scelta, spesso motivata dal desiderio di comprendere meglio se stessi, di affrontare difficoltà emotive o di migliorare la propria qualità di vita può generare un senso di estraneità rispetto al proprio nucleo familiare.

Ma perché può essere così difficile? Vediamo di seguito alcune possibili motivazioni:

  • stigma sociale: la terapia, nonostante i passi in avanti degli ultimi anni, è ancora vista con diffidenza o come un segno di debolezza, e questo può rendere difficile parlarne apertamente con i propri cari;
  • paure e aspettative: chi decide di fare terapia può temere il giudizio degli altri, sia all'interno della famiglia che all'esterno. Allo stesso tempo, però, può nutrire aspettative diverse da quelle dei familiari, che potrebbero non comprendere appieno il valore di questo percorso;
  • dinamiche familiari: possono influenzare la decisione di iniziare una terapia e la reazione dei familiari stessi. Spesso la terapia va a toccare temi delicati che mettono in discussione equilibri preesistenti o risvegliano vecchi conflitti.

Parlare di terapia in famiglia: complesso, ma non impossibile

La decisione di iniziare una terapia può mettere a nudo dinamiche familiari irrisolte e reiterate nel tempo. I familiari potrebbero interpretare questa scelta come un riflesso delle loro azioni o delle loro mancanze, generando tensioni e sensi di colpa.

Inoltre, le idee preconcette sulla salute mentale e i traumi passati possono rendere difficile affrontare l'argomento con apertura.

Come sottolinea Amanda Jurist, terapeuta specializzata anche in terapia familiare e infantile, queste dinamiche influenzano profondamente la reazione familiare alla terapia.

Vediamo di seguito cosa potrebbe succedere e come invertire la rotta.

Parlare della terapia senza senso di superiorità

La crescita personale può portare al desiderio di una connessione più profonda con i propri cari, ma le diverse prospettive possono creare una distanza difficile da colmare.

Infatti, è comune provare un senso di solitudine quando ci si sente diversi all'interno della propria famiglia.

È naturale voler condividere i progressi fatti in terapia con la propria famiglia, ma è importante evitare di convincerli a tutti i costi a intraprendere un percorso di psicoterapia. 

Invece che insistere su come la terapia sia fondamentale per tutti, per quanto il concetto sia corretto, sarebbe meglio aprire un dialogo, senza forzare il punto di vista, per incoraggiare la comprensione senza fare pressioni o mostrarsi superiore.

È importante rispettare i tempi e i bisogni di ognuno, condividendo la propria esperienza in modo leggero: “Ho deciso di intraprendere un percorso terapeutico per me stesso”, propone Jurist. E poi, eventualmente: “Se ti incuriosisce, sarò felice di raccontarti di più.”

L’importanza delle motivazioni alla base del percorso

Sia che si tratti di mantenere una routine quotidiana che di affrontare una famiglia non solidale, la chiave per superare le difficoltà risiede nel ricordare il motivo per cui si è iniziato questo percorso.

Tenere bene a mente le motivazioni che ci hanno spinto a intraprendere un percorso terapeutico permette di mantenere la concentrazione sugli obiettivi prefissati e di affrontare le difficoltà con determinazione.

Quando si è confrontati con dubbi o critiche da parte dei familiari, gli strumenti acquisiti durante la terapia possono essere utilizzati per gestire la situazione con assertività e consapevolezza.

Mostrarsi convinti senza cedere a commenti o dubbi altrui

Se tua famiglia non è abituata a stabilire dei limiti chiari o a mostrare empatia verso i sentimenti altrui, potrebbe reagire in modo poco rispettoso quando parli della tua terapia o della tua salute mentale," spiega John Tsilimparis, psicoterapeuta e autore.

Essere assertivi significa comunicare in modo chiaro e rispettoso i propri bisogni e sentimenti, senza ricorrere all'aggressività.

Quando ci si trova di fronte a comportamenti che feriscono, identificare le proprie emozioni è il primo passo verso una comunicazione efficace e relazioni più sane; ed è bene ricordare sempre che l'obiettivo finale è la cura di sé stessi, non il cambiamento degli altri, per il quale non dobbiamo prenderci nessun tipo di responsabilità. 

Aiutare a decostruire la paura della terapia

Tsilimparis suggerisce che la paura sia spesso alla radice delle reazioni negative di alcuni familiari nei confronti della terapia.

Potrebbero temere che il percorso terapeutico allontani il membro della famiglia dal nucleo familiare, oppure che vengano rivelati segreti personali.

Inoltre, il cambiamento e la crescita di un membro della famiglia possono minacciare l'equilibrio precario di un sistema disfunzionale, innescando reazioni difensive negli altri.

È consigliabile affrontare apertamente l'argomento con la propria famiglia, chiedendo loro direttamente quali sono le loro preoccupazioni.

È importante ricordare che non è compito dell'individuo far sentire a proprio agio gli altri, ma piuttosto stabilire dei limiti sani e comunicare chiaramente i propri bisogni, mantenendo un atteggiamento empatico.

La terapia di un singolo stravolge gli equilibri di tutti

Modificando le nostre reazioni a modelli comportamentali disfunzionali, come le osservazioni passivo-aggressive o gli sfoghi, "possiamo innescare un cambiamento profondo nelle dinamiche familiari", secondo Jurist.

Quando decidiamo di non partecipare più a questi schemi, stiamo in realtà invitando gli altri a riconsiderare i propri comportamenti. In questo modo, potremmo scoprire nuove modalità di interazione, più sane e rispettose per tutti.

Non è indispensabile essere d’accordo su ogni scelta

Nel momento in cui i tentativi di far comprendere la propria posizione risultano vani, è opportuno porre dei limiti precisi. Un esempio di comunicazione efficace potrebbe essere: "Preferirei che non si parlasse più di terapia".

Se le conversazioni riguardo la terapia (ricordiamo, scelta insindacabile e personale) diventano fonte di stress, infatti, è importante comunicare apertamente il proprio disagio e la volontà di non intraprendere nuovamente il discorso. 

Far sapere agli altri che si ha bisogno di un po' di tempo e di spazio può aiutare a evitare malintesi e tensioni. Come suggerisce Jurist, "stabilire dei limiti sani è fondamentale per proteggere il proprio benessere emotivo."

Arianna Bordi | Editor
Scritto da Arianna Bordi | Editor

Dopo la laurea in Letteratura e Lingue straniere, durante il mio percorso di laurea magistrale mi sono specializzata in Editoria e Comunicazione visiva e digitale. Ho frequentato corsi relativi al giornalismo, alla traduzione, alla scrittura per il web, al copywriting e all'editing di testi.

Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
Arianna Bordi | Editor
Arianna Bordi | Editor
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