Autismo: una parola che a volte può far paura. Ma cosa è l’autismo? Quali sono le cause che possono provocare l’insorgere del disturbo? Cosa fare per rendere migliore, ogni giorno, la vita di questi bambini?
Tanti sono gli interrogativi e altrettante le risposte che si cerca di dare, affidandosi a figure esperte, in grado di portare un reale aiuto a pazienti e caregiver. Sì, perché l’autismo non è solo un affare di chi ne soffre. L’autismo riguarda tutti: genitori, fratelli, amici, parenti. Per questa ragione, è indispensabile garantire il giusto supporto anche a chi vive la condizione come “altro protagonista”, grazie all’azione di associazioni, psicoterapeuti e amici pronti a tendere la mano, anche nei momenti più bui.
Abbiamo deciso, così, di condividere l’esperienza e i consigli di alcuni genitori, scesi in campo per promuovere la consapevolezza che un intervento precoce e mirato può davvero fare la differenza e rendere i piccoli con autismo sempre più autosufficienti e capaci di vivere e integrarsi al meglio all’interno della società: il segreto è non aver paura, ma conservare il giusto ottimismo.
Qual è la difficoltà più grande e quotidiana che un caregiver riscontra nel rapportarsi con un bambino/ragazzo autistico?
Rossella, mamma di Stefano: “Per quanto mi riguarda, la difficoltà che riscontra un caregiver nel rapportarsi con un bimbo autistico è non abbassare mai la guardia. Bisogna stare sempre attenti a ciò che si fa e a come lo si fa. La terapia ABA non viene fatta solo dagli operatori, ma entra a far parte della quotidianità. È questo l’unico modo che c’è per rapportarsi con il proprio bambino correttamente. Ciò, per quanto mi riguarda, porta a una stanchezza mentale, oltre che fisica“.
Barbara, mamma di Davide: “Per quanto riguarda le difficoltà quotidiane devo dire che, a distanza di tre anni dalla diagnosi di autismo, mi rendo conto che tutto quello che per gli altri bambini è ormai acquisito e imparato per noi è ancora molto lontano. L’autonomia personale è la parte più evidente e più impegnativa da gestire, come, per esempio, vestirsi e svestirsi da soli, mangiare da soli, compiere piccoli gesti in casa e fuori, che bambini di 6 anni ormai compiono tranquillamente, mentre nel nostro caso purtoppo non è così”.
A scuola ci sono figure di sostegno adatte a seguire correttamente i bambini autistici? Quali sono le difficoltà maggiori?
Rossella: “Nella scuola non sempre ci sono insegnanti ed educatori preparati. Inizialmente fanno fatica a comprendere le modalità migliori per interagire con il bambino e approcciarsi a lui. Noi abbiamo fatto molta fatica, anche se le insegnanti ci hanno messo impegno e disponibilità; poi con il tempo hanno capito che non eravamo pazzi e che bisognava seguire il metodo ABA sempre. Hanno capito la necessità di fidarsi della psicologa, rispettando i tempi del bambino.
In questo momento, le difficoltà maggiori che si riscontrano a scuola riguardano l’interazione con gli altri bambini”.
Barbara: “Per quanto riguarda la scuola primaria, devo dire che abbiamo trovato molta disponibilità e competenza nel gestire le difficoltà di mio figlio solo da parte delle insegnanti di classe, mentre per quanto riguarda la figura dell’insegnante di sostegno devo dire che siamo delusi e abbastanza contrariati, in quanto al nostro bambino spetterebbero 22 ore di sostegno settimanali e gliene sono state date solamente 11. La cosa grave è che queste 11 non vengono fatte quasi mai, perché l’insegnante di sostegno è spesso assente e non si presenta nemmeno ai colloqui fissati con noi genitori.
Purtroppo, il tema del sostegno è delicato e importante, vengono assegnati ai nostri figli insegnanti che non conoscono le patologie con cui si devono rapportare e, nel caso dell’autismo, parliamo di una patologia che si manifesta in modo diverso in ogni caso; se, quindi, non c’è una conoscenza di base e nemmeno un incontro con la famiglia, il risultato è disastroso.
I bambini vengono penalizzati perché non hanno l’aiuto necessario, quando invece basterebbe veramente poco per offrire un buon servizio“.
Su quali Enti si può far affidamento per un aiuto reale, non solo rivolto ai ragazzi autistici, ma anche alle famiglie?
Rossella: “Purtroppo, Enti che danno un aiuto concreto alle famiglie sono pochi e quelli che ci sono hanno liste di attesa lunghissime. Noi siamo stati fortunati, perché il nostro bambino era molto piccolo quando è entrato ne “LA NOSTRA FAMIGLIA”, che aiuta anche noi genitori. Io non conosco Enti pubblici che offrono quello che dà questa struttura, ma sarebbe auspicabile che le ATS lo facessero“.
Barbara: “Purtroppo, al momento non conosco Enti che aiutino in modo reale. Molto aiuto è offerto dalle associazioni di genitori, come la nostra, nelle quali ci si può confrontare e aiutare nelle difficoltà concrete di ogni giorno.
Io mi sono accorta che qualcosa non andava in mio figlio all’età di circa 24 mesi. Prima di allora aveva avuto una crescita e sviluppo regolari, come certificato dalle visite pediatriche. A un certo punto, ha smesso di guardarmi negli occhi e la sua crescita si è arrestata. Niente parole, niente richieste, niente di tutto quello che un bambino di 2 anni dovrebbe fare.
Dopo la diagnosi, avuta a 2 anni e mezzo, abbiamo iniziato subito con il metodo ABA, seguiti dalla “Nostra Famiglia” di Bosisio Parini e, in seguito, abbiamo continuato con le terapie domiciliari, sempre con metodo ABA. Tutt’ora, a distanza di tre anni, continuiamo per quello che ci è possibile a utilizzare questo metodo e a farlo utilizzare a chi segue il bambino, sia a scuola che a casa.
Non so dire dopo quanto tempo il metodo porti risultati, ma avendolo utilizzato da subito e in modo costante posso dire che per noi è stato efficace e utilissimo nella gestione dei comportamenti problematici legati alla patologia. Al momento penso poco al futuro perché cerco di gestire al meglio il presente. Vogliamo lavorare bene adesso che nostro figlio è piccolo per aiutarlo il più possibile a diventare grande in modo autonomo e autosufficiente. Fortunatamente, il nostro bambino non è grave e, vedendo i grandi miglioramenti che sta facendo, sono abbastanza serena nel pensarlo a 18 anni…“.
Un consiglio agli altri genitori?
Barbara: “Ai genitori che scoprono l’autismo consiglio prima di tutto di lavorare su se stessi e fare in modo di accettare serenamente la diagnosi. Ovviamente, con le proprie tempistiche, ma se non si è sereni nel vivere con un bambino autistico non lo si può aiutare.
Noi genitori siamo la prima e, a volte, l’unica grande fonte di aiuto che loro hanno e, se stiamo bene noi, sicuramente riusciremo ad aiutare meglio loro.
Non è semplice, io ci messo un anno ad accettare la sindrome, ma comunque non abbiamo alternative: è la realtà. I nostri bimbi possono migliorare molto, se seguiti bene e se circondati da affetto e situazioni positive“.
In collaborazione con “Un Cuore per l’Autismo O.N.L.U.S.“.