Diabete di tipo 1: una nuova terapia che agisce alla base della malattia? Lo studio

Alessandra Familari | Autrice e divulgatrice informazione sanitaria
A cura di Alessandra Familari
Autrice e divulgatrice informazione sanitaria

Data articolo – 17 Dicembre, 2025

Una dottoressa controlla il diabete di tipo 1 a una paziente.

All’Ospedale San Raffaele di Milano prende il via un nuovo studio di ricerca che potrebbe segnare un passo avanti nel trattamento del diabete di tipo 1

Il progetto, finanziato dalla Fondazione Italiana Diabete con un contributo di 50.000 euro, mira a sviluppare una terapia cellulare di nuova generazione, progettata per intervenire in modo mirato sull’origine autoimmune della malattia.

La ricerca nasce dalla collaborazione tra il Diabetes Research Institute, diretto dal professor Lorenzo Piemonti, e il laboratorio di Ematologia Sperimentale guidato dalla professoressa Chiara Bonini, ed è condotta dal dottor Paolo Monti, immunologo esperto di terapie cellulari.

Ma per quale motivo l'obiettivo della ricerca scientifica é quello di mirare direttamente all'origine autoimmune? Vediamo le motivazioni scientifiche dello studio.

Diabete di tipo 1: è una malattia autoimmune

Nel diabete di tipo 1 il sistema immunitario attacca erroneamente le cellule beta del pancreas, responsabili della produzione di insulina. La distruzione di queste cellule impedisce all’organismo di regolare correttamente la glicemia, rendendo necessaria la terapia insulinica per tutta la vita.


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Posto alla base di questo processo vi è un’alterazione dei meccanismi di controllo del sistema immunitario, che normalmente impediscono reazioni autoaggressive.

È proprio su questo squilibrio che interviene il nuovo studio del San Raffaele, puntando a ripristinare la tolleranza immunitaria attraverso cellule T regolatorie potenziate e più mirate.

Vediamo, dunque, nel dettaglio quali sono le sfaccettature rilevanti della ricerca.

Diabete di tipo uno e sistema immunitario: il nuovo studio

Il nuovo studio si concentra sulle cellule T regolatorie (Treg), una popolazione di cellule immunitarie che ha il compito di mantenere sotto controllo le risposte autoimmuni. Le Treg agiscono come un “freno” del sistema immunitario, evitando che diventi eccessivamente aggressivo contro i tessuti sani.

Negli ultimi anni, terapie basate sulle Treg si sono dimostrate sicure, ma con un limite importante: l’effetto tende a essere transitorio, perché le cellule infuse non sono sufficientemente stabili o durature.

Ma qual é la promettente novità dello studio?

Il progetto del San Raffaele introduce un approccio innovativo: in virtù delle moderne tecniche di ingegneria genetica, le cellule T regolatorie vengono “istruite” a riconoscere una proteina specifica delle cellule beta, la GAD65, uno dei principali bersagli dell’autoimmunità nel diabete di tipo 1.

L’obiettivo è ottenere Treg capaci di:

  • riconoscere in modo mirato il tessuto pancreatico;
  • raggiungere il sito della malattia;
  • sopravvivere più a lungo nel tempo;
  • esercitare un controllo più efficace sull’attacco autoimmune.

Se questa strategia si dimostrasse efficace, potrebbe aprire la strada a terapie più precise e personalizzate, in grado di preservare le cellule beta residue e rallentare la progressione della malattia. 

Non é possibile ancora considerarla una cura definitiva, ma di un passo rilevante verso trattamenti che agiscono sulle cause immunologiche del diabete di tipo 1, e non solo sui suoi effetti metabolici.

La ricerca è ancora situata in una fase sperimentale. Tuttavia, essa incarna un tassello di concreta innovazione nell'ambito della medicina cellulare dell’immunoterapia. Si tratta di una ricerca che assume il potenziale di ridefinire le prospettive future per le patologie autoimmuni.


Fonti:

Ospedale San Raffaele - Al San Raffaele uno studio per una nuova terapia cellulare per il diabete di tipo 1 finanziato da Fondazione Italiana Diabete

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