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Dolore addominale e sangue nelle feci: potrebbe essere colpa dell’enterocolite?

Simona Soldi | Biologa

Ultimo aggiornamento – 19 Giugno, 2018

enterocolite: i sintomi e le cause

L’enterocolite è un’infiammazione acuta e cronica del tratto digestivo. Il disordine interessa in modo particolare gli strati più interni di tessuto sia dell’intestino tenue che del colon, causando una varietà di sintomi nell’organismo. Conoscete già questo disturbo? Vediamo insieme di cosa si tratta.

I sintomi più comuni dell’enterocolite

I segnali che il nostro corpo ci invia in caso di enterocolite sono molto diversi, e variano in relazione alla persona e al tipo di enterocolite contratta.

Tuttavia, vi sono una serie di sintomi comuni, che sembrano comparire indipendentemente dalla causa dell’infiammazione al tratto più basso dell’intestino. Questi possono essere:

  • Febbre
  • Gonfiore vicino alla zona dello stomaco
  • Nausea
  • Vomito
  • Diarrea
  • Senso di stanchezza
  • Sensazione di malessere generale

Inoltre, i soggetti affetti da un tipo particolare di enterocolite, come quella emorragica, possono sperimentare dei sintomi aggiuntivi, come appunto il fastidioso sanguinamento rettale.

Non uno, ma tanti tipi di enterocolite

I tipi di infiammazione al tratto finale dell’intestino vengono classificati e suddivisi in base alla causa scatenante dell’infiammazione stessa o alla presenza di particolari sintomi, non comuni ad altre tipologie. Tra queste, segnaliamo:

  • Enterocolite necrotizzante – Questa condizione insorge quando l’infiammazione nella zona del basso intestino e del colon è accompagnata dalla morte dei tessuti degli strati interni dell’intestino stesso. Questo problema avviene prevalentemente nei bambini nati prematuri. La causa che porta alla necrotizzazione dei tessuti è tuttora sconosciuta: alcuni sostengono che i bambini prematuri non abbiano sviluppato al meglio le funzionalità del sistema immunitario, rendendosi inclini alle infezioni batteriche. Altre teorie suggeriscono che una perdita di flusso sanguigno o di ossigeno nell’intestino sia la causa dell’infiammazione originale, che va peggiorando a causa dell’infezione batterica. Inoltre, alcuni sostengono che nutrire in eccesso il bambino causi un accumulo di batteri nell’intestino prima che il suo organismo sia pronto ad accoglierli, causando i sintomi dell’enterocolite. Questi, nel caso della tipologia necrotizzante, sono: addome gonfio, presenza di sangue nelle feci, vomito e diarrea. Il bambino, inoltre, potrebbe non mangiare correttamente o non volere affatto il cibo. L’enterocolite necrotizzante può essere fatale se non viene immediatamente trattata. Fate attenzione: un bambino affetto da questa condizione necessita di cure mediche immediate.
  • Enterocolite associata agli antibiotici – È possibile mostrare sintomi di enterocolite anche in seguito a una cura a base di antibiotici. Questi farmaci, infatti, eliminano come effetto collaterale anche i batteri benefici stanziati lungo le pareti dell’intestino, favorendo l’attacco e l’infezione da parte di batteri patogeni come Clostridium Difficile. Mano a mano che il microorganismo si espande nell’intestino rilascia tossine dannose per l’organismo, che finiscono per infiammare i tessuti interni causando alcuni sintomi dell’enterocolite. Questi, solitamente, riguardano: crampi e gonfiore nella zona interessata, necessità maggiore di andare in bagno con presenza di diarrea, dolore forte allo stomaco, febbre e senso di stanchezza.
  • Enterocolite pseudomembranosa – L’enterocolite pseudomembranosa coinvolge anche degli strati esterni dell’intestino, oltre ai tessuti interni. Solitamente, è causata dall’instaurarsi di un’infezione batterica in seguito ad una cura con antibiotici, come possibile evoluzione fisiologica dell’enterocolite iniziale. I sintomi specifici di questo tipo di enterocolite possono essere: diarrea molto liquida e ricorrente, febbre e dolori addominali intensi. Questa condizione può anche portare alla produzione di molti globuli bianchi, di muco, e al rilascio di proteine dalle pareti intestinali.
  • Enterocolite emorragica – L’enterocolite emorragica è un’altra tipologia di enterocolite causata da un’infezione batterica. Alcuni ceppi di Escherichia Coli riescono, infatti, a infettare l’intestino, producendo una tossina che causa infiammazione e danni alla zona interessata. Questa condizione, tipicamente, provoca forti crampi addominali e una forma di diarrea liquida con presenza di sangue. In alcuni casi, può manifestarsi anche febbre alta. L’enterocolite emorragica può portare a conseguenze molto gravi, se non viene trattata. Se i batteri riescono a raggiungere il flusso sanguigno, infatti, l’infezione può espandersi anche ad altri organi. Nei casi più gravi, i soggetti possono sviluppare una patologia chiamata sindrome emolitica-uremica, che li mette a rischio di insufficienza renale, danni al sistema nervoso ed ictus.

Quali esami fare per arrivare a una diagnosi di enterecolite

Diagnosticare l’enterocolite può richiedere l’utilizzo di diversi esami, e il suo trattamento richiede del tempo. Il medico può prescrivere, solitamente:

  • Test per la misurazione dell’emocromo completo nel sangue
  • Esame delle colture cellulari sanguigne
  • Esame di un campione di feci, per rivelare la presenza di infezioni batteriche nei casi di enterocolite pseudomembranosa.

In alcuni casi, può essere opportuno sondare la situazione con esami più approfonditi, come le scansioni CT o la risonanza magnetica, per rilevare lo stato infiammatorio di varie zona dell’intestino o altri segnali della condizione patologica.

Anche gli ultrasuoni possono rivelarsi utili in molti casi; un esame agli ultrasuoni addominale può rivelare al medico se le pareti del colon si siano inspessite o se l’intestino risulti dilatato o colmo di fluido.

Per quanto riguarda la terapia da seguire, è bene sottolineare che ogni tipologia di enterocolite richiede un suo trattamento d’elezione. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che le modalità di cura ottimale possono variare da persona a persona.

In molti casi l’ospedalizzazione è (quasi) d’obbligo, per poter verificare ad intervalli regolari e con esami accurati i progressi nel recupero dall’infiammazione. Il soggetto ospedalizzato può anche ricevere liquidi per via endovenosa nei casi di disidratazione provocata dalla diarrea ricorrente, oppure trasfusioni di sangue o di piastrine.

Nei soggetti affetti da enterocolite ricorrente, il medico può prescrivere un trapianto microbico fecale, nel quale vengono sostituiti i microrganismi intestinali danneggiati, con batteri vivi prelevati da un donatore sano. La cura, generalmente, non contempla l’utilizzo di farmaci anti-diarrea: questi possono addirittura far peggiorare l’infiammazione, alleviando di pochissimo in sintomi.

Raramente possono essere somministrati antibiotici, poiché possono favorire lo stato di infiammazione e portare ad ulteriori complicazioni, specialmente nei casi di enterocolite provocata da una precedente cura con antibiotici.

Alcuni casi di enterocolite grave richiedono l’utilizzo della chirurgia, in particolare per quei soggetti che presentano tessuti ormai molto danneggiati negli strati interni dell’intestino. Solitamente, l’intervento chirurgico rimuove definitivamente le parti infette e danneggiate dagli intestini.

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Simona Soldi | Biologa
Scritto da Simona Soldi | Biologa

Sono laureata in Biotecnologie Farmaceutiche, dopo la laurea mi sono occupata di ricerca in biologia molecolare e genetica presso il Dipartimento di Farmacologia Preclinica e Clinica dell’Università di Firenze e, successivamente, presso il Laboratorio di Genetica del Lievito dell’International Centre For Genetic Engineering and Biotechnology di Trieste, collaborando a progetti di testing di sostanze farmacologicamente attive su modelli di lievito e a progetti di ingegneria genetica.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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