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Sopravvivere alla fine di una relazione

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

fine di una relazione: come superare la fase dell'abbandono

Dr.ssa Daniela Benedetto, specialista in psicologia e psicoterapia. 


Mai sminuire una pena d’amore: soffrire quando il partner decide di porre fine a una relazione non è mai semplice, anzi, alcune volte può essere davvero difficile ritrovare la serenità.

Abbiamo chiesto alla dr.ssa Daniela Benedetto, specialista in psicologia, come vivere questo momento e ritrovare il sorriso.

Come ci si riprende dalla fine di un amore?

È un processo complesso che attraversa le stesse dinamiche del lutto e cioè la separazione dalla persona amata e l’intenso dolore che ne consegue.

La fine di un amore prevede il passaggio da una condizione di una identità di coppia unica, che veniva rafforzata dai rapporti sessuali e dall’unicità provata nel piacere e nella passione, dalla percezione di esclusività, appartenenza l’uno all’altro, a una condizione di perdita di una parte del tutto, facendo i conti con noi stessi, con una identità non più doppia ma individuale.

Abbiamo perso qualcosa che sentivamo ci appartenesse, con la conseguenza di doverci riappropriare di noi stessi, della nostra identità che presumibilmente abbiamo trascurato durante il rapporto di coppia.

È un processo delicato che attraversa varie fasi dalla negazione e incredulità rispetto a una evidenza che sentiamo non reale, impossibile, per passare poi a una fase di rabbia, rancore, quando comprendiamo che la fine del rapporto è reale a una fase successiva in cui cerchiamo di patteggiare con il o la partner, nel tentativo di riparare un qualcosa che individuiamo come possibile causa della rottura.

Ben presto, però, a fronte dell’ulteriore riconoscimento della realtà, quest’ultima fase sarà sostituita da un sentimento di ‘resa’ e siamo costretti a incontrare i nostri sentimenti di perdita e di vuoto, accettando una realtà irreversibile.

Questa fase è un momento di contatto profondo che scende nella più intima interiorità e ci permette, attraverso l’accettazione di ciò che emerge, di far nascere, di ritrovare il seme, il sé che ripara il dolore. Incontriamo uno stato particolare di estraneità legato al contatto con il nostro sé, nuovo, sconosciuto, che ci rigenera.

È un processo che necessita di un tempo, perché ogni sua fase è legata alla successiva e la ripresa avviene solo dopo aver elaborato ciascuna di esse. Solo passando attraverso la sofferenza avremo l’opportunità di entrare in contatto con noi stessi e far emergere o riemerge ciò che abbiamo trascurato, nascosto o ignorato o anche mai incontrato.

Che fare per dimenticare la persona amata?

Imparare a stare con quello che c’è.
Accettare che ciò che non è parte di noi non può essere controllato né può essere dato per scontato.
Riconoscere l’altro come altro da noi e, come tale, essere consapevoli che è soggetto alla legge dell’imprevedibilità.
Rafforzare la consapevolezza del nostro sé e riconoscere tutto il resto come parte fluttuante, spesso sconosciuta e incomprensibile che non va, come parte del resto, a intaccare la nostra identità, la nostra persona, la nostra qualità della vita, la nostra essenza.

Se lavoriamo su questi aspetti, assumiamo uno stato individuale libero da condizionamenti di controllo (liberi dall’idea o meglio dalla illusione di poter controllare l’altro come parte di noi) con un notevole risparmio di energie a favore di un riconoscimento di aspetti individuali e di risorse personali, che spesso rimangono a noi sconosciute.

La fine di un rapporto diventa pertanto l’occasione per incontrare la nostra essenza, e da questa far nascere nuove opportunità e un nuovo giardino da coltivare.

La coltivazione del tempo presente attraverso la valorizzazione del nostro sé impoverisce il passato, disilludendoci rispetto a eventuali immagini improbabili di un futuro con la persona che abbiamo un tempo amato.

Come darsi una chance di innamorarsi di qualcuno di nuovo?

Innamorarsi di nuovo diventa naturale se abbiamo avuto pazienza e fiducia nel superare la separazione in tutte le sue tappe.

La soluzione del chiodo scaccia chiodo non funziona, perché utilizzata rapidamente nell’attesa magica di dimenticare ed evitare il dolore dell’abbandono.

Tutto ciò non farebbe altro che rinforzare la sensazione di vuoto e di mancanza rispetto a una evidenza che non potrà essere comunque così piacevole e appagante come la storia che abbiamo appena concluso.

Dare un tempo al processo di elaborazione dell’abbandono ci permette di osservare quanto una identità unica di coppia rischi di farci perdere di vista la nostra identità personale e di conseguenza, nel tempo, ritrovarci impoveriti e incapaci di saper leggere e coltivare il nostro sé.

Innamorarsi di nuovo senza correre il rischio di ‘svuotarci’ e/o di illuderci vuol dire soprattutto essere pronti ad amare e cioè a donare e non tanto a ricevere, essere aperti ad accogliere, ad apprezzare o invece a lasciare andare ciò che non ci stimola senza pretese e condizioni. Tutto ciò è possibile solo se il rapporto con il nostro sé è saldo e, quindi, non abbiamo bisogno di dipendere dall’altro per sentirci al sicuro.

Questi i presupposti per innamorarsi e soprattutto per costruire una relazione senza pretese ma libera di ‘respirare’ e di arricchirsi di nuove sensazioni, immagini, progetti ed emozioni.

Consapevoli del nostro sé potremmo ora guidare l’altro/a verso sentieri e confini che rispettino il nostro sentire.
Scopriremo nel tempo, dopo aver elaborato la separazione, che le successive occasioni di conoscenza partiranno da nuove radici individuali.

I successivi innamoramenti saranno più stabili, più maturi, perché avranno origine da una consapevolezza individuale più netta.

Darsi la chance di innamorarsi di nuovo vuol dire potersi aprire verso altri sentieri, senza remore, senza timori, senza attese, senza richieste. Ascoltare quello che c’è e sentirsi a proprio agio nell’accogliere ciò che sentiamo in armonia con il nostro sé o invece nel lasciare andare ciò che non trova gioia e armonia.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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