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Inquinamento e Coronavirus: un legame tutt'altro che trascurabile

Prof. Alessandro Miani

Ultimo aggiornamento – 22 Aprile, 2020

Coronavirus e inquinamento

Intervista al prof. Alessandro Miani, Presidente della  Società Italiana di Medicina Ambientale  (SIMA) e Professore Aggregato di Prevenzione Ambientale al Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano. 


La scienza parla chiaro: l’inquinamento non è mai da sottovalutare, quando si parla di ambiente e, quindi, di salute. Esiste, infatti, una importante letteratura scientifica a supporto della tesi che le infezioni virali tendono ad avere una incidenza più grave laddove sono maggiori le concentrazioni di particolato atmosferico.

Il particolato atmosferico funziona, infatti, da mezzo di trasporto – detto carrier – per molti contaminanti, inclusi i temuti virus che si “attaccano” alle particelle atmosferiche, per ore, giorni, diffondendosi anche a lunghe distanze. 

Per saperne di più e capire quali sono i rischi, le precauzioni e le migliori abitudini da seguire nell’ottica della prevenzione dei contagi del nuovo Coronavirus, abbiamo rivolto alcune domande al prof. Alessandro Miani, Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale.

In che modo l'inquinamento può facilitare la diffusione dei virus nell'ambiente, valutando lo storico dei dati e degli studi? 

È già stato dimostrato scientificamente che alcuni virus, come ad esempio l’ebola piuttosto che il morbillo, ancora l’aviaria ma anche i virus influenzali, si riescono a legare al particolato atmosferico in certe condizioni di temperatura e umidità e, ovviamente, di densità di particolato stesso. 

I virus, in questo modo, trovano una sorta di “substrato” per restare in vita da alcune ore ad alcuni giorni, per essere così trasportati da questa sorta di carrier. 

Quali sono le condizioni climatiche più favorevoli alla diffusione dei virus? 

Parliamo di   climi caratterizzati da temperature più basse e i tassi di umidità più alti. 

In particolare, il nuovo Coronavirus si è diffuso maggiormente nelle regioni del Nord anche a causa del numero di inquinanti nell'aria?

Questo tema è stato sollevato, pubblicando un  Position Paper  assieme alle Università di Bari e di Bologna lo scorso marzo, evidenziando così una sorta di corrispondenza tra inquinamento e Coronavirus. In che modo? Mettendo a confronto i dati delle centraline ARPA italiane nel mese di febbraio e dopo 14 giorni, tempo di incubazione del  Covid19 , i dati dei contagiati ufficiali riportati sul sito nazionale della Protezione Civile.

Abbiamo visto come in quelle province dove si erano sforati abbondantemente i livelli massimi consentiti giorno di PM10 c’erano state delle corrispondenti curve di accelerazione dell’infezione. 

Questa è una ipotesi che nel frattempo ambiamo indagato e di cui siamo vicini alla pubblicazione del lavoro. 

Oltre a questo, dove c’è aria inquinata, le popolazioni esposte a inquinanti sono più fragili e spesso colpite già da patologie che interessano sistema respiratorio e apparato cardio-circolatorio. C’è poi da dire che le regioni del Nord, in particolare la Lombardia, hanno una popolazione di ultra 80enni che è la più elevata d’Italia. 

Le polveri più fini, con ciò che trasportano, poi, sono in grado di passare la barriera ematica, entrare nel circolo e raggiungere i nostri organi. L’Italia - in Europa - è il paese con il maggior numero di morti prematuri all’anno per inquinamento atmosferico

L’ultimo rapporto del 2019 dell’Agenzia Europea per l’Ambiente ci dice che nel nostro Paese abbiamo 76 mila decessi all’anno prematuri; la distribuzione dell'inquinamento atmosferico in Italia é ben visibile dai satelliti. In Pianura Padana, per altro, la conformazione geografica e orografica tende a rendere stagnante l'aria ed è tale da far sì che anche adesso, in un momento di lockdown, alcuni inquinanti persistano e, anzi, nel caso del PM10 e del PM2.5 ci sono delle giornate in cui i livelli sono più alti del consentito. 

Questo perché il traffico veicolare incide solo per il 22% del particolato emesso in atmosfera, mentre percentuali maggiori di emissione vengono dai riscaldamenti e dagli allevamenti intensivi. A seguire industrie e attività agricole. 

In futuro, a cosa dobbiamo prestare maggiormente attenzione?

Il lockdown sta incidendo positivamente per grandi parti d’Italia, ma è importante ripartire. Che si riesca ad avere il vaccino o una immunoprofilassi con anticorpi monoclonali o terapie mirate in grado di curare l'infezione sin dai suoi primi sintomi, evitando a tutti il calvario della terapia intensiva e di morte prematura, qualunque sia il futuro innanzi a noi, in attesa che qualcosa di risolutivo arrivi, bisogna tenere valide tutte le regole del distanziamento sociale, dell'uso di mascherina e guanti, delle norme di igiene personale e ambientale.

Noi ipotizziamo che il metro di distanza minima di sicurezza, in certe condizioni, potrebbe non essere sufficiente.

L’utilizzo di una mascherina di buona qualità è sempre molto consigliata per la sua funzione di filtro, consentendoci di mantenere un distanziamento di sicurezza che potrebbe essere di circa due metri – si parla di un metro e ottanta, permettendoci una riapertura graduale in maggior sicurezza.

Per quanto riguarda il mondo sanitario, in primis medici, odontoiatri e farmacisti, che sono tra le categorie oggi più esposte, oltre alle protezioni personali, consigliamo di installare negli studi e negozi un sistema di purificazione dell’aria certificato per abbattere anche virus e batteri. 

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Prof. Alessandro Miani
Scritto da Prof. Alessandro Miani

Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) e Professore Aggregato di Prevenzione Ambientale al Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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