L’intelligenza artificiale generativa è ormai parte della nostra quotidianità: scrive email, ci aiuta a lavorare, semplifica ricerche complesse e ci offre risposte immediate. È un aiuto enorme, ma come ogni scorciatoia cognitiva, ha un prezzo.
Le prime ricerche suggeriscono infatti che l’uso massiccio dell’AI non stia semplicemente “rilassando” il nostro cervello, ma potrebbe proprio modificarne il modo di funzionare.
Dal pensiero autonomo al “cognitive offloading”: quando il cervello smette di allenarsi
Il cervello non è un muscolo, ma si comporta come se lo fosse: più lo mettiamo alla prova, più si rafforza; meno lo usiamo, più rischia di perdere efficienza.
Con l’AI entra in gioco un fenomeno sempre più studiato: il cognitive offloading, cioè la tendenza a delegare alla tecnologia processi mentali che prima svolgevamo da soli.
Non è pigrizia, ma una risposta naturale a strumenti estremamente comodi, soprattutto in vite sempre più frenetiche. Più però lasciamo che l’AI faccia il lavoro al posto nostro, più rischiamo di:
- ridurre l’allenamento del pensiero critico;
- indebolire la capacità di memorizzare e collegare informazioni;
- diminuire la neuroplasticità, cioè la capacità del cervello di creare nuove connessioni.
L’AI, saltando passaggi cognitivi fondamentali, può quindi interferire proprio con quelle abilità che rendono il nostro pensiero ricco, autonomo e creativo.
Cosa dicono gli studi finora disponibili
Negli ultimi anni vari gruppi di ricerca hanno iniziato a indagare questi effetti. Le evidenze non sono definitive, ma i risultati preliminari sono sorprendenti. La ricerca è infatti ancora agli inizi, ma i dati che abbiamo cominciano a delineare un quadro chiaro: l’uso dell’AI può trasformare il nostro modo di pensare, e non sempre in meglio.
Un primo studio condotto nel Regno Unito su 600 persone mostra che chi utilizza frequentemente strumenti di intelligenza artificiale tende a sostituire, anziché integrare, le proprie abilità cognitive. Il risultato è una riduzione misurabile delle capacità di pensiero critico.
Anche uno studio realizzato da Microsoft e Carnegie Mellon conferma la tendenza. L’AI aumenta la produttività, sì, ma può indebolire il processo decisionale se le sue risposte vengono accettate senza verifica. Meno controlliamo, meno esercitiamo il pensiero critico.
Infine, un’indagine di KPMG e dell’Università di Melbourne condotta nel mondo del lavoro rivela che oltre la metà dei partecipanti ha commesso errori per un uso superficiale dell’AI. Non è un dato clinico, ma evidenzia una crescente dipendenza da strumenti percepiti come infallibili, ai quali il nostro cervello tende ad affidarsi con troppa fiducia.
Perché l’AI è così convincente (anche quando sbaglia)
La chiave è una combinazione di bias cognitivi che l’AI attiva in modo naturale:
- truth bias: tendiamo a credere vero ciò che leggiamo;
- illusory truth effect: più spesso incontriamo un’informazione, più ci sembra corretta;
- confirmation bias: cerchiamo conferme alle nostre idee;
- bias di autorità: se una fonte “suona” competente, la riteniamo affidabile.
L’AI, con il suo linguaggio autorevole e strutturato, stimola tutti questi meccanismi contemporaneamente, e il risultato è che ci fidiamo anche quando dovremmo essere più critici.
Il pensiero critico non serve solo a prendere decisioni migliori. È il fondamento di:
- una cittadinanza informata;
- una democrazia sana;
- la capacità di innovare;
- la creatività;
- il problem-solving complesso;
- la riduzione dei pregiudizi.
Indebolire queste competenze significa indebolire la struttura stessa della società.
Per questo l’impatto dell’AI sulla cognizione non è un dettaglio tecnico, ma una sfida culturale.
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L’AI fa male? No. Ma usarla senza pensare sì.
L’AI non è un nemico da combattere, è uno strumento potente, utile, e spesso liberatorio.
Il rischio nasce quando deleghiamo completamente a essa il nostro processo mentale.
Per usarla bene basta:
- verificare le informazioni;
- usarla per approfondire e non per sostituire lo studio;
- mantenere allenate le capacità di analisi e problem-solving;
- alternare AI e pensiero autonomo.
In breve: l’AI può essere un ottimo copilota, ma non dovrebbe mai diventare il pilota.
Fonti
- Societies - AI Tools in Society: Impacts on Cognitive Offloading and the Future of Critical Thinking
- Microsoft and Carnegie Mellon - The Impact of Generative AI on Critical Thinking: Self-Reported Reductions in Cognitive Effort and Confidence Effects From a Survey of Knowledge Workers
- KPMG and Melbourne University - Trust, attitudes and use of artificial intelligence: A global study 2025