Il massaggio decontratturante è una tipologia di trattamento che prevede una manualità ben precisa, abbinata a una conoscenza dell’anatomia molto approfondita.
Prima di addentrarci sulle manovre da eseguire e sul perché vengono eseguite, è bene aprire una parentesi necessaria a chiarire il perché e il quando viene fatto il suddetto massaggio. Il perché è presto detto, come dice la parola “decontratturante”, dobbiamo pensare che come primo obiettivo ha quello di andare a eliminare, o quantomeno ridurre, le contratture, responsabili di quei fastidiosi dolori e indurimenti tissutali, che possiamo avere in svariate zone del nostro corpo.
Il quando, invece, ci porta a un ulteriore approfondimento relativo alle due tipologie di contratture a cui andiamo incontro, rispettivamente acute e/o croniche; partendo dalle prime, le possiamo identificare come dei piccoli spasmi muscolari che il nostro organismo mette in atto per “difendersi” da un momento che lui ritiene lesivo, mi spiego meglio: è un dolore acuto, con insorgenza improvvisa, spesso invalidante e altrettanto molto spesso privo di un evento traumatico all’origine (esempio classico e che tutti conosciamo, il “torcicollo” mattutino). In queste condizioni, tendenzialmente, questo dolore ci limita nei movimenti anche più elementari, come potrebbe essere girare la testa da una parte, e ha un’evoluzione caratterizzata da una durata di 3/7 giorni all’interno dei quali la sintomatologia va via via diminuendo, fino anche a scomparire del tutto.
Le seconde, o meglio quelle croniche, differiscono dalla prima tipologia per vari motivi, primo fra tutti il dolore che in questo caso specifico lo si riscontra con una presenza costante di fondo di un “fastidio” non bene identificato, difficilmente arriva al punto di essere invalidante, non presenta un’insorgenza improvvisa e, spesso e volentieri, il paziente non si ricorda il momento in cui ha iniziato a sentirne la presenza, momento che in alcuni casi può andare indietro nel tempo addirittura di anni; caratteristica che accomuna le contratture croniche è la rigidità che il paziente avverte nella zona interessata, una sensazione che si può definire “sentirsi come legati”.
Questa breve ma doverosa premessa ci serve per comprendere innanzitutto cosa ci troveremo sotto le mani e come può rispondere una struttura organizzata secondo queste due modalità, in base a ciò come dovremo comportarci per effettuare le giuste manovre con la corretta cadenza, intensità, profondità e, non ultimo, direzione di esse.
Come eseguire un massaggio decontratturante?
Il nostro massaggio decontratturante inizierà da un’attenta valutazione della zona interessata e, in sequenza, andremo ad analizzare:
- presenza o meno di dolore nei vari punti e se ci possono essere connessioni fra di essi;
- contro lateralità della sintomatologia;
- presenza di nevi in rilievo;
- uniformità nella distribuzione dei peli;
- atteggiamenti e/o vizi posturali che possano incidere sulla contrattura in esame;
- il trofismo e il tono muscolare, tenendo presente che in questi due parametri ci saranno delle concause che avranno influito e che influiranno sul paziente e sul nostro massaggio, come ad esempio il tipo di lavoro che si svolge con annesse posture mantenute a lungo nel tempo;
- se viene praticata attività sportiva e se sì che tipologia, infortuni recenti e meno recenti, ecc ecc…
A questo punto, posso iniziare a prendere contatto con la zona da massaggiare e la prima tecnica che andrò a eseguire sarà uno sfioramento a livello superficiale, tecnica utile per svariati motivi, tra i quali: presa di contatto tra le mani dell’operatore e la superficie cutanea del paziente, distribuzione dell’unguento su tutta la superficie interessata dal massaggio, in modo da limitare al minimo le interruzioni nel contatto, offrire la possibilità al paziente di adattarsi alla mano dell’operatore e di rilassarsi per evitare contrazioni riflesse di difesa.
Questa manualità la eseguiremo con tutta la superficie palmare delle mani e delle dita, con dei movimenti continui e leggeri in una sola direzione, alternando le nostre mani e iniziando a variare la velocità, in modo tale da provocare una leggera vasodilatazione nella zona.
Successivamente, passeremo a un’altra tipologia di sfioramento, questa volta più in profondità, esercitando una pressione maggiore per consentire alla manipolazione di arrivare alle aderenze che si sono formate fra i tessuti, una delle cause principali per cui facciamo questa tipologia di massaggio; nello sfioramento profondo la nostra velocità di esecuzione sarà più lenta e andremo a seguire il flusso venoso e linfatico, quindi tecnicamente utilizzeremo una direzione centripeta (verso il cuore).
Particolarità di questa manovra è che la eseguiremo utilizzando anche altre parti della nostra mano, come ad esempio le nocche o i pugni, perché cosi facendo avremo la possibilità di andare in profondità e incrementare la vasodilatazione che, unita alla direzione della tecnica, favorirà il deflusso dei liquidi stagnanti formatisi fra i tessuti.
Ora si passa alle due tecniche che la fanno un po’ da padrone in questo massaggio, rispettivamente la frizione e l’impastamento.
Iniziando dalla frizione, dobbiamo subito precisare che la si può effettuare in tante varianti, come ad esempio con la mano a taglio, con i pollici, con le nocche, con gli avambracci; per quello che è la mia esperienza, consiglio di utilizzare due tipologie di frizionamento, con i pollici e con la mano a taglio. Queste varianti non le andremo a scegliere, ma le effettueremo entrambe in successione, in quanto presentano finalità differenti; inizieremo da quella con la mano a taglio che la eseguiremo trasversalmente alla direzione delle fibre per andare a “rompere” in maniera importante tutte le aderenze profonde, con un effetto dilatativo sulle fibre stesse, e passeremo subito dopo a quella con i o il pollice nella direzione delle fibre stesse per andare a provocare un effetto distensivo di qualità sul muscolo stesso. Idealmente, possiamo pensare che al muscolo con queste due tecniche prima lo “allarghiamo” e poi lo “allunghiamo”, in modo tale da trarne il massimo risultato come mobilità.
Superata con successo la fase più dura per le fibre muscolari, si passa all’impastamento; obiettivo di questa manovra è di andare a veicolare verso il flusso venoso e linfatico tutti i cataboliti che il nostro organismo ha immagazzinato nelle contratture e che poco prima siamo andati ad “aprirgli la porta”. In questa tecnica, le nostre mani effettuano un movimento ritmico alternato di pressione/pinzamento/trazione e rilasciamento dei tessuti, formando una vera e propria plica cutanea; la direzione che terremo sarà verso le zone di scarico, zone del nostro corpo in cui troviamo dei raggruppamenti di linfonodi, come ad esempio il cavo ascellare o il cavo popliteo.
Frizione e impastamento sono due tecniche che dicono molto su quello che sarà il nostro massaggio decontratturante e non a caso consiglio di ripeterle in sequenza, ancora una volta in modo tale da rilasciare in maniera adeguata più aderenze possibili.
Terminata la parte tecnica, il cuore del nostro massaggio, andremo a concludere il lavoro con un successivo sfioramento superficiale, utile a rilassare il paziente dopo una serie di manualità profonde e incisive, manovra che rappresenta il termine del nostro massaggio.
Articolo del Dott. Alberto Navone, Specialista in Massofisioterapia ed Osteopatia.
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