VITA IN INDIA – Acqua Problem

Dr.ssa Elisabetta Ciccolella Farmacista
Redatto scientificamente da Dr.ssa Elisabetta Ciccolella, Farmacista |
A cura di Maria Brigida Deleonardis

Data articolo – 14 Luglio, 2010

Indice del contenuto

 

In India, dove oltre 170 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile, non esiste l’acqua che noi occidentali definiamo “corrente” (acquedotto, rete idrica, tubi, rubinetto). Anche nelle città, come Bombay o Delhi, l’acqua che scorre dai rubinetti proviene infatti da megacisterne posizionate sotto ad ogni palazzo rimpinguate giornalmente da tir (i famosi Water Truck) che viaggiano in continuazione dai pozzi di raccolta situati fuori dalle metropoli al centro delle città e viceversa. Ovviamente l’acqua suddetta non si può bere e nemmeno usare per lavarsi i denti o prepararsi il thè, ma per lavarsi, ovviamente, (pensavo di) si. E invece no.

Premesso che vivo in un quartiere “ricco” di Bombay, Bandra West, la Hollywood indiana (detta Bhollywood, appunto) e non in uno slum, e che il mio palazzo è nuovo di zecca, dopo diversi eritemi cutanei e un paio di congiuntiviti paurose ho fatto una serie di indagini accurate, andando in giro con guanti boccette e strumenti per prelevare campioni neanche fossi dei RIS di Parma, ed ho scoperto che:

  • l’acqua delle cisterne viene presa da dei pozzi fuori Bombay (qui non c’è spazio, essendo una città di 15 km x10 km in cui vivono 20 milioni di persone e, di conseguenza, il terreno vale fino a 20 mila euro al metro quadro) che vengono rimpinguati, manco a dirlo, dall’acqua piovana. Sarebbe tutto molto romantico se non fosse che Bombay è una delle città più inquinate al mondo, seconda solo a qualche megametropoli cinese;
  • l’acqua non viene in alcun modo trattata: piove, pozzo, cisterna, tir;
  • i folkloristici Water Truck non vengono mai, mai, non dico disinfettati, ma anche solo puliti all’interno (l’esterno non ne parliamo, vi illuminerò in seguito sulla situazione igienica locale). Alla mia domanda specifica fatta al responsabile della manutenzione di ‘sti camion ho ricevuto come risposta un “badisswataaaa, aredycliii” (“ma è acqua, è già pulita”);
  • state attenti, questo è il masterpiece: le megacisterne posizionate sotto ogni palazzo – che in realtà non sono megacisterne ma fosse nelle quali è stata fatta una specie di gettata di cemento per non farci entrare la terra – per evitare che si intasino (e qui, il primo campanello di allarme) vengono pulite ogni sei mesi circa. Grazie al mio traduttore hindi-brokenenglish, signor Suresh l’autista tuttofare, ho scoperto dai pulitori cisterna che ogni volta ci trovano dentro decine di topi. Morti.
  • ho parlato con il direttore di un laboratorio specializzato in analisi chimiche e microbiologiche dell’acqua il quale mi ha confermato che l’acqua di Bombay, oltre che infestata di batteri di vario tipo, è tossica. Ci sono tracce perfino di arsenico. E lo sanno tutti, perfino il governo, che se frega. Ora, i miei eritemi non son gravi, mentre la cosa triste è che gli indiani, specie – ovviamente e come al solito – i poverissimi (il 75% della popolazione locale che vive con meno di 5000 rupie al mese a famiglia, più o meno 80 euro), quest’acqua la bevono.
    E la dissenteria, causata dai batteri presenti nell’acqua e quindi anche nel cibo, è la prima causa di morte tra i bambini (ogni 1000 bambini, 87 muoiono a causa dissenteria batterica). Anche quando sono in Italia, ora, chiudo il rubinetto mentre mi lavo i denti e la doccia mentre mi insapono.

Ultimo aggiornamento – 05 Marzo, 2019

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