La Decision fatigue rappresenta un fenomeno psicologico in cui la qualità delle decisioni deteriora progressivamente a causa del sovraccarico cognitivo.
Per comprendere meglio i meccanismi alla base di questo processo, i suoi indicatori nella quotidianità e le strategie di intervento basate sull’evidenza scientifica, abbiamo intervistato il Dr. Galia, psicologo esperto in disturbi d’ansia, insicurezza, bassa autostima e supporto nei periodi di transizione o di fronte a scelte di vita complesse.
Cos’è esattamente la Decision fatigue e quali sono i segnali per riconoscerla nella vita quotidiana?
Col termine Decision fatigue si descrive il deterioramento della qualità delle decisioni prese a seguito di una prolungata sessione di decision-making.
Possiamo immaginarlo come un muscolo che si stanca, o come un esaurimento temporaneo delle risorse cognitive utilizzate per prendere decisioni.
Tra i principali segnali di decision fatigue:
- procrastinazione o evitamento decisionale: rimandare o evitare del tutto di prendere decisioni;
- impulsività nel decision-making: in opposizione all’evitamento, consiste nell’effettuare scelte affrettate, prive di un’adeguata riflessione;
- eccessivo ricorso alla semplificazione: ad esempio, ricorrere a scorciatoie mentali facilitanti;
- passività: consiste nella delega o nell’accettazione incondizionata di decisioni effettuate da altri;
- irrequietezza o irritabilità dinanzi alla necessità di effettuare nuove scelte.
Perché il nostro cervello si affatica quando deve prendere troppe decisioni, anche se apparentemente semplici?
La ragione risiede nella natura stessa del processo cognitivo decisionale, che richiede un dispendio di energia mentale sotto forma di glucosio e ossigeno: si tratta di risorse limitate per il nostro cervello.
Persino le neuroscienze hanno dimostrato come la corteccia prefrontale, responsabile del ragionamento complesso e dell’autocontrollo, sia particolarmente vulnerabile all’affaticamento: studi di neuroimaging mostrano una diminuzione dell’attività in quest’area dopo periodi prolungati di decision-making.
Per ogni decisione, infatti, dobbiamo:
- raccogliere informazioni rilevanti su ciascuna opzione;
- valutare le diverse opzioni per prevedere possibili risultati;
- metterle a confronto per soppesare pro e contro;
- giungere a una conclusione e implementarla.
Tale processo avviene anche per decisioni apparentemente banali: persino scegliere cosa mangiare a colazione implica la valutazione di decine di fattori come gusto, valori nutrizionali, tempo di preparazione, senso di sazietà e via dicendo.
Ci sono momenti della giornata in cui siamo più vulnerabili alla decision fatigue? Come possiamo organizzarci di conseguenza?
Molte persone si accorgono di fare scelte alimentari peggiori a fine giornata; altre si ritrovano ad acquistare impulsivamente prodotti non necessari al termine di una lunga sessione di shopping: si tratta di esempi quotidiani di Decision fatigue.
La nostra capacità decisionale sembrerebbe performare al meglio nelle prime ore della giornata, quando la corteccia prefrontale non ha ancora subìto un utilizzo prolungato.
Anche il momento dopo i pasti sembrerebbe essere sfavorevole : nonostante l’aumento dei tassi di glucosio, il rilascio post-prandiale di insulina può causare fluttuazioni nei livelli di zucchero nel sangue, influenzando negativamente le funzioni cognitive in generali per circa un’ora.
Potrebbe interessarti anche:
- Ascoltare musica stimola il sistema oppioide: lo studio
- Il decluttering emotivo, quando trattenere fa male: imparare a lasciare andare per ritrovare sé stessi
- Tensione e ansia da prestazione: come combattere la cultura della performance
Per ovviare a tali difficoltà, si potrebbe implementare un piano che richieda di:
- concentrare le decisioni al mattino, quando ancora non è in atto un sovraccarico cognitivo;
- evitare i picchi glicemici durante i pasti, favorendo il consumo di carboidrati a basso indice glicemico;
- pianificare le attività con un intenso carico decisionale ad almeno un’ora di distanza dai pasti più abbondanti.
Quali tecniche o strategie psicologiche possiamo usare per ridurre il carico decisionale?
Esistono diverse strategie per mitigare la decision fatigue:
- un buon metodo per prevenire scelte frettolose è quello suggerito da Gary Klein, che raccomanda la tecnica del “pre-mortem”: “Immaginate che la vostra decisione porti a delle conseguenze negative, e cercate di spiegarne il perché”;
- semplificazione e automazione: creare sistemi che eliminino le decisioni più semplici può liberare risorse cognitive. Ad esempio è possibile disporre preventivamente gli outfit lavorativi settimanali, oppure fare meal prepping se nei giorni lavorativi si ha poco tempo;
- ridurre il più possibile il carico decisionale intensivo, ad esempio pianificando pause tra blocchi decisionali o utilizzando una delega consapevole (contrariamente alla delega eccessiva, la quale, come segnalato precedentemente, rappresenta un sintomo di decision-fatigue);
- sincronizzare la sessione di decision-making con il proprio cronotipo individuale: alcuni individui sono più prestanti durante il giorno, altri nelle ore notturne;
- acquisire consapevolezza sul fenomeno della decision fatigue imparando a coglierne le manifestazioni precoci.
Come distinguere tra una scelta “di pancia” dovuta alla stanchezza mentale e una decisione realmente intuitiva?
Si tratta di una distinzione cruciale ma sottile: in generale, l’intuizione esperta si basa su pattern riconosciuti inconsciamente grazie all’esperienza maturata, mentre le decisioni superficiali dovute alla stanchezza rappresentano semplici scorciatoie.
Tra i modi per distinguerle:
- le decisioni intuitive esperte sono generalmente accompagnate da un senso di chiarezza e certezza, non da urgenza o frustrazione;
- l’intuizione funziona meglio nei domini in cui si è acquisita un’expertise. Al contrario, decisioni dovute alla stanchezza possono riguardare ambiti nei quali si possiede una competenza inferiore;
- le decisioni da fatigue tendono a seguire l’opzione più semplice o di immediata realizzazione;
- le intuizioni reali resistono alla riflessione successiva, mentre le altre possono generare rimpianti.
In che modo la consapevolezza e la gestione dello stress possono aiutarci a prendere decisioni migliori?
Lo stress, anche quello cronico, rappresenta un potente amplificatore della Decision fatigue. Alcune ricerche hanno dimostrato come il cortisolo , l’ormone dello stress, possa compromettere le funzioni della corteccia prefrontale, area fortemente coinvolta nel decision-making.
In condizioni di stress elevato, il cervello passa automaticamente da modalità riflessive a modalità più reattive, privilegiando decisioni rapide ma superficiali.
Pratiche di consapevolezza quali la psicoeducazione, la meditazione e la mindfulness, così come l’adattamento dello stile di vita, posso aiutarci a ridurre lo stress e a preservare risorse cognitive da impiegare nelle decisioni. La meditazione, in particolare, consente di accrescere la densità dendritica nelle già citate aree prefrontali.
Tra gli interventi sullo stile di vita:
- la cura della qualità del sonno;
- periodi di disconnessione digitale finalizzati a ridurre il sovraccarico informativo;
- esercizio fisico, in grado ridurre i livelli di cortisolo e migliorare il flusso ematico cerebrale.